Insegnare il Vino
In famiglia, a scuola, nella vita… c’è modo e modo di crescere. Dipende da come ce lo insegnano.
Pubblicato il 20/06/2017
“Se fai progetti per un anno, semina del riso; se per vent’anni, pianta un albero, se per un secolo, insegna agli uomini. Seminando una volta, ti assicuri un raccolto. Piantando un albero, farai dieci raccolti. Istruendo gli uomini, raccoglierai cento volte.”
(Proverbio cinese)
(Proverbio cinese)
Da venticinque anni sono nel mondo dell’enogastronomia, da qualcuno in meno, in tutte le straordinarie occasioni create dalla Fondazione Italiana Sommelier, cerco di trasmettere le mie conoscenze, le mie esperienze e – soprattutto – mi sforzo di stimolare in chi ascolta quell’impagabile curiosità che spinge ognuno di noi a intraprendere un percorso di crescita e di autoapprendimento che non ha eguali per efficacia. Questo, in fondo, è il mio mestiere.
Tutti abbiamo avuto dei maestri: ad alcuni di loro dobbiamo molto, ad altri un po’ meno. Altri ancora, nella migliore delle ipotesi, non hanno lasciato in noi la benché minima traccia, quando addirittura non ci hanno danneggiato, privandoci, di fatto, di un’occasione. Perché magari ci hanno spinto al disinteresse o all’odio per una materia che invece avremmo potuto amare e che avrebbe potuto cambiare in meglio la nostra vita.
È questa consapevolezza, con tutto il senso di responsabilità che ne deriva, a guidarmi ogni giorno e a guidare – ne sono certo – tutti i colleghi e gli amici che condividono questo progetto. E non c’è mai nulla di ripetitivo: perché insegnare, comunicare, trasmettere implicano un mittente, un destinatario, che inevitabilmente cambia ogni volta. Così cambia il messaggio, che per essere davvero efficace dev’essere modulato, o meglio, “tagliato su misura” per la nuova platea. Aristotele, nella Retorica, codificò l’importanza del “destinatario” in qualsiasi processo di comunicazione: e l’insegnamento è il più importante e impegnativo dei processi di comunicazione.
Tutti abbiamo avuto dei maestri: ad alcuni di loro dobbiamo molto, ad altri un po’ meno. Altri ancora, nella migliore delle ipotesi, non hanno lasciato in noi la benché minima traccia, quando addirittura non ci hanno danneggiato, privandoci, di fatto, di un’occasione. Perché magari ci hanno spinto al disinteresse o all’odio per una materia che invece avremmo potuto amare e che avrebbe potuto cambiare in meglio la nostra vita.
È questa consapevolezza, con tutto il senso di responsabilità che ne deriva, a guidarmi ogni giorno e a guidare – ne sono certo – tutti i colleghi e gli amici che condividono questo progetto. E non c’è mai nulla di ripetitivo: perché insegnare, comunicare, trasmettere implicano un mittente, un destinatario, che inevitabilmente cambia ogni volta. Così cambia il messaggio, che per essere davvero efficace dev’essere modulato, o meglio, “tagliato su misura” per la nuova platea. Aristotele, nella Retorica, codificò l’importanza del “destinatario” in qualsiasi processo di comunicazione: e l’insegnamento è il più importante e impegnativo dei processi di comunicazione.
Di conseguenza, l’entusiasmo si rinnova ogni volta che parte un nuovo corso, ogni volta che qualcuno si ferma a fine lezione e ti dimostra che stai lasciando un seme importante. E l’entusiasmo diviene emozione quando, alla fine del ciclo didattico, sfilano tanti abbracci sentiti, tante strette di mano calorose, tanti riconoscimenti per quello che il nostro gruppo trasmette e per “come” lo trasmette. Senza alcuna saccenteria, ma prendendo per mano, toccando la mente, aprendo il cuore.
Venticinque anni fa mi sedetti assieme a tanti in una sala dell’allora Hotel Hilton di Roma (oggi Rome Cavalieri) e un uomo dall’aria bonaria e saggia (che mi piace pensare ci regali ancora il suo sorriso ironico da lassù) si rivolse a noi dicendo: “Il vino è poesia”. Sul momento mi sembrò un’esagerazione. Non ci misi molto a capire quanto fosse vero. A lui e a tanti altri devo moltissimo. Sono loro debitore dello stimolo inesauribile a conoscere, capire e migliorare me stesso.
Oggi sono convinto che il vino sia poesia e questo pensiero mi accompagna sempre quando insegno, quando comunico il vino. Proprio per questo l’ho fatto, e cercherò sempre di farlo, con tutto l’amore possibile.
Venticinque anni fa mi sedetti assieme a tanti in una sala dell’allora Hotel Hilton di Roma (oggi Rome Cavalieri) e un uomo dall’aria bonaria e saggia (che mi piace pensare ci regali ancora il suo sorriso ironico da lassù) si rivolse a noi dicendo: “Il vino è poesia”. Sul momento mi sembrò un’esagerazione. Non ci misi molto a capire quanto fosse vero. A lui e a tanti altri devo moltissimo. Sono loro debitore dello stimolo inesauribile a conoscere, capire e migliorare me stesso.
Oggi sono convinto che il vino sia poesia e questo pensiero mi accompagna sempre quando insegno, quando comunico il vino. Proprio per questo l’ho fatto, e cercherò sempre di farlo, con tutto l’amore possibile.