FIVI Romagna dice no al nuovo Spumante
La Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti contesta la richiesta di modifica promossa dai grandi imbottigliatori.
Pubblicato il 27/02/2018
La Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti contesta la richiesta di modifica promossa dai grandi imbottigliatori. Così si snatura il ruolo dei disciplinari riducendoli a meri strumenti di marketing.
Più tutela del territorio e delle tradizioni e meno desiderio di inseguire le mode. È questo che chiedono le aziende aderenti alla delegazione FIVI della Romagna, che hanno scritto all'Assessorato all'Agricoltura della Regione Emilia Romagna per esprimere le proprie perplessità sulla proposta di introdurre le tipologie Romagna DOC Spumante bianco e Romagna DOC Spumante Rosé nel disciplinare della DOC.
Secondo FIVI Romagna il panorama delle DOC regionali è infatti già troppo ampio, e le recenti esperienze in altre zone hanno dimostrato come il proliferare di nuove denominazioni non aiuti in alcun modo il consumatore, ma crei piuttosto confusione e faccia nascere dubbi sulla valenza di queste stesse istituzioni.
Inoltre i disciplinari delle DOC sono nati per tutelare il patrimonio ampelografico regionale e per salvaguardare il modo di fare vino di quel territorio. La proposta di modifica sembra essere invece in questo caso un tentativo di inseguire le mode di tendenza, quasi a voler ridurre il disciplinare a mero strumento di marketing. “Probabilmente la moda delle bollicine ha fatto gola ai grandi imbottigliatori della nostra regione – sottolinea Rita Babini, delegata di FIVI Romagna – che sperano di sfruttare il momento d'oro del Prosecco e di creare facili profitti. A nostro avviso invece questa proposta denota solo l'incapacità di dare valore alle produzioni storiche regionali, quali trebbiano, albana e sangiovese”. “A nostro avviso – prosegue Babini – avrebbe maggior senso considerare eventuali modifiche in seno alla DOC Trebbiano, dove sono già presenti le versioni Spumante e Frizzante, valorizzando un vitigno che risulta senza dubbio vocato a questi metodi di vinificazione”.
La questione fa emergere ancora una volta il problema del voto nei Consorzi per cui la FIVI chiede da lungo tempo che si proceda ad una modifica. La richiesta è di rivedere il meccanismo di attribuzione dei voti all'interno dei Consorzi di Tutela, in modo da dare più spazio ai Vignaioli, evitando il dominio delle cooperative di primo e secondo grado nei Consorzi più importanti.
Più tutela del territorio e delle tradizioni e meno desiderio di inseguire le mode. È questo che chiedono le aziende aderenti alla delegazione FIVI della Romagna, che hanno scritto all'Assessorato all'Agricoltura della Regione Emilia Romagna per esprimere le proprie perplessità sulla proposta di introdurre le tipologie Romagna DOC Spumante bianco e Romagna DOC Spumante Rosé nel disciplinare della DOC.
Secondo FIVI Romagna il panorama delle DOC regionali è infatti già troppo ampio, e le recenti esperienze in altre zone hanno dimostrato come il proliferare di nuove denominazioni non aiuti in alcun modo il consumatore, ma crei piuttosto confusione e faccia nascere dubbi sulla valenza di queste stesse istituzioni.
Inoltre i disciplinari delle DOC sono nati per tutelare il patrimonio ampelografico regionale e per salvaguardare il modo di fare vino di quel territorio. La proposta di modifica sembra essere invece in questo caso un tentativo di inseguire le mode di tendenza, quasi a voler ridurre il disciplinare a mero strumento di marketing. “Probabilmente la moda delle bollicine ha fatto gola ai grandi imbottigliatori della nostra regione – sottolinea Rita Babini, delegata di FIVI Romagna – che sperano di sfruttare il momento d'oro del Prosecco e di creare facili profitti. A nostro avviso invece questa proposta denota solo l'incapacità di dare valore alle produzioni storiche regionali, quali trebbiano, albana e sangiovese”. “A nostro avviso – prosegue Babini – avrebbe maggior senso considerare eventuali modifiche in seno alla DOC Trebbiano, dove sono già presenti le versioni Spumante e Frizzante, valorizzando un vitigno che risulta senza dubbio vocato a questi metodi di vinificazione”.
La questione fa emergere ancora una volta il problema del voto nei Consorzi per cui la FIVI chiede da lungo tempo che si proceda ad una modifica. La richiesta è di rivedere il meccanismo di attribuzione dei voti all'interno dei Consorzi di Tutela, in modo da dare più spazio ai Vignaioli, evitando il dominio delle cooperative di primo e secondo grado nei Consorzi più importanti.
FIVI - Federazione Italiana dei Vignaioli Indipendenti
La Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti (FIVI) è un'associazione nata nel 2008 con lo scopo di rappresentare la figura del viticoltore di fronte alle istituzioni, promuovendo la qualità e autenticità dei vini italiani. Per statuto, possono aderire alla FIVI solo i produttori che soddisfano alcuni precisi criteri: "Il Vignaiolo FIVI coltiva le sue vigne, imbottiglia il proprio vino, curando personalmente il proprio prodotto. Vende tutto o parte del suo raccolto in bottiglia, sotto la sua responsabilità, con il suo nome e la sua etichetta".
Attualmente sono poco più di 1100 i produttori associati, da tutte le regioni italiane, per un totale di circa 11.000 ettari di vigneto, per una media di circa 10 ettari vitati per azienda agricola. Quasi 80 sono i milioni di bottiglie commercializzate e il fatturato totale si avvicina a 0,7 miliardi di euro, per un valore in termini di export di 280 milioni di euro. Gli 11.000 ettari di vigneto sono condotti per il 51% in regime biologico/biodinamico, per il 10 % secondo i principi della lotta integrata e per il 39% secondo la viticoltura convenzionale.
La Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti (FIVI) è un'associazione nata nel 2008 con lo scopo di rappresentare la figura del viticoltore di fronte alle istituzioni, promuovendo la qualità e autenticità dei vini italiani. Per statuto, possono aderire alla FIVI solo i produttori che soddisfano alcuni precisi criteri: "Il Vignaiolo FIVI coltiva le sue vigne, imbottiglia il proprio vino, curando personalmente il proprio prodotto. Vende tutto o parte del suo raccolto in bottiglia, sotto la sua responsabilità, con il suo nome e la sua etichetta".
Attualmente sono poco più di 1100 i produttori associati, da tutte le regioni italiane, per un totale di circa 11.000 ettari di vigneto, per una media di circa 10 ettari vitati per azienda agricola. Quasi 80 sono i milioni di bottiglie commercializzate e il fatturato totale si avvicina a 0,7 miliardi di euro, per un valore in termini di export di 280 milioni di euro. Gli 11.000 ettari di vigneto sono condotti per il 51% in regime biologico/biodinamico, per il 10 % secondo i principi della lotta integrata e per il 39% secondo la viticoltura convenzionale.