Ogni nuova uscita dei vini di Gravner è un’emozione, una trepidante attesa, una curiosità da soddisfare. I suoi vini sono sempre capaci di far sbandare anche il degustatore più preparato, quello che normalmente viaggia con il cruise control e ben conosce curve ed insidie che il tasting può presentare. Ogni qualvolta ci si imbatte in un suo vino il naso si arriccia, le rughe frontali si marcano e tutti gli ingranaggi in testa si attivano per provare a riportare il vino agli schemi didattici, nei recinti dogmatici ai quali si è abituati. Si indugia qualche secondo, poi qualche minuto. Intanto il liquido evolve nel calice e finalmente si comprende che il vino di Josko non è razionale ma viscerale, non vi si approccia di testa ma di pancia, non vi si cerca la perfezione ma la suggestione.
Siamo ad Oslavia (Gorizia), tra le Alpi Giulie ed il mare Adriatico nel bel mezzo dell’altopiano carsico. Il Carso è una terra di confine che ha vissuto drammaticamente decine di guerre in tutte le epoche. Non è raro che questi terreni restituiscano, di tanto in tanto, frammenti di granate, mine inesplose e residui bellici dei due conflitti mondiali del secolo scorso. L’asperità delle rocce, la pietra calcarea erosa dalle piogge e la vegetazione che si sviluppa nelle doline sono il fattore orografico dominante e formano insieme un suggestivo quadro visivo. È qui, a cavallo del confine sloveno, che Gravner si forma come uomo e viticoltore. Introverso, umile, geniale; Josko non ama la tecnologia in genere, men che meno se applicata al vino. Quando parla ha la capacità di catalizzare tutti gli sguardi a sé con parole semplici e silenzi magnetici. Le mani sono quelle di chi lavora la terra e ogni ruga che segna il suo viso è esposta con l’orgoglio di chi ha imparato sulla propria pelle che l’esperienza è direttamente proporzionale al trascorrere degli anni. È stato giovane Josko e anche lui ha provato a rendersi la vita facile producendo esattamente quei vini che il mercato richiedeva. C’è stato un tempo in cui anche lui è stato sedotto dalla moda delle barrique e dall’acciaio, un tempo in cui ha preteso dai suoi filari grosse rese per ettaro. Non abbiamo mai sentito un uomo di 64 anni ammettere così serenamente di aver scelto la strada più lunga per raggiungere il proprio obiettivo e, allo stesso tempo, essere così consapevole che probabilmente era questo il percorso necessario affinché scoccasse la scintilla che avrebbe cambiato definitivamente la sua filosofia agraria ed enologica. Sulle orme antroposofiche di Rudolf Steiner e sugli insegnamenti del padre ha trovato la sua strada, la sua filosofia di vita: semplicemente rispetto per la terra. Anche i compromessi tecnologici minimi per mettere a dimora i nuovi vigneti, come gli sbancamenti del terreno, sono vissuti intimamente come ferite procurate a quel microsistema, ferite da curare e da farsi perdonare. Sono stati previsti tre stagni naturali come epicentro dei vigneti, perché l’acqua è l’inizio della vita nel suo stadio embrionale. Gli insetti, i pesci, gli uccelli e la vigna, in uno scambio simbiotico perfetto, divengono un unico essere vivente. I vini generati da queste zolle gli somigliano: semplici, pragmatici, restii a facili confidenze. Non hanno fretta, si prendono il tempo necessario per poi offrirsi senza filtri come buoni amici. Nel 1996 l’andamento meteorologico sul Carso tiene in serbo due forti grandinate consecutive che distruggono il 98% dei grappoli. Quello è l’anno della svolta. Approfittando dell’annata negativa, Josko decide di sottoporre i pochi grappoli superstiti a delle prove di macerazione sulle bucce con fermentazione spontanea. Dal 1997 tutti i vini bianchi vengono sottoposti a questo tipo di vinificazione. Nel 2000 il suo viaggio in Georgia, nel Caucaso, dove il vino ha avuto origine migliaia di anni fa e dove sarebbe stato possibile ritrovare il suo senso primordiale. Al ritorno con sé decine di anfore di terracotta da 2mila litri da interrare nella sua cantina. Quando gli si chiede il motivo della ricerca di questi metodi di vinificazione così ancestrali, lui risponde che “l’essenza del vino va ripercorsa a ritroso attraverso la sua storia così come l’acqua pulita deve essere cercata alla sorgente. Io lavoro bene in vigna - prosegue - faccio una grande uva, aspetto il momento giusto, la proporzione esatta tra acidi, zuccheri e componenti fenoliche in modo che i miei vini possano sostenere le lunghe maturazioni in anfora ed in botte ai quali li sottopongo”. Nessuna alchimia, nessuna analisi ma solo grande conoscenza del territorio in cui opera e del vitigno che accudisce ogni giorno dell’anno. Il Ribolla è il suo vino prediletto, lo si capisce da come lo racconta: “questo è il terreno perfetto per la Ribolla, mi disse mio padre, niente qui crescerà meglio di essa e semmai i vicini dovessero vendere i loro terreni tu acquistali”. Per la degustazione dei suoi vini Josko ha ideato un bicchiere senza gambo, molto ampio che richiama le coppe di terracotta usate in Georgia e noi abbiamo avuto il piacere di degustare le ultime annate in commercio insieme a lui e a sua figlia Mateja.
Ribolla 2007
Bianco Igt - Ribolla Gialla 100% - 13,5%
Fermentazione in anfore di terracotta georgiane con lunga macerazione sulle bucce, dopo la svinatura e la torchiatura, la massa ritorna in anfora per 6 mesi prima di iniziare i 6 anni di affinamento in grandi botti. Colore ambrato brillante con riflessi aranciati. L’esame olfattivo è stupefacente: effluvi di spezie dolci, miele e tabacco, castagne, scorza di agrumi candita, salvia, erba limoncina, smalto, pasticceria. In bocca si distingue per l’ottima acidità (nonostante i 7 anni) che ben addomestica la componente alcolica, un’impronta sapida suggella l’eccellenza del sorso. Persistenza ai confini della realtà (è il suo vino preferito, non ci sono dubbi!). Temperatura di servizio 16-18°C.
Bianco Breg 2007
Bianco Igt - Uve: Sauvignon, Chardonnay, Pinot Grigio - 14,5%
Fermentazione e sosta in anfore per 5 mesi e successivi 6 anni di affinamento in botte grande. Oro colato nel bicchiere, ipnotico. Il naso è spiazzante, un corredo odoroso trasversale ed in continua evoluzione; susine, albicocche, agrumi, timo limone e salvia. Etereo. Al sorso è di beva godibilissima, minerale e ricco di sostanze estrattive, incredibilmente fresco. Chiusura lunga, salmastra. Temperatura di servizio 16-18°C.
Rosso Breg 2004
Rosso Igt - Pignolo 100% - 13%
Fermentazione in anfora per 5 mesi e successivi 5 anni di grande botte. Color rubino intenso con ampia unghia granato, cupo, impenetrabile. Al naso il frutto rosso è ben presente spalleggiato da effluvi iodati e vegetali. Il sorso è ematico, minerale. Il grip tannico è fitto e vellutato ben percepibile in tutto il cavo orale. Finale persistente. Temperatura di servizio 18-20°C.
Gravner
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