Roma Tokyo, andata e ritorno
Una città con un numero incredibile di ristoranti italiani: ottomila!
Pubblicato il 27/11/2017
Si dice che a Novembre, a Tokyo , “il cielo è alto”. E così è stato, nella settimana dal 19 al 26 novembre. L’aria era tersa, il cielo profondamente azzurro, la luce bianca creava un effetto di enfasi sul rosso purpureo degli aceri che impreziosiva i giardini imperiali e i tanti parchi cittadini. Bella come mai la città fumetto, si è presentata ai nostri occhi come un caleidoscopio di colori, rumori, immagini, sapori, interrotto di tanto in tanto da sospensioni di silenzio contemplativo e di bellezza infinita. La Fondazione Italiana Sommelier e LCI Cultura Italiana, partner giapponese, hanno avuto l’onore di concludere il programma di formazione del personale della Montebussan, del gruppo Suntory, società leader nell’importazione dei vini italiani in Giappone. Il percorso è iniziato ad aprile e si è svolto in modo continuativo on-line per ben sette mesi e su diversi livelli. Si è incentrato su analisi sensoriale, enografia nazionale, tecniche di abbinamento, marketing, etichette. Fondamentale per il mercato dei vini in Giappone è far comprendere ai consumatori la grande versatilità dei prodotti italiani, la complessità e la diversificazione territoriale, la biodiversità della viticoltura, le scelte ecosostenibili dei produttori, la valenza di prodotto culturale che il vino italiano indubbiamente assume, aspetti che trovano un terreno fertile in Giappone. Non a caso il concetto di satoyama – che implica l’armonia tra l’uomo e le risorse ambientali - nasce proprio in terra nipponica. A Tokyo, dunque, nella prestigiosa sede della Montebussan, situata nella elegante zona di Omotesando, si è concluso questo percorso che avvicina sensibilità e culture diverse, ma per molti aspetti affini. I test di valutazione hanno evidenziato un’approfondita cultura del vino, accompagnata dalla padronanza della tecnica della degustazione. Un grande passo, per accompagnare la conoscenza e la diffusione del vino Made in Italy, da proporre anche in abbinamento con la cucina giapponese o fusion. Basti pensare che a Tokyo ci sono oltre ottomila ristoranti italiani.
E alla cucina italiana e alla cultura del gusto si è dedicata anche la recentissima attività delle nostre Istituzioni a Tokyo. L’Istituto di Cultura Italiano, attualmente diretto dal prof. Paolo Calvetti, nell’ambito della programmazione The Extraordinary Italian Taste, ha dedicato seminari, incontri, eventi e soprattutto la suggestiva mostra curata da Cristina Amodeo, Ilaria Faccioli e Gaia Stella dal titolo “Pranzo improvvisato”. Ventidue ricette futuriste immaginate da ventidue illustratori per testimoniare l’impatto provocatorio, attuale ancora oggi, del Manifesto della cucina futurista di Tommaso Marinetti (1930), seguito dal volume la Cucina futurista (1932). E così hanno preso forma, nella hall espositiva dell’Istituto, vibranti incarnazioni pittoriche elogio all’identità italiana ma anche al cibo come opera d’arte, tra cui, il Carneplastico dell’aeropittore Fillìa (reinterpretato da Beppe Giacobbe), la Tavola Parolibera Marina dell’aeropoeta Marinetti (Ilaria Faccioli), la Fragolamammella del futurista Farfa Poeta Record nazionale ((André Da Loba). Una riflessione su gusto, estetica, arte, dinamicità e fugacità del presente.
Le opere, come i piatti, si consumano, vivono, si trasformano, ma restano un unicum irripetibile.
Non poteva mancare, a chiusura della settimana, un’approfondita esplorazione nel mondo del sake: ci siamo intrattenuti, fino a perderci, tra i numerosi sake bar della capitale, tra i banchi dei mercati riservati ai prodotti organici che vedono una crescente presenza di piccoli coltivatori e produttori di sake attenti alla naturalità. Non sono mancate, infine, visite appassionanti e divertenti presso le sakagura, cantine di produzione del fermentato di riso…
Ma di questo scriveremo ancora, ma soprattutto, ne parleremo al prossimo Corso sul Sake che inizierà a Gennaio a Roma.
Kanpai!
Non poteva mancare, a chiusura della settimana, un’approfondita esplorazione nel mondo del sake: ci siamo intrattenuti, fino a perderci, tra i numerosi sake bar della capitale, tra i banchi dei mercati riservati ai prodotti organici che vedono una crescente presenza di piccoli coltivatori e produttori di sake attenti alla naturalità. Non sono mancate, infine, visite appassionanti e divertenti presso le sakagura, cantine di produzione del fermentato di riso…
Ma di questo scriveremo ancora, ma soprattutto, ne parleremo al prossimo Corso sul Sake che inizierà a Gennaio a Roma.
Kanpai!