Scrivere di un grande personaggio del vino è già difficile. Se poi è una persona che non c’è più, allora non si sente solo l’impegno di scrivere qualcosa di interessante ma si avverte una grande responsabilità, legata al dovere di farlo con discrezione e maggior cura, perché lui non può più dirti se e dove ti sei sbagliato. La storia di Gianni Masciarelli noi appassionati del vino la conosciamo un po’ tutti, l’imprenditore che forse più di ogni altro ha contribuito in maniera determinante al successo dell’Abruzzo enologico in Italia e nel mondo. Per nostra fortuna la sua preziosa eredità e la sua attività continuano grazie alla moglie Marina, discreta e dolce, forte e gentile proprio come si dice siano gli abruzzesi, lei che è croata. Recentemente l’ho vista ricevere l’ennesimo premio per i suoi vini e, in quella circostanza, l’ho ascoltata dire alla platea che “nei prossimi trecento anni, chi vorrà fare il vino in Abruzzo, dovrà fare i conti con Gianni Masciarelli”. E c’è da crederle perché, pur non avendolo conosciuto, visitando la sua cantina a San Martino sulla Marrucina (CH), nell’osservare le foto che lo ritraggono, i suoi pensieri incorniciati e appesi al muro o stampati sui cartoni dei vini o su uno dei libri raccolti nella libreria accanto alla sala di degustazione, non si può fare a meno di notare il suo sguardo volitivo, di scoprire nelle sue parole un profondo attaccamento alla sua terra, agli uomini e alle donne d’Abruzzo, alla sua famiglia. Basta guardare come ha chiamato i suoi vini: Villa Gemma, come l’antica casa di famiglia, Marina Cvetic, come sua moglie. Un produttore dall’anima sociologica, Gianni Masciarelli, che traspare anche dalle parole delle Responsabili della comunicazione e del settore commerciale dell’azienda, che ci accompagnano nella visita e che ricordano con affetto come lui si preoccupasse sempre degli uomini che lavorano la sua terra. E leggendo tutta d’un fiato la bella rassegna stampa aziendale, scopriamo che quando cercava di far capire ai suoi vignaioli l’importanza di lasciare sul tralcio solo le uve migliori, loro lo guardavano allibiti e gli dicevano che stava buttando i soldi per terra. Ma lui insisteva, “tanti ceppi e pochi grappoli”, non solo da buon abruzzese “capatosta” ma soprattutto da convinto assertore della scelta consolidata della qualità dell’uva e non della quantità, come invece si era fatto in Abruzzo fino ad allora. Chiese persino una consulenza ad un amico psicologo, sulla ritrosia dei contadini a tagliare i grappoli, e venne fuori che le donne tagliavano meno degli uomini, e che le donne sposate tagliavano ancor meno delle donne nubili. Era un fatto istintivo, racconta Gianni, materno e protettivo delle cose buone per la famiglia. Dunque un Masciarelli che abbiamo definito sociologo, a cui tutto serve per conoscere meglio il rapporto che unisce la vite all’uomo. Una simbiosi naturale e imprescindibile.
Non era figlio d’arte, Gianni. Suo nonno aveva un po’ di ettari di vigna e vendeva le uve; lui comprende presto qual è la sua strada, che segue con grande determinazione. Ancora al liceo e poi all’università, d’estate va a vendemmiare a Epernay e a Reims dove impara tante cose sul vino e forgia la sua passione. Comprende come l’Abruzzo sia una terra baciata da Dio per produrre uve, e inizia a comprare vigneti, in questa zona a 20 km dal mare Adriatico e 20 dalla Maiella. Il primo vino lo fa dopo il servizio militare, e gli viene bene, anche grazie ad un amico militare che lavorava nella repressione frodi e che gli indica tutto quello che non va fatto. Poi l’incontro, fatale, a Belgrado, con una ragazza croata ad uno stage in una cantina sociale che lei stava frequentando da studentessa universitaria di ingegneria chimica a indirizzo alimentare. È il 1987 e l’incontro si trasforma in matrimonio ed in un sodalizio privato e professionale di grande spessore. Il resto è cosa nota. In azienda ho acquistato un cartone di vini, su cui ho letto questa frase, “non vendo vini, vendo emozioni. Gianni Masciarelli”, scritta anche in inglese. Da sociologa adottata abruzzese anch’io, se oggi fosse vivo vorrei dirgli, con grande umiltà e azzardando un po’, che lui vende vini, spesso splendidi, e regala emozioni, perché le emozioni sono un dono, e chi fa il vino, il vino di qualità (ma questo vorrei che fosse così ovvio da non dover essere più precisato), quante emozioni regala, a noi appassionati e a volte un po’ esaltati amanti di questo liquido, che scintilla nel calice - rigorosamente - e che si chiama vino? Nell’edizione 2009 di Duemilavini, la prima dopo la sua scomparsa, alla pagina di Masciarelli, Franco Maria Ricci scrive: “Marina, aiutaci a non dimenticarlo mai”. Pensiamo che la grande Marina lo stia facendo. E noi la ringraziamo. L’azienda oggi annovera 4 linee aziendali, suddivise in 14 etichette. A San Martino abbiamo degustato: Chardonnay Marina Cvetic 2002, 100% Chardonnay, 14,5%. Manto oro brillante. Sentori di frutta tropicale matura, a cui si uniscono immediatamente note tostate dolci di nocciola, mandorla, poi miele, fichi secchi, albicocca disidratata, torrone, profumi molto boisé. In bocca è pieno, un po’ grasso, mediamente fresco. Le note boisé sovrastano un po’ le doti varietali di freschezza. Scaloppine di vitello con salsa cremosa. Montepulciano d’Abruzzo Iskra 2005, 100% Montepulciano, 14,5%. Iskra, che in slavo significa scintilla, è il quarto Montepulciano (oltre al Villa Gemma, al Marina Cvetic e a quello della linea classica), l’ultimo nato, l’ultima sfida, prodotto a partire dal 2003 con le uve dei “nuovi” vigneti di Controguerra nel Teramano, concepito per avere un carattere tutto suo. E lo ha. Rubino scuro con riflessi quasi blu, con aromi fumé, more in confettura, piccoli frutti rossi maturi, speziature dolci, chiodi di garofano e bacche di ginepro, tabacco. In bocca è caldo, morbido, dai tannini vellutati. Persistente. Arrosto di maiale alle mele. Montepulciano d’Abruzzo Villa Gemma 1999, 100% Montepulciano, 14,5%. Rosso rubino intenso con unghia granato, compatto, di consistenza piena. Al naso presenta immediate note fruttate di ciliegia carnosa e arancia rossa, poi richiami di balsamicità mentolata, foglie secche, olive nere in salamoia; segue una mineralità ferrosa e scura che riporta ad aromi ancora terziari di inchiostro, liquirizia, cacao, caffè tostato, note speziate dolci. L’assaggio è caldo e di avvolgente morbidezza, solido nella struttura, di buona freschezza e di tannicità molto ben integrata nell’insieme. La persistenza è lunga e richiama frutti rossi maturi e cacao amaro. Il fiore all’occhiello di Masciarelli, potente, elegante. Tagliata di scottona marchigiana alle erbe aromatiche. E da meditazione.
Masciarelli
Via Gamberale, 1
66010 San Martino sulla Marrucina CH
Tel. 0871 85241
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