Vini introvabili
Otto magnifici nettari, rari e preziosi, scelti per un brindisi speciale.
Pubblicato il 08/01/2018
Rari, preziosi ed emozionanti. Così si sono rivelati, ciascuno a suo modo, i magnifici otto vini prescelti per il brindisi natalizio alla sede della Fondazione di Villa Mercede, a Frascati, abbinati al panettone artigianale della storica pasticceria Panzini di Subiaco. Dedicati ai tanti appassionati che non hanno avuto il privilegio di esserci, dato il prevedibile tutto esaurito, ecco qui di seguito, vino per vino, gli appunti di degustazione relativi all’eccezionale evento. È questo il secondo appuntamento dedicato alle gemme più preziose della produzione vitivinicola nazionale, vere quintessenze di territori e di vitigni, in genere misconosciute per l’esiguità della produzione, che le rende difficilmente reperibili. Continua il focus sui vari Vini Santi della nostra Penisola: dopo il Vino Santo trentino, quello piceno di Offida e il Vin Santo del Chianti Classico, questo secondo appuntamento si è concluso col Vin Santo Occhio di Pernice di Vitereta, espressione pura di una ricerca di qualità senza compromessi. Per dirla con le parole del titolare, “solo la passione può renderlo grande. Non importa quanta cura, tempo, energia e denaro siano necessari, quello che conta è la qualità assoluta. Tanto più sarà difficile da raggiungere, tanto più grande sarà la soddisfazione finale”.
Moscato d’Asti Bric da Lu 2015 / Sergio Gozzelino
Da almeno cinque generazioni i Gozzelino praticano la viticoltura, dapprima al servizio dei marchesi Asinari, residenti nel Castello di Costigliole, poi mettendosi in proprio, a partire dall’ultimo dopoguerra. Su un totale di 25 ettari, papà Sergio, coadiuvato dal figlio Lorenzo, enologo, produce soprattutto Barbera, Grignolino e Freisa. Il Moscato Docg proviene dal "Bricco da Lu", cru elevato, tra i più rinomati. Brioso e spumeggiante, nobilita con tocco minerale il fragrante bouquet di acacia, tiglio, agrumi dolci, pera moscatella e salvia, replicati al palato fresco e stimolante, dolce senza eccessi e al tempo stesso gradevolmente sapido.
Brachetto d’Acqui 2015- Sergio Gozzelino
Nella nicchia più piccola di gamma, trova posto un garbato e ultratipico Brachetto, di quelli con l’anima genuinamente contadina, perfetto per dissetarsi nelle giornate più canicolari o far merenda all’ombra del pergolato. Rubino delicato e trasparente, fa pensare a uno scontro al rallentatore fra un paniere di fragoline di bosco, ribes, gelsi e lamponi, e un’aiola di roselline e gerani. Stessa soavità al palato, sì rusticheggiante, ma trascinante e gaio come una monferrina, che si distende a lungo, stimolato da carezza carbonica.
Da almeno cinque generazioni i Gozzelino praticano la viticoltura, dapprima al servizio dei marchesi Asinari, residenti nel Castello di Costigliole, poi mettendosi in proprio, a partire dall’ultimo dopoguerra. Su un totale di 25 ettari, papà Sergio, coadiuvato dal figlio Lorenzo, enologo, produce soprattutto Barbera, Grignolino e Freisa. Il Moscato Docg proviene dal "Bricco da Lu", cru elevato, tra i più rinomati. Brioso e spumeggiante, nobilita con tocco minerale il fragrante bouquet di acacia, tiglio, agrumi dolci, pera moscatella e salvia, replicati al palato fresco e stimolante, dolce senza eccessi e al tempo stesso gradevolmente sapido.
Brachetto d’Acqui 2015- Sergio Gozzelino
Nella nicchia più piccola di gamma, trova posto un garbato e ultratipico Brachetto, di quelli con l’anima genuinamente contadina, perfetto per dissetarsi nelle giornate più canicolari o far merenda all’ombra del pergolato. Rubino delicato e trasparente, fa pensare a uno scontro al rallentatore fra un paniere di fragoline di bosco, ribes, gelsi e lamponi, e un’aiola di roselline e gerani. Stessa soavità al palato, sì rusticheggiante, ma trascinante e gaio come una monferrina, che si distende a lungo, stimolato da carezza carbonica.
