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45° Forum della Cultura del Vino: il Lusso di stare insieme
Pubblicato il 07/07/2025
45° Forum della Cultura del Vino

Si è svolto sabato 5 luglio a Roma il 45° Forum della Cultura del Vino della Fondazione Italiana Sommelier, che, guidata da Franco Maria Ricci, dal 1965 è uno dei più grandi centri di Cultura del Vino del mondo.
I vari relatori si sono alternati ai microfoni toccando temi che hanno riscosso un grande interesse in una platea che ha raggiunto 1.600 presenze.

Primo Intervento
I Saluti del Presidente di Veronafiere
FEDERICO BRICOLO
FEDERICO BRICOLO

Tutti sappiamo quanto il vino sia un valore economico e sociale per il nostro Paese: stiamo parlando di 45 miliardi di euro tra impatto diretto e indiretto, l’1,1% del Pil, con 8,1 miliardi di euro di export, e quasi un milione di occupati in oltre 200.000 aziende. Ma fa anche parte della nostra storia e della nostra cultura, ha accompagnato la storia dell’uomo, collegandosi alle relazioni e alla socialità, dalla Bibbia ai giorni nostri, nei quali, tra l’esser presi dal lavoro e dai telefonini, forse il vero lusso sono proprio le relazioni di qualità. E non esiste un momento importante nella nostra vita che non sia festeggiato con un bicchiere di vino, e che ci fa apprezzare al massimo anche lo stare a tavola insieme. È anche grazie al vino che il mondo ci riconosce come eccellenza e anche grazie ai 3 milioni di persone che nei 60 anni della Fondazione Italiana Sommelier sono diventati sommelier diffondendo la cultura del vino italiano nel mondo, e che è fondamentale in questo momento di consumi in crisi. Dall’altra parte, guardando allo scenario dei dazi, sono convinto che l’ingegno italiano, grazie alla capacità di fare bene e di innovare delle nostre aziende, troverà il modo migliore per affrontare anche questa sfida meglio di altri Paesi, come abbiamo fatto in passato. Abbiamo davanti un futuro molto provante, ma anche sfidante, ma solo se il mondo del vino lo affronterà unito nella visione e nella promozione, avremo dei risultati.

Secondo Intervento
Il lusso del canto della Terra verso il Cielo

Teologo. Docente di Psicologia Generale e di Comunità alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Docente di Teologia alla Pontificia Università Gregoriana.

DON PAOLO MOROCUTTI
DON PAOLO MOROCUTTI

Gli attuali scenari internazionali confermano che, oggi più che mai, vivere la gioia delle relazioni e della fraternità è davvero un lusso. Ciò che dovrebbe essere la normalità, lo stare insieme, il condividere, il fare festa, la ricerca del bello e del buono che caratterizzano da sempre l’animo umano, sono sempre più un lusso raro e poco raggiungibile. Sono particolarmente grato di intervenire perché come “toscano-senese” il tema del vino non mi è per nulla indifferente. Parlare del vino come “canto della terra verso il cielo” (come diceva il maestro del giornalismo enogastronomico italiano Luigi Veronelli), che richiama alla Bibbia e alla cultura cristiana significa affrontare un viaggio affascinante tra storia, simbolismo, antropologia e spiritualità. Il vino, lungi dall’essere una semplice bevanda, rappresenta un vero e proprio filo rosso che attraversa le Scritture e la storia della Chiesa, legando la dimensione terrena a quella divina. E diciamolo subito, se c’è un elemento che mette d’accordo patriarchi, profeti, apostoli e anche qualche santo un po’ troppo austero, è proprio il vino, perché la fede, come il vino buono, va gustata con gioia e soprattutto insieme. Il vino, in questo senso, è segno tangibile della presenza di Dio nella vita quotidiana: dove si brinda, Dio c’è. Dal punto di vista antropologico, il vino è un elemento che unisce e che accompagna i momenti cruciali della vita: nascite, matrimoni, lutti. Anche nella Bibbia il vino è il compagno delle feste, dei banchetti, dei momenti di incontro. Dove c’è vino, c’è comunità. Vino che è una metafora potente della vita e come la vita va gustato con lentezza, senza fretta, assaporandone ogni sfumatura e va condiviso: da soli non ha lo stesso sapore.

