Si è sempre tanto curiosi riguardo qualcosa o qualcuno famoso e importante: io avevo letto tante cose su di lui, e mi era anche capitato, qualche rara volta, in verità, di osservarlo da molto vicino, di apprezzarne le sensazioni olfattive e di degustarlo… e la sua bontà mi aveva sempre impressionato. Ma per scoprire l’anima che si cela dietro ad un’entità, per riuscire a captare tutte le numerose sfumature che trasmette, per afferrare le sue uniche e seducenti caratteristiche e trarne piacere e soddisfazione, non basta incontrare il soggetto, bisogna conoscerne le origini, la formazione, il carattere; recarsi sul luogo dove è nato, nell’ambiente in cui è cresciuto e maturato, e parlare con chi si prende cura di lui, con coloro che dedicano lavoro e passione affinché sia sempre migliore.
Noi allievi del 4° BEM, qualche giorno fa eravamo lì, a Bolgheri, nella splendida dimora del vino italiano più famoso al mondo: il Sassicaia. Conoscevamo bene la sua storia, l’avevamo letta su libri e giornali, ma ascoltarla dal racconto di quelle persone che collaborano per la sua irripetibile rinascita annuale, è stato incantevole: “Un vigneto deve avere un’anima ed essere in equilibrio con il suo territorio, con il genius loci, con tutte le forze e le energie pedoclimatiche e umane che rendono quel luogo definito e unico.” Così ci ha parlato Alessandro Petri, responsabile agronomo di Tenuta San Guido da quasi 30 anni; ed ha continuato: “Noi dobbiamo fare in modo che il terroir si esprima secondo la propria volontà, ed intervenire solamente nel momento di necessità, che dobbiamo fare attenzione ad individuare in modo tempestivo.” Mentre Alessandro ci raccontava queste cose, noi eravamo radunati intorno a lui, su un colle a 400 metri di altitudine tra Bolgheri e Castagneto, nel piazzale di fronte al Castello di Castiglioncello, un imponente edificio risalente al 780 dC, di proprietà della famiglia Gherardesca, con un suggestivo paesaggio sottostante da cui vedevamo l’Isola d’Elba e la Corsica, anche grazie alla splendida giornata assolata e al cielo azzurro e limpido. “…Castiglioncello in alto fra mucchi di querce ridea…” recitava Giosuè Carducci in una sua poesia, e proprio nelle Cantine di questo Castello è stato prodotto per la prima volta il Sassicaia. Abbiamo visitato la vigna che si trova proprio a ridosso del Castello, che è stata la vigna madre del Cabernet, rimpiantata nel 2003, oggi con la forma di allevamento a cordone speronato, produce circa 60 quintali di uva per ettaro, una bassa resa per un prodotto di qualità. Qui, come anche nelle altre vigne di Tenuta San Guido, il clima è determinante per una corretta e sana maturazione delle uve: è mitigato dal mare davanti, e riparato dalle colline retrostanti; il suolo ghiaioso assicura un eccellente drenaggio dell’acqua, e proprio da questa caratteristica di terreno sassoso deriva il nome “Sassicaia”. L’agronomo Alessandro così ci raccontava quella mattina: “… è un Anfiteatro protetto dalle alture, che si apre davanti al mare dando l’idea di una Fenice che si libera in volo.” Dal modo di parlare delle persone impiegate in questi luoghi, scaturisce tutta la passione e l’amore per il loro lavoro, fondamentali per la riuscita di questo vino unico. La Tenuta ha a disposizione 3000 ettari di terreno, ma solamente 87 ettari sono quelli riconosciuti vocati per la produzione delle uve del Sassicaia: la DOC Bolgheri Sassicaia. Le altre vigne sono nella zona più bassa; da ognuna deriva un’uva con caratteristiche organolettiche diverse, perché ogni parte del terreno ha una composizione di suolo ed una influenza climatica differente. Abbiamo visitato anche una vigna davanti alla quale sorge una grande quercia, sotto l’ombra della stessa, durante le faticose giornate della vendemmia, i lavoratori si concedono attimi di sollievo; le uve prodotte in questa vigna hanno profili aromatici diversi da quelle che vivono in cima al poggio sul suolo sassoso. Insomma, la straordinaria unione di un siffatto terreno, con un tale clima e con il perfetto intervento dell’uomo, grazie alle preziose indicazioni dell’illustre enologo Giacomo Tachis, ha fatto del vino Bolgheri Sassicaia, 85% Cabernet Sauvignon, e 15% Cabernet Franc, un celebrato successo mondiale. Fu il Marchese Mario Incisa della Rocchetta, che nel 1944 importò e decise di piantare le barbatelle di Cabernet Sauvignon e di Cabernet Franc nella Tenuta che lui aveva intuito somigliare morfologicamente alla zona di provenienza dei due vitigni nelle Graves, Bordeaux. Un vino bordolese su un territorio italiano, precisamente nella Maremma Toscana. Per 20 anni fu destinato solo al consumo personale, ma ogni anno veniva migliorato dalle nuove esperienze e dalle nuove tecniche. L’annata 1968 fu la prima ad essere immessa sul mercato, e da lì arrivarono negli anni riconoscimenti di eccellenza mondiale. Successivamente al Marchese Mario, il figlio Nicolò ha continuato ad occuparsi dell’azienda, del vino e della prima Oasi Faunistica privata italiana all’interno della Tenuta, estesa su oltre 500 ettari, ricchissima di flora e fauna. Ad accoglierci sua figlia, Priscilla Incisa della Rocchetta, che ci ha onorato della sua compagnia e ci ha offerto il Sassicaia 2012.
Mentre sorseggiavamo questo supremo nettare, loro erano lì, a pochi passi da noi, “alti e schietti in duplice filar…” i cipressi di Bolgheri, amati e cantati dal poeta nipote di nonna Lucia, sembravano guardarci, salutarci e, di sottecchi, annuire alla bontà di questo vino.