Domanda ai colleghi sommelier, e soprattutto ai nostri grandi maestri: se una persona a cui tieni molto dice che viene a cena da te e ti porterà una bottiglia di Amarone e un bel tartufo delle sue parti (le colline teramane), gentilmente offrendosi di cucinare insieme il tartufo suggerendo tagliolini e bruschetta, è carino dire che veramente le due prelibatezze non sarebbero proprio perfettamente abbinabili tra loro e che con l’Amarone ci starebbe meglio un brasato o un formaggio stagionato o il gorgonzola e con il tartufo magari un Verdicchio dei Castelli di Jesi, per esempio? Be’, io questo coraggio non l’ho avuto, anche perché, a dirla tutta, l’Amarone con il tartufo lo volevo proprio provare, visto che apprezzo molto entrambi. E perché, soprattutto, ricordo che, al di là degli abbinamenti per contrasto e concordanza e degli abbinamenti del territorio, un grande docente ci ha parlato dell’abbinamento emozionale, quello che va al di là della pura tecnica, e questo mi sembrava proprio il caso. Quindi: bruschetta e tagliolini con lamelle di tartufo nero abruzzese, formaggio veneto di vaccina stagionato nelle erbe, salame di agnello. E Amarone della Valpolicella Classico, Vintage 2008, Tommasi, 60% Corvina Veronese, 30% Rondinella, 10% Molinara; nel disciplinare - Docg dal 2010 - è permessa la sostituzione, in pari percentuale, delle uve Corvina con un max 50% di uve Corvinone.
L’Amarone è oggi uno dei più grandi rossi italiani, anche se questa consapevolezza giunge in tempi recenti. Forse per l’unicità di questo vino, fatto in un modo particolare e con sole uve autoctone, che vengono raccolte manualmente intorno a metà settembre e poi lasciate appassire fino a 90 giorni, in modo che si perda l’acqua contenuta. Si ottiene una grande concentrazione di zuccheri che, con una lunga fermentazione, vengono trasformati tutti in alcol, dando così un vino con un’elevata alcolicità. L’Amarone nasce infatti come Recioto “scapà”, cioè un vino la cui fermentazione è “scappata” di mano al vignaiolo, terminando la trasformazione di tutti gli zuccheri. La zona di produzione comprende Verona e 18 comuni della parte settentrionale della sua provincia: una zona ad altissima vocazione vitivinicola, che produce altri vini di straordinaria qualità che vengono messi leggermente in ombra dalla grandezza del gigante. La degustazione di questo vino è una vera emozione: rosso rubino profondo tendente al granato, compatto, concentrato, pienamente consistente. Il naso si apre con le note dolci della frutta matura, ciliegia, visciola, prugna; sentori di rosa rossa appassita e di tabacco dolce da pipa, accenti balsamici e messaggi cioccolatosi, più di cioccolato fondente, liquirizia. In bocca è morbido, pieno, denso al palato, quasi “grasso”, di buona sapidità e non manca di un nerbo acido. Un finale dolce e molto persistente, con una bella corrispondenza gusto-olfattiva. Un grande vino, opulento, elegante, da grandi momenti. E l’abbinamento emozionale è perfettamente riuscito.
Tommasi
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