Terzo Intervento
Il lusso della diversità

Giornalista e Scrittore

CARLO CAMBI
CARLO CAMBI

Dobbiamo partire dalla Georgia o dall’Armenia, quella mezzaluna di montagne di straordinaria bellezza purtroppo oggi confinate ai margini del mondo dalla guerra. Si parla tanto della guerra in Ucraina e a Gaza, ma non si parla per niente del genocidio armeno, che è stato il primo della storia e tuttora si perpetua. Sotto i morti dell’Armenia, vive l’origine della vite. Quel vitigno Areni, che è il più celebre tra i vitigni rossi armeni, che noi conosciamo appena, è stato il progenitore di tutti i vitigni, come lo sono tutti i vitigni georgiani. In Italia abbiamo oltre 750 vitigni iscritti all’albo, in Georgia ce ne sono 560, vuol dire che probabilmente la prima mutazione della Silvestris in Vinifera avviene all’ombra dei Monti Sacri e da lì ripartono alcuni pezzi del germoplasma che si incontrano con le altre regioni del mondo e con le altre civiltà. Il vino è, del resto, la manifestazione più evidente del carattere degli uomini, perché la Madre Terra lo genera e il contadino ne fa il carattere. E se ci avventurassimo a leggere il percorso che la vite ha fatto nella Penisola italica e nelle isole, come ha fatto il professor Attilio Scienza, tra i massimi esperti di viticoltura, chi ci dice che non avessimo già un patrimonio viticolo e che la migrazione della vite non fosse iniziata prima del suo arrivo con i fenici nella Magna Grecia e nelle colonie siracusane quando l’Italia aveva un’altra conformazione? Ma c’è una grande diversità, questo sì, mi lascia più perplesso la definizione di autoctono e capire da quando un vitigno lo è diventato, meglio parlare di vitigni che risiedono in un certo areale e si sono sviluppati ottenendo i massimi tipi. A determinare la biodiversità e la ricchezza del nostro patrimonio vitivinicolo è in larga misura la diversità enorme del territorio del nostro Paese e la diversità enorme di abitudini di coltivazione della vite che nel corso dei millenni sono state realizzate. E se questo ci spiega dal punto di vista fenomenologico il perché della diversità, alla ragione profonda che ha condotto gli uomini a sperimentare vigneti e vitigni diversi, come in Italia ed in Georgia laddove il vino assume il massimo valore culturale e la massima diversità, la risposta me l’ha data lo stilista Gianfranco Ferrè, rispondendo alla mia domanda che cosa è il lusso: disporre del proprio tempo. Allora mi sono chiesto, ma non è che questi contadini arcaici avevano un enorme problema, e cioè che dopo un po’ di tempo il vino che avevano prodotto non era più buono, ed è quindi qui che entra in gioco il lavoro tecnologico. Il concetto di tempo di Dioniso, il cui segreto era liberare l’uomo dalla dimensione corporale e dall’ossessione del tempo, e di Sant’Agostino, attuale più che mai visto che Papa Leone XIV è agostiniano, e il cui problema principale nelle “Confessioni” è proprio il tempo, la cui dimensione è una sola, l’eternità che è solo Dio, mentre esiste il presente del passato, il presente del presente, il presente del futuro. Ecco, voi prendete una bottiglia: ci troverete dentro il presente del passato, e cioè la passione, il presente del presente, e cioè la soddisfazione, e il presente del futuro, e cioè la proiezione verso la gioia perché domani ci sarà un’altra bottiglia. Infine, secondo Aristofane, gli uomini quando bevono vino preservano gli amici, vincono le cause, fanno buoni affari e sono felici, e secondo Marsilio Ficino, l’anima non esiste in natura, ma è necessario che la materia incontri l’anima, e quando questo avviene il risultato è la bellezza, ovvero, il grado di qualità.

