Il volano della narrazione di un vino
Nel filone dell’intelligenza emotiva, ecco la comunicazione empatica.
Pubblicato il 05/04/2018
«Comunicazione è qualsiasi evento, cosa, comportamento che modifica il valore di probabilità del comportamento di un organismo», scriveva Paul Watzlawick. Tuttavia associamo la comunicazione alla parola che di questa è una componente, per di più minoritaria.
La comunicazione si muove lungo due assi: il primo, razionale, è centrato sulle funzioni logiche del pensiero e trova nella parola il principale veicolo; il secondo, denominato della comunicazione analogica o dell’inconscio, è la sede delle emozioni, dell’intuito, dell’immaginazione, della creatività, ed agisce prevalentemente attraverso strumenti non verbali e para verbali.
Per meglio descrivere il peso di ognuna di queste “due aree di comunicazione”, la metafora di Freud che paragona la mente umana ad un iceberg è assai efficace. La parte visibile non è che il 10% del totale, mentre il materiale sommerso oltre ad avere la dimensione più rilevante, è l’artefice degli spostamenti dell’iceberg in quando il flusso delle correnti marine è su di esso che ha maggiore influenza.
Appare evidente che puntare sul valore percentuale 10 della parola come elemento centrale della comunicazione, non consente di valorizzare quel patrimonio di potere del restante 90, dotato di sensibilità relazionali naturali in grado di cogliere ed orientare la direzione comunicativa con i nostri interlocutori.
La natura multisensoriale della degustazione offre questa opportunità, ovvero rivolgerci alla parte più profonda, utilizzando la parola verbalizzata, per far mutare più volte lo stato emozionale degli interlocutori durante lo stesso evento.
La comunicazione si muove lungo due assi: il primo, razionale, è centrato sulle funzioni logiche del pensiero e trova nella parola il principale veicolo; il secondo, denominato della comunicazione analogica o dell’inconscio, è la sede delle emozioni, dell’intuito, dell’immaginazione, della creatività, ed agisce prevalentemente attraverso strumenti non verbali e para verbali.
Per meglio descrivere il peso di ognuna di queste “due aree di comunicazione”, la metafora di Freud che paragona la mente umana ad un iceberg è assai efficace. La parte visibile non è che il 10% del totale, mentre il materiale sommerso oltre ad avere la dimensione più rilevante, è l’artefice degli spostamenti dell’iceberg in quando il flusso delle correnti marine è su di esso che ha maggiore influenza.
Appare evidente che puntare sul valore percentuale 10 della parola come elemento centrale della comunicazione, non consente di valorizzare quel patrimonio di potere del restante 90, dotato di sensibilità relazionali naturali in grado di cogliere ed orientare la direzione comunicativa con i nostri interlocutori.
La natura multisensoriale della degustazione offre questa opportunità, ovvero rivolgerci alla parte più profonda, utilizzando la parola verbalizzata, per far mutare più volte lo stato emozionale degli interlocutori durante lo stesso evento.
Lo scandire delle fasi nel gioco della degustazione, richiede al conduttore una sapienza nel guidare l’audience in questo viaggio sensoriale, offrendo coerenza attraverso il contenuto dell’esposizione. Entrare in empatia con i temi, e con il pubblico, è un’alchimia emozionale che si evidenzia con una stabilità fisica dell’audience e una dinamicità motoria del bicchiere. I comunicatori bravi (fortunatamente in FIS ne abbiamo tanti), surfano su queste emozioni, posizionandosi diametralmente all’opposto della monotonia espositiva di un prodotto agita su un testo predeterminato, grigio, asettico e monocorde.
Emerge dunque la necessità di dotarci di una cassetta degli attrezzi che contenga i principali strumenti per rendere efficace la nostra comunicazione; credo che questo debba essere l’obiettivo di ogni comunicatore del vino.
Tra gli strumenti disponibili uno dei più efficaci è l’uso della metafora che, inserita strategicamente nella narrazione, è in grado di bypassare velocemente le resistenze della mente razionale e di facilitare un accesso alla parte sommersa dell’iceberg dell’interlocutore, condizione che genera un senso profondo dell’esperienza non legato alla sola contingenza.
Dunque l’utilizzo delle metafore ed un contesto di comunicazione empatica, appaiono opzioni fondamentali per una nuova narrativa in grado di infondere Valore al prodotto vino, compito questo del sommelier di nuova generazione.
Emerge dunque la necessità di dotarci di una cassetta degli attrezzi che contenga i principali strumenti per rendere efficace la nostra comunicazione; credo che questo debba essere l’obiettivo di ogni comunicatore del vino.
Tra gli strumenti disponibili uno dei più efficaci è l’uso della metafora che, inserita strategicamente nella narrazione, è in grado di bypassare velocemente le resistenze della mente razionale e di facilitare un accesso alla parte sommersa dell’iceberg dell’interlocutore, condizione che genera un senso profondo dell’esperienza non legato alla sola contingenza.
Dunque l’utilizzo delle metafore ed un contesto di comunicazione empatica, appaiono opzioni fondamentali per una nuova narrativa in grado di infondere Valore al prodotto vino, compito questo del sommelier di nuova generazione.