Come spesso mi capita, pochi giorni fa stavo sfogliando i giornali on line alla ricerca di lumi sui prossimi disastri economici e sociali, che la nostra brillante classe dirigente ci riserverà nei prossimi mesi. Dal Fatto Quotidiano del 12 aprile apprendo, invece, che: “Led Zeppelin a processo per plagio: La band ha copiato Stairway to heaven”. Sottotitolo: “Un giudice di Los Angeles ha sentenziato che ci siano sufficienti similitudini tra il celeberrimo brano e uno degli Spirit, chiedendo che sia una giuria a decidere”. Solide certezze cominciano a vacillare, e affiorano invece amletici dubbi: ma gli Spirit chi …sono? Cosa hanno mai fatto? Perché hanno aspettato 45 anni per rivolgersi a un giudice? D’altra parte Stairway to heaven è solo al 31° posto, secondo Rolling Stone, tra le 500 migliori canzoni di sempre e tra le prime 20 più richieste in radio negli Stati Uniti, non la hanno mai sentita prima? Lo shock mi porta a riascoltare questo meraviglioso brano in grado di suscitare in me un coacervo di sensazioni diverse, dalla nostalgia del passato alla positiva spinta verso il futuro. Comprai Led Zeppelin IV, L.P. ovviamente in vinile, che contiene il capolavoro, nella primavera del 1975, tre anni e mezzo dopo la sua uscita e alla tenera età di 14 anni investendo i proventi dei regali natalizi. Da allora il disco mi ha seguito negli innumerevoli traslochi e ha illuminato la mia passione per la musica, causa questa di vent’anni di onorata professione. Totalmente privo di talento, mi sono dedicato, con discreto successo alla produzione, organizzazione e fornitura di servizi per oltre ottocento concerti. Sono riuscito, nel corso degli anni, a realizzare alcune mirabili imprese senza mai, purtroppo, realizzare un evento che unisse la musica all’altra mia storica ed insana passione, quella per il vino. Per me la musica è rigorosamente “live”, come inesorabilmente dal vivo vanno degustati i vini dell’anima. Musica e vino, inoltre, acquistano spessore e si concedono maggiormente se vengono condivisi. La location ideale per tentare l’abbinamento della musica con il vino sarebbe una performance musicale di fronte ad una platea di amanti del vino. È, quindi, con un po’ di riluttanza che mi accingo ad approntare il solitario evento tra le mura domestiche. Scelgo ovviamente una versione live di Stairway to heaven tratta dal film e relativo disco del 1976 “The Songs remain the same”, registrata al Madison Square Garden di New York dal 27 al 29 luglio 1973 che trovate anche on line:
https://www.youtube.com/watch?v=9Q7Vr3yQYWQ
Le musiche furono composte da Jimmy Page nell’autunno del 1970, il testo fu opera di Robert Plant. Fu pubblicata nel 1971 nel quarto album del gruppo, Led Zeppelin IV, e non fu mai prodotto il singolo. In una recente intervista rilasciata alla BBC Jimmy Page ha affermato che “L'idea di Stairway to Heaven era quella di avere un pezzo di musica, una canzone che si sarebbe dovuta sviluppare su più strati e dovesse andare a coinvolgere diversi stati d’animo. Tutta l'intensità e la finezza dovevano servire per dare spinta al brano sotto ogni punto di vista, sia quello emozionale che musicale. Per questo la canzone continua ad aprire e ad esplorare un certo tipo di schemi.” Intenti pienamente rispettati dal brano che offre, con il suo arpeggio iniziale, l’attacco di batteria e l’assolo di chitarra, giudicato all’unanimità uno dei migliori, una girandola di emozioni uniche. Il testo, piuttosto criptico, è ricco di riferimenti mistici, tanto da meritarsi, come per Rolling Stones e Jim Morrison, l’attenzione dei soliti buontemponi che, ascoltando i vinili al contrario, scovano messaggi subliminali di matrice satanica. Il giusto abbinamento con questo pezzo di storia del rock imponeva la scelta di un vino che racchiudesse in se la medesima ricchezza espressiva, presenza mistica, armonia e profondità emozionale. Non ho inserito cibo per lasciar spazio a un vino che da solo fosse in grado di sostenere il confronto, ho così scelto una bottiglia di Chateau de La Tour Clos de Vougeot Vieilles Vignes Grand Cru di J. Labet & N. Déchelette. Il retaggio storico di questo vino travalica il misticismo. Furono i monaci cistercensi a vinificare la parte alta di questo vigneto poco dopo l’anno 1000. Nel secolo successivo iniziarono a edificare lo Chateau in onore dell’abate di Cîteaux, oggi sede di un interessante museo e della Confrérie des Chevaliers du Tastevin. Per mezzo di donazioni avenute nell’arco di quasi cento anni, i monaci portarono il vigneto alle attuali dimensioni di 50,6 ettari, facendone il più esteso Grand Cru di Borgogna. Gli stessi monaci costruirono il caratteristico muretto in pietra che rende “Clos” il vigneto. In quanto bene nazionale, il vigneto venne confiscato sotto la Rivoluzione e subì una progressiva parcellizzazione che, avviata nel 1889 con sei diversi acquirenti, ha raggiunto le attuali 96 parcelle distribuite tra 80 proprietari. Eterogeneo anche il suolo, che vede nelle vigne più alte le maggiori concentrazioni di terreno sassoso e calcare attivo, che donano finezza ed eleganza ai vini. Dal più alto dei lieux-dits, il Plante Chamel, viene il Vieilles Vignes Chateau de La Tour, il più importante proprietario di Vougeot e l’unico che vinifica all’interno del Clos.
Vino e disco sono pronti … “sia dia inizio alle danze”. Rigiro il bicchiere per ammirare la lucente trasparenza tipica del pinot noir di Borgogna mentre Jimmy Page inizia ad arpeggiare sulla parte bassa della sua mitica doppia chitarra. Il vino scivola nel bicchiere allo stesso modo in cui le dita sfiorano le sei corde, leggiadro ma pieno di luce e sostanza come il vocalizzo di Robert Plant. Il preludio olfattivo è delicato, soavi sensazioni floreali arpeggiano a supporto degli acuti minerali e delle mistiche vibrazioni eteree. L’ingresso della batteria sottolinea le lievi note tostate. Lo stacco della dodici corde e della batteria accompagnano il primo sorso in cui l’intatta freschezza guida il rullio della batteria che introduce l’assolo di chitarra. Musica e vino esplodono in perfetta sincronia in un crescendo di ritmo, energia e dinamismo mantenendo l’equilibrio armonico verso il lunghissimo finale che “… if you listen very hard The tune will come to you at last When all are one and one is all To be a rock and not to roll. (… se ascolti con molta attenzione la melodia alla fine ti raggiungerà quando tutti sono uno e uno è tutti per essere saldi come roccia e non rotolare via)”. La “scalinata” per il paradiso è aperta e non resta che percorrerla con un secondo assaggio del vino in compagnia degli ultimi trilli di “Percy”.
Se volete approfondire la questione del plagio questo è il link della canzone degli Spirit
https://www.youtube.com/watch?v=xd8AVbwB_6E
e questo di una dimostrazione pratica delle differenze
https://www.youtube.com/watch?v=PCEg9gMJakU
Questo è, invece, J. S. Bach: Bourree in e-minor, da cui sembrano aver tratto ispirazione entrambi
https://www.youtube.com/watch?v=jKSg8t4zyLg&list=RDjKSg8t4zyLg#t=4
Questo è Bourre in una libera interpretazione dei Jethro Tull
https://www.youtube.com/watch?v=2u0XXpVGUwk