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Château Simone, grande Provenza
Nella regione più amata dagli anglosassoni e da chiunque metta al primo posto la qualità della vita, non sono poche le perle enologiche. L’esclusiva tripla verticale di uno dei suoi miti più indiscussi.
Pubblicato il 25/10/2016
Siamo proprio sicuri che il futuro del vino europeo stia sempre più al Nord? È solo una questione di pura latitudine la battaglia per la conservazione dell’eleganza e della longevità, contro il riscaldamento globale? Evidentemente no, se gli esempi di vini splendidi, di classe, in grado di evolvere lentissimamente, eppur provenienti da enclave geograficamente meridionali, sembrano quasi moltiplicarsi, tanto da noi quanto presso i cugini francesi. Anzi, sembra proprio che la ricetta magica del futuro possa essere racchiusa proprio nel giusto mix tra eleganza e mediterraneità. Come tesori ormai sempre meno nascosti, di casa lungo tutta la costa del Sud della Francia, non fanno che testimoniare, bevuta dopo bevuta. Château Simone, pochi chilometri in linea d’aria da Marsiglia, conferma ed enfatizza appieno tutto questo, regalando un livello qualitativo impressionante tanto nel bianco, quanto nel rosso, quanto, ovviamente, nel raro e celebre rosato.
 
FotografiaL’arcobaleno a tre colori
Il rosato, infatti, anche se prodotto in poche unità, attorno al dieci per cento delle centoventimila bottiglie totali annue, è quasi unanimemente considerato uno dei più grandi rosati fermi al mondo, per non pochi addirittura il migliore in assoluto. All’interno della gamma è primus inter pares, ma il confronto con il resto della regione, che rappresenta una quota diametralmente opposta di nove decimi del totale provenzale, lo fa divenire una delle bottiglie più amate e ricercate del Sud della Francia. Con il bianco ed il rosso, formano un trio quasi impossibile da ritrovare in altre realtà, dove magari uno dei colori svetta particolarmente sugli altri e trascina il resto della gamma sotto l’aspetto commerciale o d’immagine. Qui, invece, il livello è sempre altissimo e costante nel tempo, rendendo fattibile e particolarmente significativa addirittura una tripla verticale.
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Il monopole mancato
Château Simone poteva e voleva essere un monopole, come ad esempio Château Grillet nel Rodano settentrionale, ma quando venne presentato il dossier all’INAO (Institut National des Appellations d’Origine) e si discusse della denominazione, nel lontano 1946, i venti politici portarono la decisione lontano dagli interessi e dai diritti della famiglia Rougier. Quest’ultima rappresentava l’unico, vero soggetto operante sul particolarissimo territorio di Meyreuil, pochi chilometri a Sud-Est di Aix-en-Provence, ma la cosa non piaceva, perché rendeva troppo esclusiva una sola realtà, laddove la volontà politica dominante voleva una forte apertura, magari anche solo formale, ad altri operatori del territorio. Così, Albert Rougier nel 1948 fu costretto a rinunciare a chiedere la denominazione come Château Simone. Ed oggi, dei quarantacinque ettari totali della denominazione Palette, come venne poi chiamata dalla frazioncina più vicina, solo la metà è coperta dall’azienda che l’ha fatta nascere e le ha dato l’identità; il resto vede una piccola presenza dei soci di una cantina cooperativa e tre soli altri produttori, che sfruttano la leadership dei Rougier e litigano tra loro per esserne primi scudieri. Resta, comunque, il primato morale totale di Château Simone, tanto che in qualunque istante la denominazione potrebbe essere abbandonata senza subirne alcun danno. Ma non è certo questa l’intenzione della famiglia, sempre corretta, fedele e a difesa di un nome, che pur mai è stato veramente accettato fino in fondo. In etichetta, poi, sul collarino che riporta l’annata, vi è anche la menzione Grand Cru de Provence, derivante da un’antica classificazione ufficiale del 1936, che inseriva la proprietà tra le migliori della regione; poi questa classificazione è stata rivista nel 1955 e, stante l’avvenuta nascita dell’AOC autonoma Palette, non ha più compreso Château Simone, non precludendogli però la possibilità di riportare la menzione storica
 
