Vito Catania è ben conosciuto oltre i confini della sua isola. La Sicilia, come evidentemente suggerisce il nome in un legame talmente diretto da instillare il dubbio che si tratti di un false friend, una di quelle trappole di senso in cui noi italiani cadiamo facilmente quando parliamo inglese. Evidentemente siciliani, geneticamente e culturalmente, sono però anche i suoi vini. E volendo essere romantici lo è la filosofia dalla quale nascono, o più pragmaticamente il concept di ogni prodotto che esce dalla cantina Gulfi.
Portabandiera di questa produzione che si concentra a est dell’isola, tra i vigneti e i rinomati cru dei Monti Iblei, della Val di Noto e dell’Etna, è il Nero d’Avola, per lo più coltivato secondo tradizione, ad alberello e raccolto a mano. Dal sole che domina su una terra quasi sempre assetata, il produttore e l’enologo Salvo Foti hanno tratto il meglio costringendo la vite a lavorare in profondità per trovare il nutrimento e la ricchezza che ci sarà restituita in ogni bicchiere. E fin dal principio, dal 1996, hanno anche scelto di aiutare la coltivazione nel modo più antico e naturale: “con letame e solo letame” sottolinea Vito Catania. Nessun diserbante o fertilizzante; agricoltura biologica insomma. Appena fuori da questo schema, ma solo per un’innovazione tecnologica mutuata dalla Borgogna e finalizzata alla semplificazione della raccolta, è il NeroJbleo, Igt Nero d’Avola in purezza che viene dai 4 ettari di Vigna Coste, nel territorio di Chiaramonte Gulfi, Ragusa. A 420 metri sopra il livello del mare, su un terreno calcareo ricco di argille rosse ferrose, quindici anni fa la vite è stata impiantata e allevata con il sistema a controspalliera, così da permettere il passaggio di un trattore scavallatore. La garanzia di qualità è rimasta però intatta: la densità d’impianto è infatti di 8.500 ceppi per ogni ettaro che rende circa 85 quintali.
NeroJbleo 2007 (40.800 le bottiglie prodotte) è un buon esempio di come il Nero d’Avola si esprime nella Sicilia orientale, e cioè un vino che porta in primo piano la tipicità dell’uva da cui proviene raffinandola. Rubino con riflessi porpora, ha profumi fruttati intensi di prugna secca e di macchia mediterranea su cui spicca l’elicrisio. C’è poi una scia balsamica seguita da una lieve nota animale. In bocca mostra subito morbidezza e una struttura possente in cui però i 14 gradi di alcol non prendono il sopravvento. La freschezza è ancora vivace e fa guardare lontano mentre i tannini, inizialmente garbati, si rivelano un po’ legnosi. Ritorna, lungo, il fruttato. Vinificato in acciaio, matura per 12 mesi in tonneaux e barrique di rovere francese. Poi 24 mesi in bottiglia. Il prezzo è intorno ai 15 euro. Si sposa bene con melanzane ripiene di carne e pomodoro.