Quarto Intervento
Il lusso della vigna

Co-Founder Ceo Vine Master Pruners Simonit & Sirch 

MARCO SIMONIT
MARCO SIMONIT

La formazione è un aspetto fondamentale che arricchisce, crea essa stessa cultura, posti di lavoro ed economia (slide di un albero di vite di cui è difficile dire se sia Silvestris o Vinifera e l’età, essendo in mezzo ad una foresta). Osservandola possiamo dedurre che non ha avuto rapporti con l’uomo per molti anni. Un uomo che come Noè, il primo uomo a coltivare la vite sul Monte Ararat e a produrre vino, ha deciso di scegliere nemmeno un territorio, ma un luogo dove piantarla e produrre un “vino di luogo”, che fa la differenza perché per fare un luogo ci vogliono tempo, un uomo, una comunità che nel tempo vive in quel luogo, e quel luogo decide la genetica, una varietà o la mescolanza di varietà. Ma anche una forma, un’architettura della vite, specifica ed adatta a quel luogo, alla sua morfologia, al suo microclima, al suo ecosistema, e che è il risultato di un approccio artigianale frutto della creatività dell’uomo, e che nel tempo diventa resiliente grazie alla connessione con l’ambiente. Ho la fortuna di lavorare in molti distretti del vino del mondo, dove si fanno vini anche di valore molto alto, e vi posso assicurare che uno degli aspetti che i produttori hanno a cuore è la durata delle loro piante, perché nel tempo i caratteri unici dell’uva si riversano nel vino e si producono vini dal “carattere di luogo”. Quindi il tempo perché le vigne possano invecchiare, è uno degli elementi più importanti per fare vino di qualità. E il fatto è che la vite in natura, non fa vino, ma c’è bisogno dell’uomo, il cui rapporto con la vigna si è evoluto, e soprattutto negli ultimi 40-50 anni è diventato più difficile per la pianta della vite, per cui c’è bisogno dell’approccio anche industriale che può convivere benissimo con quello artigianale. Il mio mestiere è proprio quello di aiutare gli uomini ad aver un buon rapporto con le piante di vite, ed aiutare la vite a sopportare gli uomini, e far sì che la loro resilienza non si vanifichi. O non fai più un vino di luogo, ma di stile”, come lo “stile maison” che, dalla Champagne alla Borgogna e a Bordeaux, ci sta e può unirsi nel fare vini di luogo. Noi abbiamo bisogno di conservare il nostro patrimonio viticolo e per fare questo abbiamo bisogno di formazione e di trasmettere sapere, investendovi, perché questo vuol dire prendersi cura di qualcosa che ha caratteristiche uniche e che, con il tempo e il saper fare artigianale, assume valore.

Quinto Intervento
Il lusso della cantina

Enologo, Oscar del Vino migliore Enologo 2019

BARBARA TAMBURINI
BARBARA TAMBURINI

Ho il lusso di fare la professione di enologo, che è la cantina, che accoglie e raccoglie il frutto non di un anno di lavoro, ma di anni di lavoro di interventi che si fanno in vigna e il cui risultato si vede poi in cantina, con il tempo. In cantina si ha il compito di trasformare, quindi si deve avere ben chiaro tutto il progetto per arrivare a ottenere un risultato qualitativo importante, fino ad arrivare all’imbottigliamento. E, quindi, la cantina è conoscenza, e implica la necessità di conoscere un territorio ed i suoi vitigni, che sono un patrimonio unico da valorizzare in ogni singolo territorio, in ogni singola azienda. Le tecniche di cantina sono molto importanti, e nel tempo si sono volute, fino a poter parlare, oggi, di conoscenza e scienza che ci hanno permesso raggiungere livelli di eccellenza, per ottenere il miglior risultato in ogni singola annata. Ma senza dare mai niente per scontato, e qui entra in gioco l’arte del sapere per dare vita ad una creatura, che è il vino, capace di essere la migliore espressione di un’annata, di un territorio, di ogni singola cantina, sintesi della vocazione di un luogo e della tradizione aziendale, ma che va valutata sempre guardando al futuro. Che vuol dire anche seguire l’evoluzione del gusto del consumatore, che non significa andare a modificare l’identità aziendale, ma essere in una situazione che ci dà la possibilità di modificare i dettagli. Il vino è come un’opera d’arte e le cantine sono “templi dell’enologia”, architetture belle e futuriste, dove la forma diventa sostanza, e dove l’estetica si fonde con la funzionalità. Ma dove per produrre un grande vino bisogna avere ben chiaro un concetto, e avere il lusso di non dare mai niente per scontato di fronte ad ogni nuova annata, come se fosse la prima volta, e far sì che ogni nuova annata arricchisca il proprio bagaglio di esperienze e conoscenze, che ci permette di curare ogni dettaglio che è ciò che fa la differenza nella ricerca di quell’eccellenza del vino italiano che portiamo sulle tavole del mondo.