Sette generazioni
Sette generazioni
Storia comune a mille altre realtà francesi, Château Simone vede affondare le proprie radici nel XVII secolo, ad opera dei monaci dei Grands Carmes d’Aix, che scavarono per primi la cantina nella roccia e piantarono con sistematicità le prime vigne. Dopo la rivoluzione e la secolarizzazione, la proprietà giunse con vari passaggi intermedi ai Rougier, attraverso la Demoiselle de Simon, “La Simone”, come era chiamata dei contadini dell’epoca.
Ed ora siamo a quasi due secoli ininterrotti di gestione diretta della famiglia, attraverso sette generazioni e l’ottava in arrivo. Dopo la grande opera di Albert, iniziata negli ultimi anni dell’ottocento, morto centenario, cui si deve l’impostazione moderna ed ancora in essere di vigna e cantina, dal 1976 l’impresa è molto ben continuata da suo figlio René. Oggi, questo patriarca ultraottuagenario di carisma, umanità e rara competenza continua ad essere una guida per il figlio cinquantenne Jean-François, che lo ha affiancato dal 1983 e che oggi ha le piene redini del domaine. Tutte le volte che si visita l’azienda resta la stessa, strana sensazione, data da un mix di blasone, forza, sicurezza, come presso i più importanti indirizzi del vino d’oltralpe, ma al tempo stesso anche di semplicità, di piccoli tratti di insicurezza, dell’impegno quotidiano di chi non si sente mai tranquillo e lotta e lavora tutti i giorni come se stesse ancora agli inizi.
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L’isola felice
Château Simone è una realtà totalmente isolata dal resto del mondo. Si trova all’interno di un’enorme macchia di bosco, con tutti i suoi ventitré ettari senza alcun contatto con altre vigne, immersi in un’enclave che fa mondo a sé. Al centro di tutto, un’immensa villa padronale, un vero e proprio castello settecentesco, con scaloni che digradano verso fontane e, tutt’attorno, le vigne. Un’atmosfera che sembra ricordare più quella del corso centrale della Loira che la Provenza, se non fosse per il bosco che incombe e per quella strana rarefazione dell’aria, quella strana atmosfera, che invece racconta dello stridente ed affascinante contrasto tra anima mediterranea ed ambiente freddo, e che rappresenta il patrimonio genetico unico di Simone. L’esposizione, infatti, come ripetuto ossessivamente quasi in ogni frase, è pienamente a Nord, con la foresta che protegge dai forti venti da Sud e da Est, che spesso spazzano violentemente la zona. I suoli sono calcarei, con tracce di argilla, ma ricoperti da pietre e fossili di ogni tipo e dimensione, regalando un’impressionante longevità ai suoi ceppi, i più vecchi dei quali superano abbondantemente il secolo di vita e risalgono ai reimpianti post-fillosserici di fine ottocento, visto che l’atroce afide da queste parti ha iniziato a svilupparsi già attorno al 1870. La biodiversità è garantita, i patogeni endemici sono tenuti lontano e l’approccio agronomico è quanto di più vicino alla piena naturalità possa esserci, nonostante il rifiuto da parte dei Rougier di qualsiasi forma di certificazione ufficiale.
