Baratili San Pietro, Zeddiani, San Vero Milis, Solarussa, Cabras, Simaxis… Siamo al limite settentrionale della vasta pianura alluvionale che si estende dal golfo di Cagliari a quello di Oristano. Un angolo di Sardegna sconosciuto ai grandi flussi turistici. Non lontano la selvaggia Penisola del Sinis, territorio variopinto e suggestivo dove si incontrano zone umide, spiagge di quarzo, alte falesie e dune di sabbia finissima. Una successione di colori e profumi in un ambiente naturale unico, impreziosito dalla presenza di una vegetazione tipicamente mediterranea di rara bellezza e di una fauna ricca e variegata. Di rilevante interesse lo Stagno di Cabras, ecosistema palustre di importanza internazionale, attorno al quale per molto tempo si è organizzata e sviluppata la vita economica e sociale degli abitanti della zona. Siti di estremo interesse naturalistico ed archeologico si alternano, nell’immediato entroterra, ad aree in cui sono più evidenti le trasformazioni operate dall’uomo con le attività agricole e le bonifiche. Luminose testimonianze di tempi lontani sopravvivono nelle tradizioni della gente del luogo. In cucina la ricetta del muggine “Sa Merca” (muggine di Cabras avvolto in erbe lacustri e lasciato a macerare in acqua salata), pietanza tradizionale dei pescatori, sembra avere origini di gran lunga anteriori all’arrivo dei Fenici. Nella “Corsa degli scalzi”, suggestiva rievocazione religiosa in occasione della Festa di San Salvatore, sopravvivono invece, tra polvere e sudore, gli echi di lontane invasioni saracene.
Paesi di pescatori ma anche pastori e agricoltori. Antica in questo territorio è la Vernaccia: in questa regione dove le origini della viticoltura si perdono nel tempo il vino, bevanda essenziale nella quotidianità del pastore e del contadino, può essere ben rappresentato da quello che può forse essere considerato il più famoso dei vini di Sardegna. Le origini di questo vitigno, probabilmente già presente sull’isola prima della conquista catalano – aragonese, sono avvolte nel mistero. Secondo alcuni introdotto dai Fenici, fondatori della vicina città di Tharros. Anche sull’etimologia del nome non c’è certezza: senza dubbio il riferimento è ad un termine comune (dal latino “vernaculus”, cioè indigeno, del luogo) usato per diverse varietà presenti sul nostro territorio ma del tutto dissimili dalla Vernaccia sarda.
Chiamato nel dialetto oristanese anche con il nome spagnolo di “Garnaccia” o “Crannaccia” questo vitigno, dal grappolo medio-piccolo e dagli acini piccoli e tondi, di buona produttività, predilige i terreni alluvionali freschi e profondi della bassa Valle del Tirso, costituiti da materiali di disgregazione rocciosa. Suoli riferibili principalmente a due tipi: “Gregori” e “Bennaxi”: i primi, caratterizzati da un colore bruno-giallastro chiaro, contengono scheletro fino al 60 %, mentre i secondi non presentano scheletro e sono dotati di ottima fertilità naturale tanto da essere classificati da alcuni studiosi fra i migliori suoli della Sardegna. La particolarità di questo vino, il primo riconosciuto nell’Isola a Doc (D.P.R. 11 agosto 1971), sta nel caratteristico processo di lavorazione. Infatti dopo la spremitura soffice delle uve il mosto fiore viene messo a maturare in botti di rovere o di castagno senza colmarle. In queste condizioni avviene la risalita dei lieviti in superficie con la formazione di un velo sottile, il “flor”, responsabile dell’invecchiamento della vernaccia. Il flor sviluppatosi sulla superfice del vino, grazie al suo metabolismo e in presenza dell’ossigeno presente nello spazio vuoto della botte, contribuisce a formare l'aroma tipico della Vernaccia che quando è particolarmente intenso viene definito “murruai” (termine che si pensa abbia origine dai Romani, che usavano la mirra per profumare il vino). Raggiunto un determinato spessore il velo scende in profondità depositandosi sul fondo della botte contribuendo così a rendere limpido il vino. Purtroppo la crisi che negli ultimi anni ha colpito questo prodotto ha costretto molte aziende a destinare la gran parte delle uve alla vendita di vino sfuso; alla Vernaccia di Oristano si sono inoltre aggiunti altri prodotti più leggeri e di più facile consumo volti a soddisfare le nuove richieste del mercato. Tra i vari produttori che continuano fermamente a credere nella Vernaccia, i Fratelli Serra, nel comune di Zeddiani, riescono a proporre, soprattutto nelle versioni più invecchiate, prodotti di assoluto fascino e valore. Fondata all’inizio del secolo da Giovanni Antonio, nonno degli attuali proprietari, l’Azienda vitivinicola F.lli Serra nel corso degli anni è riuscita, grazie all’ausilio di nuovi impianti e tecnologie produttive, a raggiungere uno standard qualitativo di assoluto rilievo, avvalendosi anche del sostegno della Facoltà di Agraria dell’Università di Sassari. L’azienda, alla cui conduzione ci sono oggi Gianni e il cugino Alberto, possiede 12 ettari di vigneto coltivato a controspalliera di media espansione (in maniera da sollevare i grappoli dal terreno ed evitare così che il calore irradiato dal terreno influisca negativamente sulla composizione dell’uva). Il sistema di potatura adottato è il “Guyot classico” modificato però in alcuni casi in base alle diverse condizioni ambientali e al vigore della vite. Le botti di castagno per l’invecchiamento della vernaccia hanno una capacità che varia da 3 hl a 7 hl e vengono scolmate per 1/5 per favorire la risalita dei lieviti e la formazione del flor in superficie. L’invecchiamento dura tre anni per la tipologia “superiore” e almeno quattro per le “riserve”. La temperatura dei locali di maturazione è compresa fra 15° C e 25° C (con un optimum intorno ai 20° C). In azienda si producono circa 25.000 - 30.000 litri di Vernaccia all'anno . La maggior parte viene venduta sfusa per il consumo locale , la rimanente viene imbottigliata. La produzione totale si aggira intorno alle 10.000 bottiglie annue, di cui circa 1500 di Riserva e il resto distribuito tra Vernaccia della Valle del Tirso e Kora Kodes, interessante rosso da uve Cabernet Sauvignon e Merlot.
La Vernaccia di Oristano Riserva 1999 dei Fratelli Serra è emblematica e pienamente rappresentativa della grandezza di questo vitigno. Nel bicchiere il colore è tra l’ambra e il mogano con luminosi riflessi oro carico e sfumature ramate. Limpido, al naso si presenta intenso e molto complesso con riconoscimenti di confettura di arance, fichi caramellati, orzo e camomilla. In bocca è secco e abbastanza tannico, caldo, con ritorni di orzo e camomilla. Intenso, sfuma lentamente con buona sapidità in un finale asciutto lasciando un delicato ricordo di miele di corbezzolo, mandorle e datteri. Vino destinato sicuramente nel tempo a guadagnare in complessità e armonia. Da dimenticare in cantina per tantissimi lunghi anni. Eccellente da solo o in abbinamento con la tradizionale pasticceria secca a base di mandorle. Vino difficile ma prezioso. Nel suo colore antico e nei suoi profumi l’espressione della Sardegna più autentica.