Sesto Intervento
Il lusso di un viaggio: dal bisogno al desiderio

Imprenditore, Produttore e Scrittore

OSCAR FARINETTI
OSCAR FARINETTI

Per definire il concetto di lusso bisogna ricorrere all’Antica Grecia, a Platone e Aristotele, che Raffaello mette al centro della sua Scuola di Aten”, il primo con il dito rivolto verso il cielo e l’altro con il braccio verso la terra. Platone dice che il lusso è l’ostentazione della ricchezza che può corrompere l’anima portando alla perdita delle virtù civiche. Aristotele ha una visione più ottimista, e ci dice che è espressione di eccellenza e magnificenza, ma in modo misurato, e che è giusto se finalizzato al bene comune. La certezza è che il lusso è un desiderio e non è un bisogno. Al centro del modello sociale in cui noi viviamo che è la società dei consumi c’è il prodotto, e il suo percorso che lo ha visto passare dall’area dei desideri a quella dei bisogni, nel minor tempo possibile, diventando una commodity. Il vino, invece, è tra quei pochissimi prodotti che hanno fatto il percorso inverso, passando dall’area dei bisogni a quella dei desideri, se si pensa a quanto in passato era inimmaginabile sedersi a tavola senza vino, a quanto si beveva, di più bassa qualità e a poco prezzo. Attraverso tutta una serie di mosse siamo riusciti a fare del vino un desiderio, e oggi possiamo dire che è entrato nella sfera del lusso, ma solo se la sua immagine è quella aristotelica. E perché la sua produzione sia finalizzata al bene comune, dobbiamo lavorare, prima di tutto, nell’ottica della salute delle persone e della terra in cui facciamo nascere il nostro vino, e io sono tra quelle persone che pensano che tutta l’agricoltura italiana debba essere biologica. Seconda cosa è l’equa distribuzione della ricchezza tra tutti gli attori che concorrono a creare e a promuovere il vino, dal proprietario ai collaboratori in campagna, dai fornitori ai divulgatori, dai consulenti al consumatore finale al quale dobbiamo offrire un prodotto sano ed eccellente ad un prezzo sostenibile, che non vuol dire basso perché tecnicamente non può esserlo, ma magari rinunciando ad altri beni di altri settori a cui siamo appassionati.
Farinetti ha concluso disegnando alla lavagna  “Il Terzo Paradiso” di Michelangelo Pistoletto, ossia “il segno dell’infinito con l’aggiunta al centro di un cerchio più grande, con il quale il grande artista vuol dirci che se riusciamo a mettere insieme due paradisi, ne possiamo creare un terzo che sia il più importante di tutti, come il vino, frutto della Natura e della Tecnologia”.

Oscar Farinetti
45° Forum della Cultura del Vino
Settimo Intervento
Il lusso della parola

Presidente del Comitato Scientifico della Scuola di Alta Formazione della Fondazione Italiana Sommelier