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Gli infiniti vitigni
La diversità si ritrova anche e soprattutto nei vitigni, che rispecchiano la più piena ed antica tradizione provenzale e dell’intero Mediterraneo a mescolare quante più varietà fosse possibile fare. A bacca rossa tende a prevalere la Grenache, seguita da Mourvèdre e Cinsault, ma sono presenti almeno un’altra dozzina di varietà, come Syrah, Monosquin, Castet, Carignan, Cabernet-Sauvignon o Muscat Noir. A bacca bianca è nettamente la Clairette a prevalere, ma dà il suo importante contributo anche la Grenache bianca, oltre a Bourboulenc, Ugni Blanc e Muscat Blanc, quest’ultimo da molti considerato uno dei componenti decisivi della ricetta di casa. La Clairette, che rappresenta quasi i quattro quinti degli otto ettari complessivi a bianco, è un vitigno molto delicato e tendenzialmente poco adatto a lunghi invecchiamenti, con tendenza spiccata alla maderizzazione. Eppure, per un insieme di motivi, come la probabile unicità del sito e l’elevatissima presenza di calcare, a Château Simone sembra avere una personalità senza paragoni. Tutte le piante hanno portinnesto ed i più recenti, essendo praticamente impossibile avere memoria storica dei più antichi, sono soprattutto dei 41B, particolarmente resistenti all’elevata presenza di calcare attivo. Gli impianti sono tutti impostati secondo tradizione, con il classico alberello, il gobelet, in cui vengono lasciate solo due gemme attive per ogni ramificazione, raggiungendo così delle rese massime molto contenute, mai superiori ai 45 ettolitri per ettaro. Una passeggiata in vigna evidenzia la strategia della co-piantagione, con la coesistenza di piante vecchissime con altre appena messe a dimora, con sostituzioni che avvengono anno dopo anno, man mano che qualche pianta cede alle malattie fungine del legno e muore. Tutti i lavori in vigna, inevitabilmente, sono fatti a mano, ma con un’attenzione che va ben oltre la media, fino a rendere i vigneti dei veri e propri giardini. Fiore all’occhiello di famiglia è una piccola officina, nella quale vengono costruiti tutti gli attrezzi utilizzati poi in vigna, con i trattori o a mano; tutto è su misura, in modo da avere la massima efficacia possibile. La raccolta avviene normalmente ad inizio ottobre, in parallelo per bianchi e rossi, con un’evidente diversità di maturazione tra le diverse varietà. In realtà, trattandosi di processi più lunghi del solito, grazie all’esposizione settentrionale ed all’arricchimento basato più sulla luce che sul calore diretto, quello che potrebbe essere considerato sulla carta un punto debole diviene uno dei maggiori punti di forza. Accanto a grappoli più precoci e maggiormente ricchi in alcol e struttura, finiscono chicchi meno maturi, con acidità più spiccate e profili gusto-olfattivi molto più freschi. Il tutto, nei rossi e nei rosati, con una maturazione polifenolica che riesce magicamente ad essere sempre perfetta, mai con note verdi, mai con tannini irrisolti, mai con acidità scisse.

