La più antica e la più moderna cantina dell'areale del Sagrantino è quella di Scacciadiavoli. Si trova lungo la tortuosa strada che scorre in mezzo alle dolci colline tra Montefalco e Giano dell’Umbria. Molto curiosa l’etimologia del suo nome, legata a diverse leggende custodite dai più vecchi abitanti di Montefalco tra le quali personalmente preferisco questa: ai tempi di San Francesco, in prossimità dell’antico borgo, abitava una bellissima e giovane ragazza che era posseduta dal demonio. I frati francescani, i preti e gli esorcisti avevano provato ad aiutarla ma senza alcun risultato. Dopo aver casualmente sorseggiato un po’ di Sagrantino, il vino che i frati all’epoca usavano nel sacramento dell’eucarestia, la giovane guarì. Da qui il nome Scacciadiavoli che venne attribuito sia al borgo sia alla cantina del miracoloso vino.
Maestosa cantina che si dispiega su quattro livelli; esemplare unico in Italia nel suo genere, monumento di architettura agro-industriale ed innovazione tecnologica insieme, venne costruita nel 1884 dal principe Ugo Boncompagni Ludovisi che si ispirò alla bellezza e al genio degli Château bordolesi. Sin da allora poi sono state applicate tecniche agronomiche innovative sia nella gestione della vigna sia nell’impianto di drenaggio, così come nella più moderna forma di allevamento, il Guyot ad alta densità d’impianto. Il vino del principe Ugo ottenne numerosi riconoscimenti e medaglie d’oro dal Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio e, grazie anche all’Esposizione di Milano, arrivò sui mercati di Germania, Stati Uniti, Nord Europa e Giappone.
Dopo diversi passaggi di proprietà, la cantina venne acquistata nel 1954 da Amilcare Pambuffetti, produttore agroalimentare folignate che da ragazzo zappava la vigna del principe. Nel 1991 Scacciadiavoli venne ereditata dai nipoti Francesco, Carlo e Amilcare che tuttora continuano il percorso di innovazione e perfezionamento iniziato dal principe, e che coinvolge anche i giovanissimi Liù e Jacopo.
La linea di Scacciadiavoli è oggi formata da 8 vini, 220.000 bottiglie figlie di 35 ettari vitati. Assaggiamo il Sagrantino Passito 2005, sedici mesi in barrique e nove in bottiglia. L’inebriante profumo di chiesa, incenso e candele prelude a una dolcezza gustativa ben bilanciata dal tannino che lascia la bocca piacevole, con prolungati ritorni di spezie dolci. Storicamente era servito con l’arrosto di maiale o di piccione ma anche con altri piatti della tipica cucina umbra. Noi lo abbiamo apprezzato con i biscotti al Sagrantino. Ideale anche da meditazione.