Il Friuli Venezia Giulia è da sempre una terra tormentata. Basti pensare alle vicissitudini patite durante le due guerre mondiali del secolo scorso, alle mutilazioni territoriali subite a favore dell’ex Jugoslavia, ai profughi istriani e dalmati, alle “foibe” e, più recentemente, al terremoto. Nel lontano passato, dopo la caduta dell’Impero Romano e per molti secoli, questa è stata considerata “terra di passaggio e di conquista”. Oggi, nonostante tutto, resta ancora “terra di confine”, spesso dimenticata perfino dalle istituzioni. In questa regione la storia ha segnato profondamente l’animo delle persone.
I friulani sono comunque gente fiera, concreta, che lavora duro, abituata a soffrire in silenzio. Ma anche gente generosa e solidale con chi si trova in difficoltà. Basti pensare a come seppero reagire prontamente al devastante terremoto del 1976 allorché, in uno scenario da “The day after”, ancora con la morte nel cuore, tutti si misero immediatamente all’opera per ricostruire “da soli” le case e le fabbriche, senza attendere l’aiuto di nessuno. Quando ci fu il terremoto in Irpinia nel 1980, lo ricordo bene, i friulani furono tra i primi a organizzare i soccorsi. Ma, fortunatamente, da una terra così aspra nascono anche cose piacevoli, come i vini bianchi ad esempio, molti dei quali “autoctoni”, riconosciuti tra i migliori al mondo. Il primo che viene in mente, sarà anche per il nome, è proprio il Friulano (ex Tocai), il vino più consumato anche nelle osterie regione, venduto al calice.
Nel marzo 2007, dando definitivamente ragione ai magiari, la Corte di Giustizia Europea ha scritto la parola fine su questa intricata vicenda. Molti però, continuano ancora a dolersi di questa “perdita”. Ma lo è stata poi veramente? Non dovremmo piuttosto essere orgogliosi di avere un vino “italiano” dal nome italiano o, per meglio dire, in questo caso Friulano? Ci consola sapere che, alla fine, tutto questo clamore, almeno un risultato positivo lo abbia prodotto. Dopo tanto parlare infatti, probabilmente ora lo sanno anche nella Papuasia orientale cos’è il “Friulano”. Tutto si è risolto, insomma, in un grosso spot pubblicitario, seppur involontario, a favore del nuovo appellativo nostrano. Quindi: ci abbiamo guadagnato noi!
Ma torniamo al nostro “tajut di blanc” (è così che viene chiamato in dialetto, nei bar e nelle osterie friulane, il calice di vino bianco utilizzato per il più classico degli aperitivi). Tradizionalmente si prende come base il Friulano, ma non necessariamente, data l’ampia scelta di “bianchi” in regione. Di solito, lo si accompagna con qualche fettina di prosciutto Dop San Daniele. Ma anche, sempre di San Daniele, con i filetti di trota affumicata di “Friultrota” la quale, credetemi, non ha proprio nulla da invidiare al salmone scozzese.
Testimone illustre di quest’uva è l’azienda vinicola “Raccaro”, situata in quel di Cormòns (Gorizia) e risalente al 1928, allorché il capostipite Giuseppe posò la prima pietra di una casa colonica ai piedi del monte Quarìn, presso la chiesetta di Sant’Apollonia. Ma fu il figlio Mario che, negli anni Settanta, con felice intuizione, scelse la specializzazione vitivinicola. Oggi l’azienda è condotta dal figlio Dario coadiuvato, oltre che dalla moglie Dalila, dai figli Paolo (perito agrario) e Luca (enologo). In tutto, sono sei ettari di terreno costituito principalmente dalla “ponca” (un misto di marne e arenaria, detto anche “flysch di Cormòns”, formatosi tra i 70 e i 38 milioni di anni fa, nell’Eocene). Essa conferisce ai vini, soprattutto ai bianchi: struttura, personalità ed elevata alcolicità naturale. I vini prodotti da Raccaro: Friulano, Malvasia e Collio (uvaggio di Friulano, Sauvignon e Pinot Grigio), ma anche un sorprendente Merlot (unico rosso), sono tutti di grande qualità. Per il Friulano di Raccaro, descritte in estrema sintesi (in vigna e in cantina), sono previste le seguenti particolarità produttive: vigneto inerbito, non concimato. Sistema di potatura “monocapovolto” (cappuccina). Vendemmia a completa maturazione del grappolo. Spremitura soffice, singola, rapida (solo 50’), con pressa a membrana. Decantazione statica, a freddo. Fermentazione lunga (2 mesi in acciaio) a 19-20°C, durante la quale si svolge anche la malolattica. Dopo la svinatura, le vinacce non vengono torchiate o filtrate ma, ancora ricche di sostanze estrattive, inviate direttamente in distilleria (fortunati). Il Friulano “Vigna del Rolât” (vecchia quercia, in friulano), viene considerato dagli esperti un vino “didascalico”. Esso si presenta con una veste color giallo paglierino intenso. Al naso si percepiscono delicate note floreali (fiori di campo), e fruttate (mela verde, pesca gialla, mandorla leggermente tostata). Al palato è caldo, avvolgente, sapido, abbastanza fresco, mediamente strutturato. Con un finale lungo, piacevolmente ammandorlato, appagante. Da segnalare, per una piacevole visita enogastronomica in regione, la splendida “Enoteca di Cormòns”, le cui molteplici attività sono coordinate dalla bravissima Elena Orzan. I soci dell’enoteca (33) sono tutti viticoltori di alto livello. Oltre alla possibilità di degustare quasi 200 vini del territorio, si possono assaggiare diverse specialità gastronomiche, tra cui ottimi formaggi, freschi e stagionati, ma anche il famoso prosciutto “D’Osvaldo” di Cormòns, affumicato artigianalmente.