La ricetta segreta
Le particolarità non finiscono in vigna, perché la visita in cantina è tra le meno banali e le più significative che si possano fare in Francia. Dappertutto, la temperatura è costante per motivi naturali, grazie a lunghissimi ed affascinanti cunicoli scavati nella roccia, i primi dei quali dai monaci fondatori, gli ultimi proprio da Jean-François solo pochi mesi fa. In alcuni casi le dimensioni permettono anche l’alloggio di botti di varia dimensione, in altri solo bottiglie in affinamento, in altri ancora vi è a stento lo spazio per passare. L’uva giunge già dopo una selezione molto attenta in vigna, messa in piccoli contenitori e tenuta spesso una notte all’aperto ed al coperto per poterla lavorare con una temperatura di partenza più bassa; poi passa lungo un tavolo di cernita e, nel caso dei rossi, viene pigiata leggermente, prima di essere trasferita in contenitori di cemento grezzo non vetrificato per la fermentazione alcolica. La macerazione dura in media 25 giorni, con temperature massime che non devono superare i 28°C; la CO2 prodotta viene recuperata ed utilizzata per proteggere i mosti bianchi più delicati. Nel frattempo si fanno solo rimontaggi e si evitano sovraestrazioni di ogni sorta. Alla svinatura, vengono utilizzate le presse verticali che costituiscono uno dei marchi di fabbrica dei Rougier. Dopo una prima pressatura, la vinacce, ancora piene di succo, vengono spostate in un’altra pressa verticale in legno e schiacciate di nuovo. In questo modo, l’uva non viene girata e rigirata in pressa e, pur perdendo decisamente in resa, la qualità del vino fiore ne risulta altissima. Stesso procedimento anche per il bianco, che va in pressatura diretta, viene fatto fermentare a temperature medie molto più alte rispetto alle mode correnti (fino a 25°C) e vede gli stessi due passaggi in torchio, restando di una limpidezza impressionante; in pratica, non c’è bisogno di farlo decantare, prima del trasferimento in legno. Per il rosato, la maggior parte vede una vinificazione in rosa, con qualche giorno di macerazione prima della svinatura, mentre una piccola quota deriva dal salasso del rosso a metà macerazione. Non sono utilizzati lieviti esterni, vista anche la centenaria popolazione di microrganismi che alloggia all’interno dell’ampio strato di muffe che ricopre ogni centimetro delle pareti; mentre il peso della solforosa è sempre molto ridotto. Per tutti i colori, dopo le fermentazioni in cemento, arrivano botti di qualche decina di ettolitri, normalmente molto vecchie, dove i vini sostano fino a giugno dell’anno successivo. Nel caso del rosso, poi, vi è un assemblaggio per qualche settimana di nuovo in cemento, al fine di facilitarne la malolattica, che invece non avviene per rosato e bianco, i quali completano la maturazione rispettivamente in botte grande e barrique. Queste ultime vengono acquistate esclusivamente usate, normalmente da alcuni château bordolesi con cui vengono intrattenuti ottimi rapporti, come Carbonnieux nelle Graves oppure La Tour Blanche ed Yquem a Sauternes. Rosso e Bianco fanno un anno di legno piccolo ed escono sul mercato tre anni dopo la vendemmia, il rosato due anni dopo. Inutile ogni paragone con il grosso della produzione provenzale, con i bianchi e, soprattutto, con i rosati, che molto spesso non disdegnano di partecipare alle festività natalizie immediatamente successive alla vendemmia. La cantina dei Rougier è anche un esempio di rigore, ordine, attenzione ad ogni più piccolo dettaglio. Si passeggia per i cunicoli e si ha la sensazione che sia tutto finto, eppure magari solo un’ora prima ferveva il massimo dell’impegno produttivo. Una maniacalità che si ritrova facilmente in ogni vino, sempre pulito, sempre rigoroso, sempre esteticamente perfetto, nonostante la naturale esuberanza mediterranea che racchiude.
 
