Gli inglesi la chiamavano Malmsey, i francesi Malvoisie, la Serenissima Malvasia. Per secoli fu amata dalle corti più importanti d’Europa e la ricorda William Shakespeare nella scena IV dell’atto I del Riccardo III, mentre l’assassino del Duca di Clarence, fratello di Edoardo IV, cita le seguenti parole: “I’ll drown you in the malmsey-butt within” (ti annegherò dentro una botte di malvasia), volendo appunto annegare il Duca in una botte di questo vino. Le prime testimonianze scritte risalgono al 1214 quando il vescovo di Efeso, Nicolaos Mesaritis, lo menziona tra i vini serviti alla corte imperiale di Istanbul, all’epoca occupata dai Latini. Dopo quasi sette secoli di dominio Bizantino, Monemvasia, la splendida roccaforte a sud del Peloponneso, cadeva in mano ai Crociati, con un avvicendarsi di domini successivi tra la Repubblica Veneziana e l’impero Turco.
Oggi sono molte le strade e le osterie della splendida città veneta dedicate alla Malvasia, a memoria di tempi remoti quando la Serenissima imperava sul Mediterraneo per acquisire il monopolio di uno dei vini più amati, tanto da trasferire la produzione tra l’isola di Creta e le Cicladi, dopo l’ennesima sconfitta da parte Ottomana. Il suo nome risuonava tra le molteplici canzoni popolari, inebriando con la sua dolcezza e fama i cuori più nobili, sino al XVIII secolo, quando, con l’imporsi della dominazione turca, i vigneti furono espiantati e della gloria della Malvasia non se ne seppe più nulla. Caduta nell’oblio e dimenticata per quasi cinque secoli, negli anni ’30 vi fu un primo tentativo di recupero, ma senza risultati. Dovettero passare altri sessant’anni per tornare in auge risvegliando la curiosità di appassionati e ricercatori, ma soprattutto quella di un uomo George Tsibidis, proprietario della Monemvasia Winery nelle splendide colline di Velies, a sud est del Peloponneso: l’isola dedicata a Pelope, figlio di Tantalo re di Lidia. Nel 1997 George acquista 20 ettari di terra, un tempo appartenenti alla sua famiglia, e con l’aiuto di enti pubblici e centri di ricerca inizia un vigneto sperimentale dedicato alle varietà della tradizione ellenica.
La proprietà si estende su terreni del Cretaceo, tra calcare del Triassico e fillite, i vigneti giacciono tra i 250 e 500 metri di altitudine. La matrice è acida con poca sostanza organica, camminando per le vigne giovani si riconosce la componente ferrosa di suoli aridi e molto sassosi. Il mare Egeo è poco lontano, lo si intravede tra le valli. Il clima è subtropicale con inverni miti ed estati calde e secche, mitigate dai venti Alisei, le precipitazioni sono scarse. Arcadia è la regione più arida protetta su entrambi i versanti da due importanti catene montuose, rispetto a Messenia, la regione limitrofa, molto più fertile e piovosa. L’attenzione di George è subito rivolta alle varietà autoctone con particolare attenzione a quelle uve ritenute fondamentali per il blend della Malvasia. Kydonitsa o Kidonitsa, da kydoni, piccola cotagna, vitigno quasi estinto. Sono solo due i produttori che attualmente lo lavorano. Il nome deriva dal caratteristico sentore di mela cotogna, su fondo floreale ed agrumato, l’apporto gustativo è fresco e lo fa un compagno ideale a piatti di pesce e formaggi non stagionati. Asproudi, dal colore bianco-giallo degli acini, varietà aromatica antichissima considerata fondamentale per lo storico blend. La componente floreale spicca rispetto al frutto di pera ed albicocca, caratterizzandosi da una maggiore incisività gustativa, ottima persistenza e spalla acida importante. Monemvasia o Monemvassia, vitigno vigoroso capace di regalare vini pregevoli se piantato ad altitudine, apporta sensazioni speziate e tanto frutto, ma cruciale è la raccolta per mantenere la componente acida generalmente bassa. Inevitabile il confronto con la famiglia di malvasie a noi conosciute, ma recenti studi del DNA (José Vouillamoz) hanno dimostrato che il vitigno Monemvasia, non sia correlato con le nostre malvasie. Probabilmente nel corso della storia molti vitigni furono chiamati malvasia per ragioni commerciali e qualitative. Asyrtiko, dall’etimologia incerta, forse da Assyrico o Assyrian con riferimento all’origine dalla Mesopotamia, o da Seri la pronuncia locale per lo Sherry, di accezione spagnola. Varietà del Mare Egeo, simbolo di Santorini, l’isola vulcanica patria per eccellenza di uno straordinario vitigno tra i migliori interpreti del suolo: fresco, intenso, potente e molto minerale a Santorini, più fruttato ed agrumato nell’entroterra greco. Asyrtico oggi fa parlare molto di sé offrendo vini di grande personalità.
Queste le varietà che dal 2010 caratterizzano la prima Malvasia. Dopo diciassette anni di ricerca veniva anche riconosciuta la PDO Monenvasia-Malvasia, ottenuta dall’appassimento di uve Kidonitsa, Asyrtiko, Monemvasia e Asproudi. Poco meno di 10mila le bottiglie, (9.829 per l’esattezza), da 375 ml, un nettare ambra scuro dal bouquet caramellato, miele, fico secco, salmastro e minerale, dinamico l’impatto gustativo nonostante l’importante residuo zuccherino. Un miracolo storico intriso di coraggio, passione, caparbietà ma soprattutto del credo di un unico uomo e del suo sogno divenuto realtà. A questo vino abbiamo voluto dedicare una splendida serata al Museo del Vino di Castiglione in Teverina (Viterbo) con la delegazione di Fondazione Italiana Sommelier Alta Tuscia. Una serata in crescendo e di grande stupore per una terra di antichissima tradizione che solo nell’ultimo decennio sta guadagnando posto nell’enologia moderna. La mia personale convinzione è che ne sentiremo parlare ancora e che la Grecia presto saprà imporsi nei mercati internazionali con un prodotto ben distinto ed altamente competitivo.
Velies Monemvasia Winery
Lakonia, Zip code 23070
Tel. 0030 2 732053096
www.malvasiawines.gr
info@malvasiawines.gr