DANIELA SCROBOGNA
DANIELA SCROBOGNA

Oggi,si comunica il vino con atteggiamenti che con il vino non hanno nulla a che fare, soprattutto se si vuole avvicinare i giovani al vino, ed è assurdo se penso a quanti giovani frequentano i nostri corsi nella nostra Scuola in cui si fa uso della parola. Oggi anche la parola è un lusso, perché siamo in un’epoca dominata dalla comunicazione rapida, superficiale, spesso ridotta a frammenti di messaggi mediati, l’uso consapevole della parola si rivela l’antitesi della banalità. Parlare bene, oggi, non è solo competenza, è un bene prezioso e un atto culturale, un vero e proprio lusso non nel senso effimero del termine, ma come risultato di un percorso formativo in ambienti stimolanti e a continuo contatto con strumenti culturali. Significa esprimere noi stessi e ciò che pensiamo. La parola diventa, così, strumento di autentica comunicazione, di persuasione, di fascinazione. Il sociologo Pierre Bourdieu diceva che il linguaggio ha anche un potere simbolico, chi parla bene non solo comunica ma domina. Parlare bene, aggiungeva, non è solo un’abilità, ma una forma di capitale culturale per indicare quell’insieme di conoscenze, competenze e stili di comunicazione che contribuiscono a una forma di ricchezza non materiale, ma profondamente influente sui livelli della società. In questo contesto si inserisce il lavoro della nostra Scuola che si propone non solo come luogo di formazione tecnica, ma soprattutto come vera fucina culturale. Qui, saper parlare di vino non significa semplicemente descrivere un profumo o un sapore, ma raccontare storie, evocare territori, educare alla bellezza, offrendo l’opportunità di sviluppare le proprie passioni e aspirazioni, trasformandole in occasioni professionali, dando quegli strumenti indispensabili per competere nel mercato del lavoro, un passaggio obbligato anche per diventare veri e seri professionisti nella comunicazione enogastronomica. Significa, sviluppare il pensiero critico e la capacità di analizzare profondamente i prodotti della terra. Ma la parola deve essere semplice nei concetti, ma capace di farsi comprendere, senza mai rinunciare alla profondità. Perché parlare bene significa pensare bene, significa trasmettere cultura, creare bellezza, dare dignità a ciò che diciamo. E nel mondo del vino, come in ogni ambito della vita, il lusso della parola può fare la differenza.

Ottavo Intervento
Il lusso di vendere il vino bene

Docente di Marketing del Vino alla Scuola di Alta Formazione della Fondazione Italiana Sommelier

GIOVANNI LAI
GIOVANNI LAI

Tutto ciò che è stato detto vale anche, e specialmente, nell’atto della vendita del vino che è un atto di grandissima responsabilità e che, non è solo marketing, ma ha tre diverse dimensioni: la responsabilità sociale, economica e anche filosofica. Con i primi siamo chiamati a trasferire il valore del vino che non è solo economico, ma anche sociale e culturale, in quanto strumento di socialità e dello stare insieme. L’aspetto filosofico lo lego al racconto delle sue caratteristiche e della bellezza dei territori in cui nasce come “opera d’arte liquida” che ognuno di noi fa a suo modo, ma con metodo appreso grazie alla formazione, e che va comunicato al consumatore finale facendoli ben comprendere cosa c’è dietro ad una bottiglia di vino e perché questo prodotto ha un certo prezzo, il cui valore va oltre il costo di mercato. E facendo in modo anche che l’acquisto non sia un semplice impulso o uno status symbol, ma un’esperienza legata anche al valore del tempo di un prodotto che può competere con il tempo, rappresentando magari anche un investimento. Per me questo vuol dire saperlo comunicare, ma anche saper “distribuire” il valore del vino, che è legato anche alle emozioni che può regalare alle persone”.

Nono Intervento
Il lusso della buona salute

Medico Specialista in Medicina Interna PhD Fisiopatologia del Metabolismo

SARA FARNETTI
SARA FARNETTI

Altro tema che oggi, in un trend di salutismo crescente, entra in gioco ed influisce nei consumi e nelle vendite del vino è la salubrità. Io che sono un medico devo difendere la salute delle persone, ma, a volte, anche noi medici che siamo più indipendenti, facciamo fatica a pensare ma il vino perché fa male? È l’alcol, che è tossico e cancerogeno, e in eccesso fa male, ma il vino non è come il resto degli alcolici, ma l’alcol nel vino c’è. Nella storia del vino abbiamo, però, imparato a gestire il suo grado alcolico, per far in modo di poterlo bere, sempre con moderazione ovviamente. Ma non possiamo nemmeno per una minoranza che esagera con l’alcol compromettere un prodotto che è la storia del nostro Paese e non solo, e qui entra in campo la cultura perché saper comunicare bene il consumo consapevole di un prodotto di qualità è fondamentale, del vino come di tutti gli altri alimenti che lo accompagnano. E spiegando che, oggi, abbiamo il lusso di poterlo bere in modo consapevole e di poter scegliere quanto berlo, a differenza di altre sostanze dalle quali non possiamo, invece, difenderci, perché sono dappertutto. Di fronte alle “accuse” rivolte in tal senso al vino, dovreste dire che il suo modo di berlo permette di diffondere proprio il consumo consapevole, moderato ed intelligente, e noi italiani nel fare questo siamo i più bravi al mondo. Questo per ribadire che la protezione della salute nasce dalla cultura e dalla scienza, che - ha spiegato ancora la dottoressa - ci permettono di conoscere anche i benefici di sostanze come per esempio, i polifenoli, che sono presenti nel vino. E di eliminare la distanza tra i concetti di salute e di benessere, che dobbiamo, invece, combinare, perché la “longevità sana”, oltre al fatto di essere vivo e senza malattie, è legata anche alla felicità e quindi al piacere.