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FotografiaLunga vita
Anche i Rougier, come tutti i grandi vigneron francesi, si basano poco sulle pure analisi fisico-chimiche per prendere le decisioni su cosa fare in cantina. Si limitano a quanto necessario per legge e non investono certo in gascromatografi o altri complessi macchinari da centrale nucleare. L’enologia sta nell’esperienza, nell’avere già solo in due, René e Jean-François, oltre cento vendemmie fatte alle spalle, più che nell’applicazione di parametri da manuale. Questo fa sì che risultino particolarmente difficili da spiegare alcune particolarità dei vini di Château Simone, a partire dai livelli di pH che normalmente raggiungono, in particolare sui bianchi. Infatti, per stessa loro ammissione, non è raro che vengano riscontrato valori di poco al di sotto di 4, un livello letteralmente impensabile per vini di classe, bevibilità e, soprattutto, di notevole longevità. Addirittura livelli più alti per il bianco rispetto al rosso ed al rosato. Ma è questa la vera magia del vino, in questo caso spiegabile solo con la serie infinita di particolarità che accompagna in ogni dettaglio Château Simone e che crea per questa realtà un’alchimia fuori da ogni schema preordinato. Il bianco, infatti, rientra a pieno merito nel novero dei grandi di Francia, al pari dei campioni della Côte de Beaune o delle poche altre punte di diamante regione per regione. L’equilibrio è mirabile, in ogni annata, perfino in quelle più calde, dimostrando una forza interiore impressionante, che riesce sempre a raccontare le sue note di pesca bianca, susina, rosa, pietra bagnata e pepe bianco, ma con un livello di sofisticatezza che aumenta di anno in anno e che attorno alla prima decade di età comincia a raggiungere livelli altissimi. La polvere di caffè rappresenta il fil-rouge delle versioni più vecchie, anche se ciò che sconvolge di più è la grande tenuta e la capacità di rimescolare le carte con le annate; sono solo pochi dettagli a dare il senso del passaggio del tempo, altrimenti i bicchieri potrebbero facilmente essere scambiati tra i diversi millesimi. Lo dimostrano colori che partono da toni apparentemente più evoluti, con riflessi dorati fin dall’inizio, per rimanere per decenni uguali a loro stessi. La verticale che segue, non a caso, vede la maggiore profondità, per numero di annate e per lontananza dei millesimi, proprio per questa tipologia. Il livello di alcol, espresso in etichetta solo dalla seconda metà degli anni ottanta, non supera mai i 13,5%, con molti casi in cui è a 12,5%, se non meno. Il rosato, poi, è un vero e proprio mito. Indubbiamente nel novero dei migliori al mondo nella tipologia, gode di una domanda infinitamente superiore all’offerta e di una reputazione altissima anche e soprattutto per la sua longevità potenziale; in realtà più all’estero, Stati uniti in primis, che nella stessa Francia, dove un rosato fermo, seppur eccellente, sempre rosato resta. Infatti, quella realizzata in esclusiva per Bibenda è la prima verticale ufficiale di Château Simone Rosé della storia. Ma la sua complessità, che parte dal classico tappeto fruttato che si riconosce alla tipologia e si arricchisce di un profilo minerale e speziato semplicemente unici, non ha nulla da invidiare ai rossi più grandi ed austeri. Il livello alcolico è molto variabile, spesso oltre il 14%, superiore perfino al rosso di pari annata, altre volte di soli 12,5 gradi; il residuo zuccherino è sempre contenutissimo, al massimo 4 grammi litro, se non inesistente. Del resto, la bontà e l’integrità dell’annata più vecchia degustata, la 1996, non fanno altro che far rimpiangere ancor di più l’esiguità della riserva storica familiare, quasi a zero per questo colore. Quanto al rosso, si tratta forse del prodotto maggiormente sottovalutato di casa Rougier, probabilmente molto più per ragioni di contesto che per demeriti propri. Nella stessa Provenza, infatti, a partire proprio da Bandol, di rossi di interesse, peraltro con notevoli potenzialità di invecchiamento, ce ne sono molti; inoltre la portata del bianco e, forse ancor di più del rosato, hanno storicamente oscurato quella del rosso, in particolare nel salotto buono della critica mondiale. Ora, la vera sfida familiare è ora proprio quella di portare la considerazione di quest’ultimo al livello degli altri, anche intervenendo in cantina con piccole modifiche, prima fra tutte l’accorciamento in corso della permanenza in barrique. Le ultime annate, infatti, a partire proprio dalla 2012 di prossima uscita, raccontano di un vino leggermente più aperto, immediatamente disponibile, con una componente fruttata meglio fusa a quella minerale e speziata, di certo senza aver minimamente intaccato il potenziale di invecchiamento, che resta alto e che provoca molti rimpianti nella scarsa riserva storica familiare anche per questo colore. Château Simone sta da poco, per fortuna, destinando delle quantità leggermente superiori al mercato italiano, quindi forse sarà più facilmente scovabile nelle carte e sugli scaffali di casa nostra. Una notizia più che buona, visto che finora era più difficile da trovare di molti grandi vini bordolesi o borgognoni. Il tesoro nascosto della Provenza ora, forse, è un po’ meno nascosto.
 
