Addio a Bruno Giacosa
Formidabile esempio, resterà per sempre il ricordo dei suoi vini leggendari.
Pubblicato il 30/01/2018
Molto più che Maestro, Bruno Giacosa va considerato Padre Fondatore del Rinascimento Enologico del nostro Paese. Vi è anzi il dubbio che possa nascere tanto presto un interprete altrettanto poliedrico e raffinato dei vari cru di Langa. Agli antipodi del wine maker moderno, che tende a sovrapporre il proprio stile personale ai vini delle aziende con le quali collabora, Giacosa, seppur nel suo habitus professionale schivo e riservato (quasi un tratto di famiglia, ereditato dal padre Carlo e dall’autorevolissimo nonno Mario), aveva la straordinaria capacità di far vibrare le corde più autentiche dei diversi terroir, dei quali era profondo e ineguagliabile conoscitore. Sono nati così miti che hanno segnato un’epoca, come il Vigna Rionda, monumenti enologici di inarrivabile potenza e longevità, come il Rocche dell’Annunziata di Castiglione Falletto Da Neive, accanto a capolavori di eleganza e finezza chiaroscurati e nervosi, come il Barbaresco Santo Stefano, senza dimenticare il Roero e i cru di Dolcetto come Basarin e Pinet, tutti diversissimi tra loro, ma a suo modo ciascuno espressione profonda del territorio di origine; e perfino sul fronte degli spumanti, Bruno Giacosa ha tracciato da antesignano una strada importante, creando un Extra Brut da Pinot Nero a tutt’oggi caposaldo della spumantistica regionale e nazionale. A lui, meticoloso professionista e sensibilissimo interprete, si sono affidati molteplici, selezionatissimi produttori di Langa, talvolta per un breve periodo, a volte generando sodalizi stabili nel tempo, che nemmeno l’infermità degli ultimi anni aveva interrotto. Resta il suo formidabile esempio di passione e tenacia, restano vini leggendari che a lungo susciteranno emozione nei fortunati che li berranno, resta l’ammirazione devota del popolo del vino che di diritto lo colloca nel Pantheon dei Grandi dell’Enologia Italiana.