Rioja: l’identità di un territorio
Spagna: sole, siesta, movida? No. Verdi valli, ritmi naturali, serate tranquille: una spallata ai luoghi comuni.
Pubblicato il 27/04/2017
Come per tutti i grandi Paesi del mondo, anche per la Spagna gli stereotipi sono all’ordine del giorno: la terra dei paesaggi arsi dal sole ed aridi, della siesta pomeridiana, della movida che inverte notte e giorno nella vita delle persone. Ebbene, chi voglia vivere una smentita a questi che sono in gran parte luoghi comuni può arrivare in aereo nella città di Bilbao, e di lì, in poco più di un’ora di auto, raggiungere la Rioja.
Qui, tra verdi valli e suggestivi scorci montuosi, il tempo sembra essersi fermato; i ritmi sono posati, mai frenetici, le serate tranquille, le discoteche ed i night club retaggio delle lontane metropoli. La Rioja è innanzitutto questo: un luogo di suggestione quasi magnetica, dove la Natura e l’Uomo interagiscono sussurrando, in un rispetto reciproco. Dunque, tra i suggestivi ed immaginifici scorci di Laguardia o l’impressionante boulevard delle cantine attorno alla vecchia stazione di Haro, tra le valli fitte di viti ad alberello ed i boschi sulle cime più impervie, il viaggiatore, enoappassionato o occasionale, non può che rimanere conquistato.
Qui, tra verdi valli e suggestivi scorci montuosi, il tempo sembra essersi fermato; i ritmi sono posati, mai frenetici, le serate tranquille, le discoteche ed i night club retaggio delle lontane metropoli. La Rioja è innanzitutto questo: un luogo di suggestione quasi magnetica, dove la Natura e l’Uomo interagiscono sussurrando, in un rispetto reciproco. Dunque, tra i suggestivi ed immaginifici scorci di Laguardia o l’impressionante boulevard delle cantine attorno alla vecchia stazione di Haro, tra le valli fitte di viti ad alberello ed i boschi sulle cime più impervie, il viaggiatore, enoappassionato o occasionale, non può che rimanere conquistato.
Il vino fa da sempre parte del paesaggio della Rioja. Furono probabilmente i Fenici a portare le prime piante di vitis vinifera, che si incrociarono con le varietà selvatiche sfruttate dai celtoiberici, l’altra popolazione che segnò la storia iniziale di questi luoghi. I Romani prima, i monaci dopo consolidarono le coltivazioni, favoriti da un clima che sembra amorevolmente cullare la “nostra” pianta: calore estivo, assenza di significative precipitazione nell’epoca vendemmiale, ma al tempo stesso notevoli escursioni termiche, che felicemente accompagnano lo sviluppo dei precursori aromatici. Delle tre zone in cui è divisa la regione, le più favorite sono senz’altro la Rioja Alavesa, appartenente amministrativamente ai Paesi Baschi, e la Rioja Alta; più pesanti e meno espressivi i vini della Rioja Baja, dal clima più torrido e meno temperato dalle altitudini.
La Rioja, unica DOCa spagnola assieme al Priorat (la DOCa, Denominacion de Origen Calificada, corrisponde alla nostra DOCG) è nota soprattutto per i rossi, che vedono in varia composizione l’apporto del prevalente Tempranillo, del Graciano, del Mazuelo e della Garnacha Tinta, ma sono notevoli anche i bianchi, da Viura, Malvasia, Garnacha Blanca. I primi esaltano la componente fruttata ma, con l’invecchiamento, assumono inaspettate quanto eleganti note di cuoio, garriga, camino spento e spezie orientali; i secondi decantano soprattutto una mineralità che può giungere all’idrocarburo, ma possono sfoggiare anche inaspettata e rinfrescante acidità.