Decimo Intervento
Il lusso di un Vinitaly del futuro

Direttore Generale di Veronafiere 

ADOLFO REBUGHINI
ADOLFO REBUGHINI

Nel futuro l’obiettivo è trasformare il rapporto cliente-fornitore verso la partnership, che vuol dire attivare tutti quei meccanismi di ascolto, ed essere una piattaforma di contenuti, tendenze, tecnologia e prodotti, e che si forma, che studia, che analizza il mercato e che ha anche la responsabilità di fare formazione. Che è fondamentale per aprire nuovi mercati, dove non basta semplicemente spedire una cassa di vino, e guardarli solo dal punto di vista commerciale, ma per conquistare i quali è necessaria una policy basata sulla responsabilità che è quella di far conoscere il nostro incredibile patrimonio di diversità, con il supporto anche della tecnologia e dei dati, che sono sempre più alla base della credibilità e dell’autorevolezza delle grandi fiere come Vinitaly.

Undicesimo Intervento
Il lusso della sostenibilità

Prefetto. Presidente dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale 

STEFANO LAPORTA
STEFANO LAPORTA

Oggi più che mai il vero lusso è la lungimiranza, cioè la capacità di fare scelte che rispettino il termine della natura, le risorse della terra, il diritto dei nostri figli e delle generazioni future a vivere in un ambiente sano, secondo il “Rapporto sul Clima del Sistema Nazionale per la Produzione Ambientale” 2024 che abbiamo presentato in questi giorni, l’anno scorso è stato ancora una volta l’anno più caldo in assoluto degli ultimi 30 anni, più 1,33 gradi centigradi in media di aumento della temperatura. È in gioco il futuro del nostro pianeta? La terra in qualche modo sopravviverà; è sopravvissuta alle glaciazioni e a tante altre cose. Quello di cui non siamo certi è se sopravviverà l’essere umano, la natura, le specie animali. Come Istituto siamo impegnati ogni giorno a raccogliere i dati, ad analizzare i fenomeni, a orientare le politiche pubbliche perché mettano l’ambiente al centro. Il settore vitivinicolo è uno dei campi in cui questa sfida si manifesta con maggiore evidenza, parliamo di un comparto strategico per l’Italia e per l’Europa. Tra il 2020 e il 2025 l’Unione Europea ha prodotto una media di oltre 157 milioni di ettolitri di vino all’anno, oltre il 60% della produzione mondiale, e l’Italia è il primo produttore dell’Unione davanti a Francia e Spagna. I nostri vini sono ambasciatori dell’eccellenza italiana nel mondo grazie ad un progresso straordinario in termini di qualità, di innovazione e di internazionalizzazione. Mi viene in mente una frase del poeta e diplomatico francese, Paul Trudel: “il vino è la risposta della terra al sole”. Un’immagine poetica, un po’ romantica, ma che racchiude ciò che dobbiamo riconquistare, e cioè il legame profondo tra natura, clima, suolo e prodotti finali. Il vino non è soltanto una merce o una bevanda, è patrimonio culturale, è l’identità delle comunità, fattore di coesione dell’economia dei territori, è anche un vettore di base, se lo vogliamo considerare anche in questa eccezione. È cultura materiale e simbolica insieme, è spettro della nostra storia e anche della nostra biodiversità. E qui devo darvi altri dei nostri dati più recenti, secondo i quali, però, nel corso degli ultimi anni, registriamo una riduzione della disponibilità all’anno d’acqua del 18,4% sulla media storica. Il consumo di suolo procede a un ritmo ancora troppo elevato, 20 ettari al giorno. Gli incendi boschivi nel 2024 hanno colpito più di 500 kmq di superficie del nostro Paese. E gli insetti impollinatori sono oggi più che mai in pericolo e la loro scomparsa rappresenta una minaccia non solo ecologica, ma anche economica, se si pensa che il servizio di impollinazione animale alle colture agricole ha un valore stimato di 2,5 miliardi di euro in Italia e 22 miliardi in Europa. La sicurezza climatica è una priorità e osserviamo anche una forte capacità di reazione. L’Italia sta cambiando. Lo vediamo ogni giorno nelle aziende che scelgono le tecniche agronomiche a basso impatto, che investono nell’efficienza idrica, che digitalizzano il monitoraggio del sole e del microclima. E allora cos’è che vediamo davvero con l’uso della sostenibilità? Dal mio punto di vista significa soprattutto un passaggio naturale, e cioè vedere la sostenibilità non più come un costo, ma come un valore, una cultura condivisa. Significa scegliere la qualità che nasce dal rispetto, trasformare ogni gesto, dalla vigna alla bottiglia, in un atto di tutela verso il paesaggio, le risorse e le nostre comunità. E considerare ogni ettaro salvato dal cemento e ogni goccia d’acqua risparmiata un investimento per il nostro futuro. A livello europeo la recente proposta della Commissione Ue per sostenere il settore di vitivinicolo è un segnale importante, ma va guidata, migliorata, orientata, in coerenza con l’interesse nazionale e con i valori della potenza ambientale. E l’Italia, come primo produttore di vino, ha il diritto e il dovere di essere protagonista. Alcune azioni che possano essere decisive sono investire nell’adattamento climatico, nella ricerca di varietà resistenti, nell’agricoltura di precisione. E poi sostenere le comunità rurali, i giovani agricoltori e le aziende familiari. Proteggere la biodiversità. Utilizzare i vitigni autoctoni e i saperi locali. Integrare l’agricoltura nelle strategie per la transizione ecologica e per la sicurezza alimentare. I vigneti italiani non sono solo superfici produttive, lasciatevi dire che sono monumenti culturali diversi. E preservarli significa costruire il nostro futuro, la nostra economia, la nostra identità. Ogni prodotto della terra, soprattutto nel nostro Paese, racconta una storia. E quella storia, queste storie che sono le nostre, devono essere anche le storie di un’Italia che ha scelto di essere giusta, consapevole e sostenibile.

