È come uno scrigno il Parco dell’Appia Antica. Conserva al suo interno memorie antiche e paesaggi agrari di solenne bellezza. Il basolato originario della Regina Viarum, con le tracce ancora visibili dei marciapiedi romani, i crepidini, e i muretti di confine, conduce verso lembi superstiti della preziosa “campagna romana”. Ecco allora apparire una sorprendente varietà di luci e colori: orti, vigneti e frutteti. Gli spazi sono sconfinati, intervallati da pini e cipressi solitari, rinfrescati dalle brezze marine del Tirreno. Verso l’orizzonte appare un suggestivo anfiteatro naturale, quello dei Colli Albani, che all’imbrunire si tinge di rosa. Le antiche ville e cascine sonnecchiano come isole che affiorano da un mare ondulato di erba. Uno spazio armonioso e solenne, quello dell’Agro romano, che conosce il silenzio denso della memoria, ma che ha subito autentici tagli, le ferite di un’urbanizzazione caotica e aggressiva: nuclei abusivi, strade sterrate, capannoni, grovigli di rotatorie. Dissonanze che minacciano uno tra i paesaggi più belli d’Italia, attrazione per secoli di artisti e luogo delle narrazioni letterarie, teatro di gesta e battaglie. Mali antichi, considerato che Wolfgang von Goethe nel “Suo viaggio in Italia” scriveva: “si incontrano da per tutto tracce di una magnificenza e di uno sfacelo che sorpassano ogni nostra immaginazione. Quello che hanno lasciato i barbari è stato devastato dagli architetti della nuova Roma”. I vigneti superstiti, bellissimi nel loro intreccio con le rovine dell’antichità, testimoniano una storia difficile e tormentata. Terre ancora malariche fino all’Unità d’Italia. La proprietà latifondiaria della Chiesa delle famiglie patrizie riservava ben poca cosa ai vignaioli. Dal Novecento si susseguirono le riforme agrarie, le opere di bonifica e le assegnazioni dei poderi confiscati alle proprietà ecclesiastiche. La situazione divenne gravissima nel secondo dopo guerra, all’indomani della liberazione di Roma. Tra l’estate del 1944 e l’autunno 1947 le campagne intorno alla Capitale furono interessate da vaste agitazioni di gente affamata che invocava l’assegnazione delle terre incolte per ricominciare una vita dignitosa. Migliaia di contadini e braccianti iniziarono ad occupare i terreni abbandonati. Nell’Agro Romano e nella zona dei Castelli la lotta fu guidata da Salvatore Capogrossi e culminò con decreti governativi di assegnazione delle terre. A fianco alle proprietà nobiliari, superba la Tenuta Fiorano del Principe Boncompagni Ludovisi, celebre per il mitico vino Fiorano, nacque la moderna proprietà contadina. La curiosità per questi vigneti e per questi fili di storia mi porta a Ciampino, un agglomerato avvinghiato di strade strettissime, negozi, centri estetici e piccole villette, non lontano dall’aeroporto. Trovo qui la cantina della Riserva della Cascina, azienda biologica a conduzione familiare.
I vigneti, circa 25 ettari, sono all’interno del Parco, al IX Miglio di Via Appia Antica, in prossimità della Tenuta Fiorano e del magnifico monumento funebre dell’imperatore Gallieno. La Signora Daniela, la proprietaria, è indaffaratissima. È un sabato mattina di una bella giornata di ottobre, luce dorata e cielo blu, terso. Vi è una processione continua di clienti che si riforniscono di vino sfuso, quello per la tavola. L’atmosfera è unica, dal sapore antico: amicizia, familiarità, schiettezza. Scambio di battute sull’andamento della vendemmia, su come stanno i parenti. Mi racconta la proprietaria, mentre continua a servire in modo concitato i clienti abituali, che la cantina sorse nel 1946. Fu edificata con le pietre che si trovavano in giro, macerie di guerra: “chi le trovava se le prendeva..” Le vigne, che erano del suocero, sono state da sempre coltivate senza intervento della chimica. “Per noi il biologico è una filosofia da sempre, lo abbiamo sempre fatto, poi è venuta la certificazione”. I suoli contengono lapilli e basalti originati dal grande Vulcano Laziale. I vitigni sono prevalentemente autoctoni. Per il resto vi sono l’annata, il sole e le piogge. In cantina, le fermentazioni sono spontanee e la maturazione avviene in botti grandi. I vini sono schietti, sinceri, tutti dotati di grande spontaneità. Quattro le etichette. Il IX Miglio Bianco 2014 è un Marino Superiore da uve Malvasia Puntinata, Trebbiano Toscano, Malvasia Rossa, Bellone, Bombino Bianco e Trebbiano Giallo. Al naso sprigiona timidi sentori di fiori di campo, frutta a polpa gialla, nuance citrine e minerali. Morbido e fresco al palato, è caratterizzato da spiccata e nitida sapidità. Più interessante e profondo il Gallieno 2013, una Malvasia Puntinata in purezza. Vitigno più delicato rispetto alle altre Malvasie, ma di sicura personalità. Il colore dorato preannuncia un naso intenso e aromatico, dai sentori di tiglio, muschio, albicocca e miele di agrumi. Al gusto è morbido, avvolgente, con buona progressione, nerbo acido e un gradevole finale fumé. Il IX Miglio Rosso 2013 è un blend di Sangiovese, pari al 50%, Merlot e Montepulciano. Esuberante nei toni fruttati e floreali, mostra un carattere gioioso, netta mineralità e tannini composti. Infine il Costa Basalto 2013 è un Syrah in purezza. I suoli vulcanici contribuiscono ad esaltare i sentori propri del vitigno: la fragranza del frutto rosso è arricchita dalle note di macchia mediterranea, dalle erbe aromatiche, dal pepe rosa e dalla grafite. In bocca è avvolgente, pieno, sapido, in evoluzione. “Sarebbe da far invecchiare ma…”, conclude la Signora Daniela, “le nostre bottiglie finiscono presto!”.
Riserva della Cascina
Vigneto: Via Appia Antica 596
00178 Roma
Cantina:Via Fratelli Wright 12,
00043 Ciampino (RM)
Tel. 06 7917221
info@riservadellacascina.it
www.riservadellacascina.com