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L’altra Francia, Tavel
Pubblicato il 07/03/2014
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Parliamoci chiaro: pochi, tra gli appassionati di vino, ammettono di amare i rosé. Al più, qualcuno decanterà il Cerasuolo di Valentini, ma poi si affretterà ad aggiungere che “in realtà è un rosso travestito da rosato”. Confesso che anche io spesso ricado in questo stereotipo, infastidito da certe esasperate ricerche, in questa bistrattata tipologia, del frutticino rosso a tutti i costi, o della delicatezza ai limiti dell’insipido. Inoltre, è un po’ triste acquistare un vino sapendo che non lo si potrà tenere in cantina che per pochi mesi, prima che inizi a perdere smalto e ad avviarsi verso il destino di finire in padella a “sfumare” qualche piatto. Le eccezioni alle regole, però, sono sempre cosa gradita; ed una di queste le possiamo trovare attorno alla cittadina di Tavel. Ci troviamo nel sud della Francia, nella zona del Rodano Meridionale, a sud ovest di Chateauneuf du Pape. Il vino, qui, è una tradizione antica: tra i tanti aneddoti (o leggende) dobbiamo ricordare almeno quella di Filippo il Bello che, recatosi in questa zona e chiesto un bicchiere di vino, lo vuotò senza scendere da cavallo, e quindi proclamò che “il vino di questo posto è l’unico vino buono del mondo”.

Forse il sovrano francese era stato un po’ enfatico, ma in tempi più recenti è certo che il Tavel era gradito dal suo successore Luigi XIV, il Re Sole, mentre Ernest Hemingway lo indicò spesso tra i suoi vini preferiti. Fin qui, nulla di strano, visto che tanti altri vini possono vantare simili nobili ed illustri estimatori; ma la cosa bella è che Tavel è una Aoc dedicata ai soli vini rosé. Non solo: qui si ricerca non la gradevolezza e bevibilità, come ad esempio in Provenza, ma la maturità e la complessità. I produttori della zona sono pochi, non più di una trentina, anche se alcune grandi maisons, come Guigal, sconfinano da queste parti. Domaine de la Mordorée, con le sue due cuvées La Reine de Bois e La Dame Rousse, è probabilmente il più noto ed apprezzato. I suoli sono vari, da quelli calcarei e scistosi a quelli formati da ciottoli tondi (galets roulés), come nella più celebre zona di Chateauneuf du Pape. Qui si coltivano con allevamento a calice (gobelet) e basse rese vari vitigni tipici del sud della Francia, e ben undici di questi possono entrare a far parte del blend finale; tuttavia, predominano anche qui il Grenache Noir, il Syrah, il Cinsault ed il Mourvedre. La vinificazione avviene in rosato, con breve macerazione sulle bucce per estrarre una piccola quantità di antociani, ma una parte del mosto viene lasciata più a lungo contatto con le bucce. Questo spiega un colore che va dal cerasuolo intenso al rubino chiaro, molto atipico se comparato a quello di un “normale” rosato.

L’assaggio non manca di colpire e spiazzare: il tannino è chiaramente percepibile, e gli aromi vanno ben al di là della fragolina di bosco e del lampone per spaziare su note più mature di ciliegia, rosa thea, spezie dolci, con un ritorno selvatico ed animale tipico di questa zona della Francia e nette sensazioni di sottobosco e garrigue. Si comprende al primo sorso che il vino può essere tranquillamente scordato in cantina per qualche anno: la straordinaria annata 2007 è ancora godibilissima, e vira ormai su un colore decisamente aranciato e note evolute, complesse che rimandano anche al fungo. Le gradazioni alcoliche, che spesso raggiungono i 15°, non danno mai l’impressione di pesantezza, complice una vena sapida ed una freschezza che danno all’insieme un ottimo equilibrio. Una vera delizia, che accompagna degnamente piatti della grande cucina della Francia meridionale, in primis la brandade de morue (baccalà mantecato con patate). Se si vuole essere più avventurosi, però, perché non provarlo con un sushi di ventresca di tonno (o-toro zushi), magari appena scottato e spennellato di salsa di mirin come spesso si usa in Giappone? Sarà la prova che i grandi vini e le grandi cucine, non importa quanto distanti, creano degli straordinari esempi di sincretismo culturale. E ci si potrà anche lasciar andare ad un lauto banchetto, visto che il vino, sul portafogli, peserà assai poco: in Francia, non più di una quindicina di euro. In Italia, ahimè, lo si trova poco. Oltralpe, viceversa, è divenuto così popolare che gli è stata dedicata una rosa, la rose de Tavel. Un omaggio adatto al vino preferito di re e grandi scrittori.

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