Dodicesimo Intervento
Vinitaly e Fondazione Italiana Sommelier: il lusso di stare insieme

Presidente di Fondazione Italiana Sommelier e di Worldwide Sommelier Association

FRANCO MARIA RICCI
FRANCO MARIA RICCI

Signor Presidente di Veronafiere, amici Produttori e carissimi Sommelier, grazie per essere stati presenti, grazie agli oratori di aver ben rappresentato il momento storico che il vino, nostro futuro e speranza, testimonia oggi con la sua ricchezza culturale. A conclusione di questo 45° Forum, possiamo ben dire che è stata la Cultura a renderci liberi e a regalarci “i migliori anni della nostra vita”.
In questi anni, la Cultura ha dato un valore al tempo che abbiamo dedicato ai nostri incontri di grande spirito internazionale. Soltanto l’aspetto culturale, la deontologia e la serietà dell'impegno possono trasmettere la fiducia e la sicurezza di poter formare una Nazione ricca della sua stessa ricchezza. È davvero arrivato il momento di parlarne a scuola con i giovani, lo affermiamo da tempo. Di tentativi ne abbiamo fatti: ODG approvati alla Camera, Progetti di Legge, ma non sono mai arrivati al traguardo.
Oggi, proviamo ancora una volta a sensibilizzare quanti, come noi, credono ancora nella possibilità di riuscire a realizzare questi sogni.
Vinitaly e Fondazione Italiana Sommelier hanno reso possibile chiamarla Cultura, la Storia del Vino d'Italia. 
Questo concetto lo abbiamo ben evidenziato, perché il percorso che hanno fatto insieme - Vinitaly e l'Associazione - poi Fondazione - nei nostri 60 anni è stato fondamentale per la storia e la cultura del Vino d'Italia.
È quasi una celebrazione poter rileggere il cambiamento di questi lunghi anni nel magnifico successo di oggi di Vinitaly e Fondazione Italiana Sommelier nelle Regioni d'Italia e nei Paesi del Mondo.
È solo di pochi giorni fa la richiesta dalla nostra Presidenza di Thailandia di svolgere per il prossimo Ottobre un Corso di 24 lezioni esclusivamente sul Vino Italiano nella città di Bangkok.
A questo percorso abbiamo dedicato il nostro 45° Forum.
Oggi, e da molti anni, il Vino ha superato le barriere della qualità raggiungendo valori eccezionali. Non ce lo aspettavamo perché non avevamo ancora capito quale potesse essere il confine della piacevolezza, forse non se lo aspettava neppure chi questa qualità la produceva.
Il vino è salute, è brindisi, è cultura da gustare. Il vino si beve col cuore.
Il verde delle vigne copre il nostro Paese e trasmette serenità anche al Paese che oggi viene funestato da un tempo di venti di guerra. Una protezione, Signori Produttori, che avete costruito con un lusso meraviglioso, un dono incancellabile.
La Vigna e la Cantina hanno permesso di amplificare l'amore per la Terra del Vino.
I dazi, l'alcol test, il vino dealcolato, incontriamo ostacoli che ci preoccupano per la vendita nazionale e internazionale ne incontrammo diversi nel passato come quello molto grave del metanolo nel 1986.