Anche nella Rioja, specie da quando, dopo la fine del franchismo, i vini spagnoli hanno fatto passi da gigante sul piano della qualità, si ripropone l’eterno quanto giocoso conflitto tra tradizionalisti e modernisti. Oggi questi ultimi tendono a prevalere, ma la recente (e provvidenziale) inversione di tendenza in favore di vini più eleganti e longevi sta riportando in auge i produttori che privilegiano il legno usato e le lunghe maturazioni. Tra questi, spicca senz’altro l’ormai leggendaria casa Lopez de Heredia, capitanata dalla vulcanica Maria Jose, forte dei 140 anni di storia della cantina fondata dai suoi avi. Entrando nel bellissimo edificio di Haro sembra che il tempo sia misteriosamente tornato indietro: enormi botti, alcune vecchie della polvere dei decenni, un odore indefinibile ed affascinante, tra il mosto, il muschio ed il goudron, inaspettati e leggiadri spazi aperti, porticati e loggette. E i vini? Anch’essi fuori dal tempo, a partire dal Viña Tondonia Reserva, forte dei sei anni (!) di affinamento in legno ed altrettanti in vetro. La sua imponente massa polifenolica si contiene in una eleganza inaspettata, una sottile verticalità, una persistenza assolutamente da primato. Se non vi basta, potete cercare una bottiglia del rarissimo Gran Reserva: prodotto solo nelle annate straordinarie, passa a dieci anni di affinamento in legno e dieci in bottiglia: oggi si acquista l’annata 1995, che esprime con classe ed eleganza senza pari il fascino fuori dal tempo della Cantina. Solo 12 gradi alcolici: anche questo, è un dato che evoca nostalgia per un passato lontano dalle esasperate concentrazioni. Se infine volete coccolarvi, potete provare la grande vena idrocarburica del Blanco Reserva, che dopo sei mesi di legno (sfidiamo chiunque a trovar traccia di vaniglia e strane tostature) è pronto a regalarci indimenticabili sensazioni, anche come vino da meditazione.
Se vogliamo rimanere nel solco della tradizione, possiamo visitare la meravigliosa cantina di Marques de Murrieta. Qui le dimensioni sono senz’altro maggiori (parliamo di uno dei più grandi produttori della Regione) ma non vanno a scapito della qualità, specie per i prodotti di punta: anzitutto il Gran Reserva Especial, dalla splendida etichetta che è rimasta immutata dai primi del ‘900: un Tempranillo con piccolo saldo di Mazuelo, intenso, avvolgente e dalla grande carica glicerica, destinato, con il tempo, ad esasperare le note terziarie di cera per mobili e propoli, che però mai ricacceranno all’angolo il goloso frutto croccante. Ma il vero gioiello è il Castillo de Ygay Blanco Gran Reserva Especial, un Viura quasi in purezza (solo un 3% di Malvasia aggiunta) il cui protocollo di affinamento ha dell’incredibile: 252 mesi (avete letto bene: più di vent’anni) in barrique, poi cinque anni e mezzo in cemento e, tanto per gradire, due anni in vetro. Morale: l’anno scorso è stata presentata e messa in commercio i primi di settembre l’annata 1986. Com’è un vino bianco che ha avuto bisogno di trent’anni per essere offerto al pubblico? Non è neppure descrivibile: nulle le note ossidative, prevale una mineralità pirica ed idrocarburica, una irreale albicocca, un ventaglio profumatissimo di erbe aromatiche, una meravigliosa cera d’api. E ci fermiamo solo ai primi descrittori che ci vengono in mente...per gli altri, basta guardare le famiglie olfattive elencate nella nostra scheda tecnica. Ci sono tutte...ma proprio tutte.
La Rioja non è però solo grandi ed antiche cantine. Negli ultimi anni, produttori di nicchia ed enfants terribles si sono affacciati progressivamente sulla scena. Una delle più clamorose new entries è la creatura di Juan Carlos Lopez de la Calle, Artadi. Nella minimalista cantina, rispettosa dell’ambiente (una volta cresciuta la vegetazione che orna il tetto, sarà pressoché invisibile all’esterno) si vinificano uve con metodi biodinamici, con punte di eccellenza da singoli cru (notevolissimi Valdegines, la Poza de Ballestreros ed El Carretil, diversissimi ma ugualmente affascinanti). Il vino più noto è il Pagos Viejos, da vecchie vigne, potente e mai banale, ma il più affascinante è il Viña El Pison, da un vecchissimo vigneto ove le viti vengono allevate senza uso di prodotti di sintesi, con rese bassissime (35 q/ha). È un vino per certi aspetti estremo nella sua concentrazione, ma con l’invecchiamento si ingentilisce ed assottiglia, ed assume note terziarie che possono rimandare addirittura alla Borgogna ed alla sua straordinaria speziatura. Imperdibile la visita al vigneto, con il caratteristico ed inconfondibile cancello d’ingresso riportato anche in etichetta.
Ogni bel viaggio ha purtroppo una fine…ma il suo ricordo rimane per sempre con noi. Ad ormai quasi un anno da quel soggiorno in Rioja, è più forte e struggente che mai. Ma a consolarci c’è sempre l’idea di un ritorno, che non tarderà a venire.
Ogni bel viaggio ha purtroppo una fine…ma il suo ricordo rimane per sempre con noi. Ad ormai quasi un anno da quel soggiorno in Rioja, è più forte e struggente che mai. Ma a consolarci c’è sempre l’idea di un ritorno, che non tarderà a venire.