Può essere la raffinatezza del palato commisurata alla possanza del portafogli? Io credo di no. Negli anni della crisi, sempre più folta è la schiera dei gourmet costretti a mediare fra la scoperta di sapori e piaceri e la sostenibilità finanziaria delle loro fameliche curiosità. Ne fa le spese la scelta del vino. Sono in tanti a dire “il vino buono lo bevo a casa” e questo non è giusto. L’argomento dei prezzi nei ristoranti e delle liste di vini trascurate suscita periodicamente polemiche accese. Il mio amico californiano ne è immune. Se ha voglia di un’esperienza indimenticabile sceglie il ristorante opportuno, magari con sommelier. Ma se ha voglia di frequentare altri locali cerca la sigla BYOB (bring your own bottle) e il vino lo porta da casa. Si chiama Diritto di tappo (corkage fee), e in Italia lo conoscono in pochi. Il ristoratore ammette bottiglie dei clienti alle quali applica una tariffa per l’apertura e il servizio del vino, che può variare a seconda del numero di bottiglie. Perché no?
Immagino l’obiezione: perché togliere ai ristoratori l’occasione di un guadagno? Nessuna sottrazione: il ristoratore attento continuerà a offrire vini interessanti, facendone un punto d’onore e un’occasione di confronto col cliente. Per contro chi non ha intenzione di investire in una lista dei vini potrà aderire all’opzione “BYOB” e farne un traino per l’incremento della clientela. Quanti appassionati si darebbero appuntamento per condividere a turno la propria bottiglia al tavolo di una trattoria-BYOB!
Ogni crisi obbliga a cambiare i propri comportamenti e può essere lo spunto per un cambiamento virtuoso: guardiamo al futuro e diamo slancio alla fantasia. Il risto-BYOB potrebbe convenzionarsi con un’enoteca o un produttore, oppure conservare alcuni vini in lista accettando dal cliente una bottiglia per ogni etichetta scelta dalla lista. Si potrebbero organizzare cene “a soggetto” in cui il ristorante crea un menu in abbinamento ai vini dei clienti... insomma largo all’imprenditorialità! Chi produce vino lo sa: da sempre è abituato a portare le proprie bottiglie quando va a pranzo dall’amico ristoratore.
Nelle feste di gioventù ciascuno contribuiva al banchetto portando qualcosa (io ero quello del vino, già allora...). Nessuno si alzava da tavola insoddisfatto. Lo chiamavamo “porta-party”.