Non so quanto i dazi porteranno veramente a rallentare le nostre attuali vendite, quali saranno le misure e quali di queste saranno sopportabili. Il mondo chiede il Vino Italiano, lo ama, lo desidera, lo brama: potrà essere questo il toccasana per queste angherie.
Parte delle problematiche del vino in atto negli anni le abbiamo risolte con il sapere, attraverso i corsi di qualificazione professionale per Sommelier, insegnando "chi conosce il vino sa quale è limite" anche se, di fatto, personalmente lo ritengo in parte un falso problema, perché tutti noi abbiamo a disposizione il tempo necessario per annullare la presenza dell'alcol all'uscita del ristorante.
Il vino dealcolato dobbiamo attrarlo a noi, farlo nostro, considerandolo un argomento non da aggredire ma da trattare, perché dovrà essere materia di lavoro per i Produttori di qualità. Facendo attenzione a non farcelo scippare dalle bibite e dai succhi di frutta. C'è poi un Turismo del Vino che ha donato alla gente il piacere di conoscervi ed apprezzarvi, cari Produttori.
Vi ha permesso di raccontare il vostro lavoro e infondere sicurezza, vi ha permesso con una stretta di mano di far sentire il vino più buono, perché avete mostrato il valore del vostro lavoro.
Il vino vale il viaggio e diventa il lusso del lusso del vino. Il vino è il resort delle "Camere su Vigna" per un altro abitare, un condominio di lusso per uno spazio del piacere. Una Guida che cambia l'Italia. Un’Italia che non c'era.

Il Turismo del Vino con i suoi 18 miliardi di fatturato ha sbalordito gli amanti del Pil che lo controllano per sapere dell'Italia che cresce.
Adesso chiudiamo baracca e burattini, come si diceva una volta, e torneremo nelle nostre Vigne a lavorare, nelle nostre Aule a insegnare il Vino e torneremo a fare Vinitaly... 
Ma una cosa è certa: il Vino ci darà ancora la possibilità di farci parlare di lui al prossimo Forum, e continuerà ad essere sempre la compagnia garbata della nostra vita.
 

45° Forum della Cultura del Vino
45° Forum della Cultura del Vino

Al termine del Forum sono stati intronizzati circa 400 nuovi Sommelier provenienti dal 77° Corso di Roma, dal 1° Corso di Roma Eur, dal 6° Corso del Gioberti, dal 15° Corso di Grottaferrata, dal 21° Corso di Frosinone, e inoltre, i Sommelier, i Sommelier dell'Olio e i Barman del Corso ITS.
Contemporaneamente è iniziata la grande degustazione di oltre 200 aziende espositrici al Vinitaly. In degustazione anche due birre speciali, servite alla spina, la Sansone e la Scocca Special, realizzate da Padre Daniele Randazzo nel Birrificio Artigianale di tradizione Francescana Due Fusti

Consegna Diplomi
Franco M. Ricci, Padre Daniele Randazzo, Paola Simonetti

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