LA VERTICALE .: Degustazione :.
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Château Simone Palette Blanc
2013  //  92
Vino dalla potenza impressionante, con una stratificazione olfattiva ed una stoffa gustativa che potrebbero far pensare ad un mattone di scarsa bevibilità; eppure l’eleganza che contraddistingue ogni opera dei Rougier è tutta confermata. Naso a tratti borgognone, con la frutta bianca matura ammantata di toni gessosi e richiami di erbe aromatiche, non senza ancora qualche lieve sbuffo fumé. Bocca decisamente sapida, lievemente calda, con una chiusura dai netti ritorni minerali. Giovanissimo ed ancora alla ricerca del suo equilibrio migliore, è un cavallo di razza dal gran futuro.

2012  //  94
Tra le annate più recenti sembra proprio che sia tra quelle che ha trovato prima il suo pieno equilibrio, tutto giocato sulla florealità, mista a nettissimi richiami rocciosi ed a spezie molto varie, forse con una prevalenza di quelle piccanti e del pepe bianco. Legno perfettamente integrato e per nulla percepibile in maniera diretta. Palato fresco, ben sapido, con la frutta che sembra via via più fresca e che allunga in un finale davvero notevole. Sicuramente da seguire per parecchi lustri a venire.
 
2008  //  91
Una versione in piena fase di ripiegamento su se stessa, come spesso avviene per i Simone bianchi prima dei dieci anni di vita. Ma basta avere la pazienza di aspettare anche solo un’ora e nel bicchiere viene fuori una bella personalità, in questo millesimo espressa più su toni di sottobosco, con aggiunte di fiori di campo freschi e secchi, zafferano e crema pasticcera. Bocca più calda ed avvolgente del solito, con la consueta spalla sapida a garantirne la bevibilità, per una chiusura che ne sancisce definitivamente la forte anima mediterranea. Da seguirne l’ulteriore evoluzione nel tempo, che potrebbe riservare non poche sorprese.

2004  //  93
Perfetto esempio di un Simone bianco appena uscito dalla fase di chiusura e pronto a spiccare un nuovo volo sulle ali dell’eleganza più pura. All’olfatto la frutta è freschissima, con richiami di pesca bianca appena matura, arricchita da sensazioni di roccia bagnata, roselline bianche selvatiche ed origano fresco. Bocca di impeccabile eleganza, con un livello lievemente inferiore alla media per presenza sapida, ma con una vena fresca che ne garantisce comunque la bevibilità e l’allungo, con un finale che sa tanto di spezie fini.
 
2001  //  97
Un vino in pieno splendore, che continua a confermare l’immensa capacità espressiva di bottiglie che superano il primo decennio di vita. Si apre su note vagamente affumicate, per via via diventare sempre più nitido, fresco, giovane, con sensazioni a tratti perfino fragranti; la pietra focaia è protagonista, insieme a spunti di susina matura, frutto della passione e polvere di caffè, uno dei descrittori classici dei bianchi di casa Rougier più invecchiati. Bocca solida, sapida, intensa ma leggera, lunga come non mai. Alla cieca un vino che potrebbe riportare facilmente ad atmosfere molto più borgognone che mediterranee, come invece accade per i fratelli più giovani. Alcol dichiarato in etichetta 12,5%.

1990  //  98
Una delle più grandi annate europee del secolo scorso non poteva certo smentirsi a Palette. Vino di finezza e intensità semplicemente impressionanti, oltre ad un’integrità da far impallidire qualsiasi altro grande bianco francese. Il colore, del resto, mostra tutta la brillantezza e la luminosità del paglierino con riflessi dorati già ritrovate nei primi vini della degustazione, ma di oltre vent’anni più giovani. Il naso racconta di susine gialle, toni lievemente vanigliati, fiori di acacia, resina; il palato conferma tutto e regala la più fresca e bevibile delle possibili cremosità, una quadratura del cerchio che impone continui riassaggi, fino al rapido termine della bottiglia. Alcol in etichetta 12,5%. Vero capolavoro mediterraneo.
 
1984  //  90
Vino quasi spiazzante, perché, pur essendo ancora in ottima forma ed indenne ai danni del tempo, gioca su registri molto diversi da quelli individuati nel corso della verticale fino a questo punto. Il naso è decisamente più minerale, senza una presenza marcata della frutta, con un’apertura progressiva verso note più speziate, fino alla sensazione di polvere di caffè, unico elemento in grado di riportarlo nel suo alveo originario. Una verticalità che si conferma in bocca, con una freschezza sorprendente e con delle note agrumate, quasi di pompelmo, che ne accompagnano il finale; forse lievemente meno lungo del consueto, ma comunque dotato di immancabile fascino.

1977  //  88
In questi casi è difficile dire se la prestazione, pur notevole in assoluto, è al di sotto della media della degustazione a causa di una bottiglia con un tappo poco fortunato oppure perché l’annata ha già dato il meglio di sé. Di certo la pulizia non è ai livelli consueti e le note di crosta di pane tendono a prendere il sopravvento sulle sensazioni di fiori gialli recisi e sulla polpa di albicocca; ritornando nel tempo nel bicchiere, però, vengono man mano fuori elementi minerali molto netti, polvere da sparo su tutti. Bocca di buona sapidità, con più frutta del palato, ma con un finale che non si distende all’infinito come in altre annate.
 
