La favola del Vino
Prosegue, come in un libro, il racconto del nostro collaboratore da Aruba. Questo è il secondo capitolo.
Pubblicato il 27/02/2017

Mentre nel vecchio mondo (del vino) impera la parcellizzazione, realizzata in Francia con le classificazioni dei cru e dei clos e balbettata in Italia dove si continua ad investire in zonazioni ma una classificazione ufficiale è ancora di là da venire, il nuovo mondo sposa l’identificazione “paese = vitigno”. Per cui, ormai, Australia = Syrah, Oregon = Pinot Noir, Cile = Carmenere, Argentina = Malbec, Nuova Zelanda = Sauvignon Blanc, Sud Africa = Pinotage eccetera eccetera.
In questo contesto, qualcuno tenta di giocarsi l’ambo: l‘Argentina, per esempio, sta investendo non poco per affiancare al Malbec il Torrontés, un vitigno che ha il padre certo nel Moscato di Alessandria (il nostro Zibibbo) e madre diversa secondo le zone (ma quella prevalente è il Criolla Chicitigno).
In questo contesto, qualcuno tenta di giocarsi l’ambo: l‘Argentina, per esempio, sta investendo non poco per affiancare al Malbec il Torrontés, un vitigno che ha il padre certo nel Moscato di Alessandria (il nostro Zibibbo) e madre diversa secondo le zone (ma quella prevalente è il Criolla Chicitigno).

Non c’è niente da fare: i vitigni, come gli uomini, hanno la loro vocazione e va rispettata. Certo, alcuni, come lo Chardonnay, hanno la vocazione dei facili costumi e si adattano a qualunque luogo e a qualunque tecnica di vinificazione; altri, invece, hanno personalità e attitudini così specifiche che è un delitto piegarle ad altre funzioni. Insomma, per quanti sforzi facciano, è facile profetizzare che il Torrontés non sarà mail il fratello bianco del Malbec.