Dal 2005, anno successivo alla sua morte, sono iniziate le celebrazioni del vate dell’enogastronomia italiana: Luigi Veronelli. Ogni anno ho assistito alle cerimonie di omaggio di quello che, fuori da ogni dubbio e possibile contestazione, è stato il capostipite della critica enogastronomica italiana e di buona parte del resto del mondo. Ogni anno tutto l’olimpo degli enocritici italiani scende in campo, sfruttando la più banale delle ricorrenze funebri, vantando intima amicizia ed eredità raccolte. Il 2 febbraio di quest’anno sarebbe stato il suo novantesimo compleanno, ma questo appuntamento non è sembrato, al contrario degli anniversari della morte, degno di essere celebrato. Io Luigi Veronelli non lo ho conosciuto e da lui non ho ereditato nulla. La tipica arroganza giovanile mi portava a pensare di essere esperto di vini sulla base esclusiva delle mie capacità di autodidatta. Quando la saggezza della maturità mi ha condotto verso una più socratica arroganza, quella del “saper di non sapere”, era ormai troppo tardi per entrare in contatto con il “maestro”. Ho quindi cercato di sopperire alla mancanza attraverso la lettura. Da feticista del libro quale sono non ho potuto esimermi dall’acquistare l’edizione originale dei Vini d’Italia del 1963 come la prima edizione de “La Questione sociale” di Pierre-Joseph Proudhon edita da Veronelli nel 1957 con la traduzione di Mario Bonfantini. Il 3° catalogo Bolaffi dei vini italiani curati da Veronelli del 1976 come Bianco Rosso e Veronelli manuale per enodissidenti e gastrotibelli, uscito postumo nel 2005 sono nelle mie mani, come varie edizione della sua guida dei vini. E sì perché Gino Veronelli pur essendo stato il “Re” della critica enogastronomica italiana era anche un anarchico. Voglio quindi celebrare il suo novantesimo compleanno con alcune stralci di cose da lui scritte, che raramente vengono citati durante le celebrazioni ufficiali:
“Quando mi chiedono cos’è l’anarchia, so solo rispondere: la libertà dell’altro. È sufficiente per vantarmi anarchico? Sta di fatto che ho dedicato tutta la mia vita alla libertà, mia e altrui con una scelta contadina collegata a Carlo Pisacane. La fine millennio con l’affermazione della centralità della terra – e di quanto ne segue: l’ambiente e l’agricoltura – dovrebbe rendere chiaro ai giovani estremi che è stato e che è un grave errore non essersene interessati e non interessarsene. I potenti – che sanno – hanno fatto e fanno di tutto perché la terra – intesa nelle sue diverse significanze – venga annullata; persa la guerra della violenza, puntano alla rivincita con la finanza. Non accorgersene – giovani estremi e voi in particolare dei circoli anarchici e dei centri sociali – è il suicidio. La lotta deve essere sì nelle città, ma altrettanto certo e più ancora nelle campagne. Contro ogni fraintendimento. È l’esigenza della qualità, soprattutto alimentare, che ci rende più forti e capaci di opporci alla massificazione ed alla protervia globalizzante.” Tratto da “A” 262 - aprile 2000
“Ci aveva insegnato, (Benedetto Croce ndr) con espressioni di notevole impegno e facilissima comprensione, essere l’anarchia – pura, armonica e razionale – il punto d’arrivo definitivo e finalmente gioioso del lungo percorso umano. Contraddiceva i teorici dell’anarchismo sui tempi, ci si sarebbe potuti arrivare solo dopo altri millenni di oppressione statale. Le violenze orrori fiche dei terroristi d’Occidente ed Oriente, addirittura più che la globalizzazione benefica – per cui non ho mai scritto noglobal ma newglobal – abbreviano i tempi dell’evenienza anarchica. Di anno in anno, di mese in mese, di giorno in giorno … aumenta a dismisura l’indignazione … Sono nati i centri sociali, i circoli anarchici, i girotondi, il volontariato anche se “marcato” da fedi religiose, l’accoglienza immigrati, quant’altro. Non è più utopico affermare che l’anarchia come giustizia sociale, assunzione di responsabilità verso di sé, e, più ancora, verso gli altri, come determinazione di regole eque per tutti, sia alle porte. Ci vorrà solo il tempo necessario a far comprendere agli uomini della sinistra – agli anarchici, in primis – che per ottenerlo bisogna entrare nelle istituzioni, dibattere, confrontarci, votare. Un percorso più breve di quanto si sia mai potuto pensare.” Tratto da Bianco Rosso e Veronelli.
Potrei andare avanti per “millanta” pagine nel mare magnum degli autorevoli scritti anche riguardo argomenti non strettamente enogastronomici, ma lo spazio è limitato e forse è meglio dedicarlo ad altro … auguri di buon compleanno, Gino!