1973  //  95
Classico esempio di vino che, servito alla cieca, sarebbe in grado di sconvolgere i palati più esperti, tanto nel tentativo di individuarne l’età, quanto la zona di provenienza. Il naso si apre sinuoso ed avvolgente, con note di crema, frutta matura e spezie dolci, per poi aprirsi progressivamente verso sensazioni sempre più fresche, floreali, a tratti perfino di erbe aromatiche freschissime; ai riassaggi svela poi una vena salmastra particolarmente intrigante. Bocca più che coerente, in piena continuazione con il profilo olfattivo e con la sua evoluzione nel bicchiere; chiusura giovane, perfino guizzante, lunga da record. Peccato che bottiglie più vecchie siano praticamente finite ormai, perché la gioventù e l’integrità di questo vino farebbero immaginare scenari incredibili.
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Château Simone Palette Rosé
2013  //  91
Giovanissimo, con un colore lievemente più marcato del consueto nei toni cerasuoli, ad annunciare un naso altrettanto dominato dalla polpa della ciliegia fresca appena raccolta, fusa a nette sensazioni minerali rocciose e note di roselline selvatiche. Versione ancora molto soave, femminile, appena agli inizi di un’evoluzione in grado di regalare le immense complessità espresse dalle bottiglie più vecchie, eppure già con l’abito e la completezza del gran vino, senza se e senza ma. Bocca estremamente sapida, ricca, avvolgente, con la lievità della trama tannica a dare complessità, senza accorciarne di un millimetro il lunghissimo finale. Ovviamente, da seguire negli anni.

2009  //  93
Colore già assestato sui più consueti toni di buccia di cipolla, pur sempre con una brillantezza decisamente fuori dal comune. Naso davvero di gran classe, giovane, fresco, guizzante, cangiante, con qualche richiamo di melagrana, ma poi soprattutto con sensazioni minerali e speziate, prima sui toni piccanti, poi via via sempre più dolci. Bocca con una componente fruttata molto più marcata, rotonda, super-sapida, per una chiusura che riporta di nuovo alle atmosfere olfattive e che cambia marcia più volte in allungo. Ancora giovane, frutto di una grande annata, ha davanti a sé sicuramente un lunghissimo futuro; bottiglie assolutamente da tesaurizzare.
 
2005  //  95
Quintessenza dell’idea di rosato di Château Simone, con un colore ormai definitivamente stabilizzato sul rosa pallido, con riflessi di oro antico, ed un profilo olfattivo davvero da grande vino. A dominare la scena iniziale sono i fiori, dapprima rose, poi freschi fiori di campo, ad annunciare un progressivo arrivo di spezie piccanti e di note minerali molto dure ed eleganti, con il tessuto fruttato di base che traspare solo a tratti. Bocca sempre in perfetto equilibrio, profonda, coerente, sapida, fresca, veramente lunga, testimone di un vino in grado di evolvere ancora splendidamente in bottiglia, in un arco di tempo davvero difficile da individuare a priori.

2001  //  89
Il colore appare più scuro del consueto, con una buona luminosità, anche se probabilmente di poco inferiore alla media della degustazione. Al naso si confermano sensazioni più calde, ricche, mature, avvolgenti, con qualche richiamo di prugna rossa, ma anche note di cannella e strudel di mele, con non pochi sbuffi di sottobosco a rimescolarne il profilo. La bocca ha invece un passo più deciso e definito, con lo scheletro sapido a garantirne la bevibilità ed un finale davvero lungo, con una chiusura che inaspettatamente riporta a delle nette sensazioni di frutta rossa matura. Probabilmente non tra i più longevi della verticale, ma soprattutto con scarse prospettive di ulteriori evoluzioni positive nel tempo.
 
2000  //  93
Vino che sembra decisamente più giovane ed in forma del precedente, nonostante provenga da un’annata calda. Il profilo olfattivo è molto minerale, con richiami di polvere da sparo e roccia al sole, arricchito da crescenti sensazioni floreali di violetta e da un’intermittente ed intrigante nota di ciliegia bianca sotto spirito. Al gran naso segue una bocca altrettanto stratificata, con una vena calda mai fastidiosa o annoiante, perché mirabilmente bilanciata dalla ricca sapidità marina; chiusura davvero lunga e piena di sfaccettature, a lasciare il ricordo di un vino ancora in pieno slancio verso ulteriori evoluzioni in bottiglia.