Ruché di Castagnole Monferrato Passito 2013 / Montalbera
La famiglia Morando possiede poco meno di 150 ettari vitati, suddivisi fra Langhe (Moscato e Nebbiolo da Barolo e Barbaresco) e Monferrato, ove vanta il primato di maggior produttrice di Ruchè, da omonimo vitigno autoctono, già a rischio estinzione, DOCG dal 2010. Franco Morando, dinamico mentore moderno del “Principe Rosso del Monferrato”, ne propone più tipologie, incluso un particolarissimo passito che nelle annate favorevoli frutta appena 1.500 mezze bottiglie. Uve in fruttaio fino a primavera, vinificazione e maturazione in barrique per 15-18 mesi. Violaceo e pingue, all’olfattiva rimanda a confettura di bosco, more in composta, viola appassita, lavanda, fico nero, bacche di goji, pepe di Sechuan, radice di rabarbaro e una punta di ceralacca, puntualmente riecheggiati al palato grasso e viperino, di lunghissima persistenza.
La famiglia Morando possiede poco meno di 150 ettari vitati, suddivisi fra Langhe (Moscato e Nebbiolo da Barolo e Barbaresco) e Monferrato, ove vanta il primato di maggior produttrice di Ruchè, da omonimo vitigno autoctono, già a rischio estinzione, DOCG dal 2010. Franco Morando, dinamico mentore moderno del “Principe Rosso del Monferrato”, ne propone più tipologie, incluso un particolarissimo passito che nelle annate favorevoli frutta appena 1.500 mezze bottiglie. Uve in fruttaio fino a primavera, vinificazione e maturazione in barrique per 15-18 mesi. Violaceo e pingue, all’olfattiva rimanda a confettura di bosco, more in composta, viola appassita, lavanda, fico nero, bacche di goji, pepe di Sechuan, radice di rabarbaro e una punta di ceralacca, puntualmente riecheggiati al palato grasso e viperino, di lunghissima persistenza.
Alto Adige Moscato Rosa Vendemmia Tardiva 2012 / Castel Sallegg
Sono appena poche centinaia le mezze bottiglie ricavate solo in annate favorevoli dalle vecchie vigne dei Conti Kuenburg Graf, nella tenuta di Seehof di Castel Sallegg, antica proprietà dell’arciduca Ranieri d’Austria, viceré del Lombardo-Veneto, situata nel comune bolzanino di Caldaro. Uve allevate a pergola tradizionale, resa limitata a mezzo chilo per ceppo a causa della colatura, con gradazione minima di 32° Babo (160 Oechsle). 12 mesi in acciaio inox, quindi 12 mesi in bottiglia. Considerato autoctono, il Rosenmuskateller pare derivi da varietà siciliana introdotta nell’Ottocento dal principe di Campofranco Enrico Lucchesi Palli. Rubino deciso, luminoso, dispiega a coda di pavone raffinatissimo corredo di rosa bulgara, fragola, geranio, pesca, erbe officinali e rabarbaro, preludio a uno sbalorditivo sviluppo gustativo, che quasi non lascia percepire il pur cospicuo residuo zuccherino, bilanciato a perfezione da freschezza incalzante, sapidità minerale e suggello amaricante.
Sono appena poche centinaia le mezze bottiglie ricavate solo in annate favorevoli dalle vecchie vigne dei Conti Kuenburg Graf, nella tenuta di Seehof di Castel Sallegg, antica proprietà dell’arciduca Ranieri d’Austria, viceré del Lombardo-Veneto, situata nel comune bolzanino di Caldaro. Uve allevate a pergola tradizionale, resa limitata a mezzo chilo per ceppo a causa della colatura, con gradazione minima di 32° Babo (160 Oechsle). 12 mesi in acciaio inox, quindi 12 mesi in bottiglia. Considerato autoctono, il Rosenmuskateller pare derivi da varietà siciliana introdotta nell’Ottocento dal principe di Campofranco Enrico Lucchesi Palli. Rubino deciso, luminoso, dispiega a coda di pavone raffinatissimo corredo di rosa bulgara, fragola, geranio, pesca, erbe officinali e rabarbaro, preludio a uno sbalorditivo sviluppo gustativo, che quasi non lascia percepire il pur cospicuo residuo zuccherino, bilanciato a perfezione da freschezza incalzante, sapidità minerale e suggello amaricante.
