Nessuna città al mondo poteva essere più appropriata ad ospitare il Vinitaly: d’altronde, Verona è la città dell’Amore, di Romeo e Giulietta, della passione e del sentimento, con la sua magica atmosfera accoglie da sempre i più importanti eventi legati ai sogni d’amore. Allora, la principale rassegna enologica internazionale non poteva che avere sede nella città del cuore, perché il buon vino cattura la mente, entra nell’anima e infonde profonde emozioni. Proprio come l’amore.
Il Vinitaly 2016, 50esima edizione, ha aperto i cancelli il 10 Aprile, e ha offerto 4 giorni di presentazioni, degustazioni, lezioni e tanta cultura: è stato un grande mercato di oltre 4.100 espositori italiani e stranieri, con presenze stimate di circa 200.000 persone, una grande piazza dove è avvenuto l’incontro tra tutti coloro che del mondo del vino sono infatuati: per motivi diversi, ma tutti con lo stesso spirito, con l’idea che vino è bello; vino è buono; vino è arte; vino è amicizia; vino è business; vino è cultura.
È stato il mio primo Vinitaly, il mio primo sigillo ad una attrazione molto forte e ad un vivo interesse. C’era tutto quello che da qualche anno occupa la mia mente, il mio tempo e la mia anima: c’era lui, il vino, sotto molte forme: rosso, bianco o rosa; fermo o frizzante; giovane o maturo; secco o dolce, naturale e non; biologico o biodinamico, prodotto da ogni parte d’Italia e non solo. Erano presenti i produttori, gli enologi, gli agronomi e tutti coloro che contribuiscono alla creazione del vino; e poi i professori, i sommelier, i giornalisti e tutte le persone che il “nettare degli Dei” lo studiano e lo comunicano. C’erano gli acquirenti, commercianti e ristoratori, ma numerosi erano anche coloro non addetti al mestiere, quelli che il vino lo amano e basta. Io ho girato tra i padiglioni dell’immensa struttura, ho visto, ho ascoltato, ho toccato, ho assaggiato, ho parlato, ho scritto e ho lavorato: ho cercato di partecipare pienamente, recandomi non solo nelle Aziende più blasonate ed attraenti per i consumatori, ma anche negli stand dei “vini in anfora”, in quelli della “viticultura eroica”, nel settore Enolitech, dove erano esposte tutte le novità tecnologiche per la vinificazione, ed ho compreso molte cose che ignoravo, ed ho apprezzato ancora di più i territori italiani, i nostri vitigni e l’impegno di tante persone. Ho raccolto qualche dato interessante, riguardante le esportazioni per esempio, che nel 2015 sono incrementate rispetto all’anno precedente del 5.4%, soprattutto in riferimento ai vini fermi; anche il mercato interno è migliorato rispetto al 2014, aumentando le vendite del 4%; la Italian Wine Brand e la Masi Agricola sono state quotate in Borsa e, insomma, è certo che ci sono segnali economicamente positivi.
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella è intervenuto personalmente al Vinitaly, definendo il vino italiano “da prodotto antico a chiave di modernità” la cui domanda si fa più forte nel mondo, e richiede dunque un innalzamento della qualità. Anche il Premier Renzi ha visitato la fiera, ed da grande sostenitore dell’export del vino italiano, ha centrato la sua attenzione al colosso cinese dell’e-commerce Alibaba e alle sfide digitali che includeranno il mondo del vino.
Molte Aziende hanno presentato nuovi prodotti, e altre hanno proposto delle degustazioni, alcune delle quali guidate. La Fondazione Italiana Sommelier era presente con un suo spazio di “informazione e formazione”, in cui si sono succedute, nei giorni, degustazioni di vari vini condotte dai Docenti e servite dai Sommelier della Fondazione; i produttori erano lì e accompagnavano la degustazione raccontando i loro metodi, le loro storie e i loro progetti futuri. Una cosa risultata evidente è che in tutti i produttori esiste la volontà di creare un vino di qualità che sia rappresentativo del proprio territorio di origine, e che riveli il rapporto viscerale di interazione tra vitigno, suolo e uomo. L’atmosfera è sempre stata divertente, festosa e amichevole, mi veniva in mente Cecco Angiolieri “Sia benedetto chi per primo inventò il vino che tutto il giorno mi fa stare allegro”.
Tanti i padiglioni, quasi uno per ogni regione italiana, più quello dedicato ai vini stranieri, e per la prima volta la presenza della Cina con la “Grace Vineyard”, letteralmente il “Vigneto della Grazia”: 200 ettari vitati, una produzione di 2.5 milioni di bottiglie tra Chardonnay, Merlot, Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon.
Una cosa che mi ha sorpreso è che girando all’interno dei padiglioni delle varie regioni, era normale fermarsi ad alcuni stand di Aziende considerate grandi e importanti, e trovare lì, tra la gente, proprio lui, il proprietario famoso, che con un sorriso era pronto a scambiare quattro chiacchiere e a offrirti personalmente il suo vino. Questa cosa mi è piaciuta molto, forte è sempre stata la tentazione di chiedere una foto insieme o un autografo sulla maglietta… felice come quando al concerto del cantante amato riesco ad avvicinarlo anche solo per un attimo. Poi, ho realizzato che personaggi come Angelo Gaja, Anna Abbona di Marchesi di Barolo, Vittorio Moretti non sono e non si sentono per niente delle star ma semplici persone che fanno parte del popolo del vino, che è un popolo di passione, di lavoro e di tenacia; sono persone che innanzitutto amano la loro terra, e che desiderano offrire un po’ del loro vino perché è proprio in quel calice che si possono ritrovare le loro tradizioni e il risultato di tutti i loro sforzi.
Il mio primo Vinitaly è stato come andare sulla giostra che desideravo da tempo, ho fatto tanti giri e un pieno di emozioni. Ora comprendo bene e sono fermamente convinta di quello che sosteneva il grande, grandissimo Giacomo Tachis: “Il vino non conoscerà mai crisi, perché la gente lo beve e lo berrà per sempre”.
Proprio a Giacomo Tachis, fondatore dell’enologia italiana moderna, è stata dedicata la degustazione più importante della manifestazione. La sua presenza era tangibile, nel cuore di tutti noi.