1996  //  97
Un vino in grado di sconvolgere il pensiero e le gerarchie del più freddo e navigato dei degustatori. Perfetto, intatto, giovane, complesso, intrigante, diverso da tutti, in grado di scardinare qualsiasi convinzione precostituita, se servito alla cieca ed in un bicchiere nero. Colore vivissimo, per un naso che ha nitidezza e gioventù semplicemente imbarazzanti. Spezie, fiori, frutta fresca e rocce definiscono un quadro in continuo mutamento, che si arricchisce ad ogni ritorno nel bicchiere. Bocca freschissima, inevitabilmente sapida, decisamente floreale, lunga all’infinito, senza mai un minimo cedimento, ad ennesima onta dei 12,5 gradi alcolici in etichetta. Impossibile prevederne la sorte, perché forse non potrà mai ulteriormente migliorare, ma al tempo stesso non si ha ancora alcun cenno di cedimento all’età. In ogni caso, fortunato chi riesce a procurarsene qualche bottiglia.
 
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Château Simone Palette Rouge
2012  //  92
Decisamente ancora giovane, ma già perfettamente integrato ed in grado di esprimere tutta la sua potenza mediterranea, pur mantenendo sempre un profilo austero e mai debordante. Naso di gelso nero, ginepro, china e corteccia di pino, ad annunciare una bocca abbastanza calda, decisamente avvolgente, dalla trama fruttata ancora perfettamente integra e protagonista; fin nel lungo finale, in cui le spezie più scure fanno per la prima volta capolino. Un vino che ha il passo e l’equilibrio delle grandi bottiglie e che ha davanti a sé un avvenire sicuramente lunghissimo.

2011  //  89
Intenso, caldo, vellutato, ha un profilo lievemente al di fuori del registro classico amato e ricercato dai Rougier in tutti i loro vini. Complice un’annata particolarmente calda, mostra un naso con nette sensazioni di prugna matura, fusa a note di carruba e sensazioni fumé, tra le quali fanno spesso capolino rinfrescanti richiami di pietra focaia. Bocca decisamente calda, molto solida, con i tannini più presenti del solito, ma con una vena di freschezza che lo mantiene sempre teso e pienamente bevibile, anche nel sorprendente allungo fruttato finale.
 
2007  //  92
Annata in cui sembra che la personalità mediterranea della Grenache abbia preso il sopravvento, soprattutto man mano che si ritorna nel bicchiere. All’inizio il profilo è più scuro, cupo, quasi gotico, con richiami di incenso, resina, sottobosco, ma poi la frutta viene fuori, si impadronisce del palcoscenico e rende l’olfatto sempre più solare, con note di ciliegia matura, alloro ed origano secco. Palato caldo, ricco, con tannini fusi alla perfezione, per una chiusura sapida e appagante. In perfetta forma e sicuramente destinato ad interessanti, ulteriori evoluzioni in bottiglia.

2001  //  91
Forse la versione più elegante di rosso, soprattutto per il profilo olfattivo, che mantiene il tappeto fruttato sempre vivo, ma con molta mineralità di roccia in evidenza; vi si aggiungono toni di spezie fini, a partire dal pepe bianco, che lo ravvivano e rendono sempre più austero ed originale. Austera ed intatta anche la bocca, con una lieve prevalenza delle durezze, grazie a tannini fini ma fitti ed una vena fresca sempre molto tesa. Bel finale, molto luminoso e coerente. L’alcol in etichetta si ferma a 12,5%. Il futuro è difficilmente pronosticabile, ma forse non si sbaglia se si scommette al rialzo e se ne lascia qualche bottiglia in cantina.
 
1996  //  95
Il vero rammarico di questa splendida verticale tripla forse sta proprio nel non aver avuto la possibilità di approfondire ulteriormente le potenzialità del rosso, complice l’assoluta povertà delle riserve aziendali. Il 1996 aperto è stato di gran lunga il migliore, così giovane, elegante, austero, in grado di testimoniare da solo tutta la bontà e la portata del progetto dei Rougier per questo colore. Naso di anguria, pera cotogna, fiori di campo freschi e secchi, bocca dall’equilibrio perfetto, rotonda ma fresca, fruttata ma minerale, speziata ma decisamente setosa. Gran vino, ancora in perfetta forma e pronto a sfide future.
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Château Simone
Chemin de la Simone
13 590 Meyreuil
0442 669258
0442 668077
contact@chateau-simone.fr
www.chateau-simone.fr
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