Jermann, una fiaba del Collio
La visita alla storica azienda del Collio Friulano: un'esperienza travolgente.
Pubblicato il 04/10/2017
C’era una volta in Collio un castello dove affinavano dei vini da favola… una fiaba moderna dalle origini antiche è la storia dell’azienda Jermann e raccontarla significa risalire all’albero genealogico di famiglia e svelare le antiche origini di una dinastia il cui cognome, ad esempio, fu modificato per novant’anni in Ierman, fino a quando Silvio Jermann, attuale guida dell’azienda, ne rivendicò le radici slovene. Silvio, grande personalità eclettica e uomo di una cultura di confine, cerca sin da ragazzo l’affermazione di un sogno rivolto al sostegno dei Paesi dell’Est Europa e alla speranza di una riunificazione del territorio italiano e sloveno nella denominazione geografica di un’unica collina, il Collio-Brda. Infatti, proprio sul versante opposto di questa terra di confine, si era inizialmente stabilito Antonio di Stefano Jermann, il padre fondatore della cantina, originario di Bigliana (oggi Slovenia) anche se il cognome sembra risalire alle terre del Burgenland. Il bisnonno di Silvio aveva deciso di traferirsi definitivamente nel 1881 a Villanova di Farra, iniziando così il percorso degli Jermann in terra friulana. Varcando oggi la soglia della tenuta di Ruttars, in località Dolegna del Collio, tappa fondamentale della Strada del Vino del Collio, si respira l’atmosfera di un mondo fiabesco, un castello-cantina, dove l’eleganza e il rigore si fondono in un gioiello unico, un luogo dove ogni singolo dettaglio è espressione di gusto e armonia. Basti pensare che la struttura della moderna cantina è stata perfettamente integrata nel disegno di una classica weingut austriaca, dove la natura circostante è la protagonista assoluta che incornicia il paesaggio con vigneti coltivati come fossero dei giardini all’italiana di fine ‘700. Tutto è così precisamente allineato che il sole sembra essere al servizio di questo mondo incantato, nei vigneti accarezza i filari tirati a giro poggio intorno alle dolci colline, in cantina riflette la sua energica trasparenza, regalando giochi di luci e colori studiati appositamente per materializzarsi quando i raggi solari, filtrando le acque della fontana posta nel cortile d’ingresso, attraverso un vetro che si trova alla base della sorgente, si riflettono in un locale sotterraneo, dove si apre un oblò, al centro di una volta che è il soffitto della cantina di affinamento delle botti di quercia. Tre piccole campane situate sulle mura perimetrali dell’azienda, scandiscono, ogni quarto d’ora, il suono del tempo che passa, con una melodia soave che riporta indietro alla tradizione popolare delle campagne in cui i rintocchi del campanile della chiesa avvisavano i contadini del passare delle ore di lavoro nei campi. A partire dagli anni ’70, Silvio ha delineato un nuovo stile di fare vino, molto diverso dalla moda di quegli anni, in cui i vini bianchi erano molto sbilanciati, caratterizzati da una struttura alcolica elevata e da una patinosa forza gustativa. Lui alla costante ricerca dell’eleganza, rincorreva la territorialità dei profumi fini e profondamente minerali, le vellutate nuance salmastre, le espressioni balsamiche che nel lungo periodo potessero rivelare la piacevole persistenza e l’infinita godibilità dei suoi nettari.
Eccolo allora realizzare la prima etichetta storica, il Vintage Tunina, un vino divenuto sin dalle prime vendemmie l’icona di uno stile, definito dallo stesso Luigi Veronelli nel 1976 “il Mennea dei vini italiani”. La ricetta del vino è stata un riflesso del pensiero di integrazione di Silvio, che ha puntato sul connubio tra vitigni stranieri come lo Chardonnay e il Sauvignon, insieme alle tradizionali uve di Ribolla Gialla, Malvasia Istriana e Picolit. Un capolavoro, capace di appassionare e scaldare mente e cuore di chi lo assaggiava, regalando grandi emozioni proprio come le vittorie sportive di campioni della stoffa di Mennea. Accanto a questo successo, nasce un altro grande vino da uve Chardonnay affinate in barrique, il “W…Dreams” in cui Silvio dà libero sfogo alla sua vena artistica, lasciandosi ispirare per la sua “ricetta”, dall’ascolto della canzone degli U2 “Where the streets have no name” dall’album Joshua Tree, immaginando di creare un nettare da sogno che nel significato del suo nome esprimesse la speranza infinita dei desideri “Where Dreams have no end”. A conclusione di questo excursus storico, citiamo il Capo Martino, il vino nato per celebrare i 110 anni di storia enologica della famiglia Jermann, composto dalle uve locali di Friulano, Malvasia, Ribolla Gialla e Picolit. Un vino della tradizione che porta con sé le radici ma anche l’innovazione.
Ogni vino in questa realtà oltre ad avere la sua personalissima storia d’origine, assume una simbologia più profonda, legata alla passione infinita per questo territorio, al religioso rispetto delle regole e delle tradizioni di famiglia, alla verità d’animo di chi li ha pensati, ad uno stile di famiglia unico e fiabesco che non può prescindere, nel passaggio tra la vigna e la cantina, dalla cura di ogni singolo grappolo coltivato, alla stretta di mano con ogni collaboratore e all’affabile ospitalità riservata a chi li visita.
Ogni vino in questa realtà oltre ad avere la sua personalissima storia d’origine, assume una simbologia più profonda, legata alla passione infinita per questo territorio, al religioso rispetto delle regole e delle tradizioni di famiglia, alla verità d’animo di chi li ha pensati, ad uno stile di famiglia unico e fiabesco che non può prescindere, nel passaggio tra la vigna e la cantina, dalla cura di ogni singolo grappolo coltivato, alla stretta di mano con ogni collaboratore e all’affabile ospitalità riservata a chi li visita.
JERMANN DI SILVIO JERMANN
Località Trussio 11, Frazione di Ruttars
34070 Dolegna del Collio GO
Tel. 0481 888080
info@jermann.it
www.jermann.it
Località Trussio 11, Frazione di Ruttars
34070 Dolegna del Collio GO
Tel. 0481 888080
info@jermann.it
www.jermann.it