Aphrodisium 2014 / Casale del Giglio
Antonio Santarelli è figura chiave del rinnovamento del vino, a livello regionale e nazionale. Assieme al padre Dino e con la collaborazione del Prof. Attilio Scienza, nel 1985 realizza nelle nuove terre bonificate dell'Agro Pontino un laboratorio a cielo aperto che ospita una sessantina di vitigni sperimentali, seguiti da un team di prim’ordine, di cui diviene interprete l'enologo dell'azienda Paolo Tiefenthaler. La piattaforma ampelografica del Lazio si è in tal modo arricchita di interessanti varietà rosse, quali Syrah, Petit Verdot e Tempranillo. Stessi, lusinghieri risultati per le varietà a bacca bianca. Tra le più particolari, Viognier e Petit Manseng, in blend con Fiano e Greco, danno vita a questo nettare dorato seduttivo a prima vista, lavorato in acciaio in limitatissime quantità. Dolce-non dolce il ricco e persistente corredo gusto-olfattivo di frutta sciroppata, miele e agrumi canditi, disseminato di spunti minerali, iodati di muffa nobile e accenti amaricanti.
Antonio Santarelli è figura chiave del rinnovamento del vino, a livello regionale e nazionale. Assieme al padre Dino e con la collaborazione del Prof. Attilio Scienza, nel 1985 realizza nelle nuove terre bonificate dell'Agro Pontino un laboratorio a cielo aperto che ospita una sessantina di vitigni sperimentali, seguiti da un team di prim’ordine, di cui diviene interprete l'enologo dell'azienda Paolo Tiefenthaler. La piattaforma ampelografica del Lazio si è in tal modo arricchita di interessanti varietà rosse, quali Syrah, Petit Verdot e Tempranillo. Stessi, lusinghieri risultati per le varietà a bacca bianca. Tra le più particolari, Viognier e Petit Manseng, in blend con Fiano e Greco, danno vita a questo nettare dorato seduttivo a prima vista, lavorato in acciaio in limitatissime quantità. Dolce-non dolce il ricco e persistente corredo gusto-olfattivo di frutta sciroppata, miele e agrumi canditi, disseminato di spunti minerali, iodati di muffa nobile e accenti amaricanti.
Aleatico dell’Elba Alea Ludendo 2011 / Fattoria delle Ripalte
La Fattoria delle Ripalte di Capoliveri nasce a fine Ottocento come buen retiro di un nobiluomo svizzero, il Conte Tobler, per poi rinascere una seconda volta al giro di boa del nuovo millennio, quando la proprietà decide di trasformarla in resort e valorizzarne la vocazione viticola, affidandone la conduzione a un personaggio di fama internazionale come Piermario Meletti Cavallari, bergamasco di nascita, deus ex machina del Grattamacco. La nuova cantina è uno degli ultimi lavori del celebrato architetto Tobia Scarpa, armoniosamente inserito nel Colle di Gianni, al centro dei vigneti, in gran parte terrazzati, di Vermentino, Grenache, Carignano e, naturalmente, Aleatico, gloria dell’isola. Se ne ricavano a malapena cinquemila mezze bottiglie, vera quintessenza di frutta piena e matura, di mare, di sole, e di macchia mediterranea. Rose, corbezzolo, mirto, more, alloro e cappero seducono l’olfatto e ricolmano a lungo il palato succoso di sensazioni saline e dolci al tempo stesso.
La Fattoria delle Ripalte di Capoliveri nasce a fine Ottocento come buen retiro di un nobiluomo svizzero, il Conte Tobler, per poi rinascere una seconda volta al giro di boa del nuovo millennio, quando la proprietà decide di trasformarla in resort e valorizzarne la vocazione viticola, affidandone la conduzione a un personaggio di fama internazionale come Piermario Meletti Cavallari, bergamasco di nascita, deus ex machina del Grattamacco. La nuova cantina è uno degli ultimi lavori del celebrato architetto Tobia Scarpa, armoniosamente inserito nel Colle di Gianni, al centro dei vigneti, in gran parte terrazzati, di Vermentino, Grenache, Carignano e, naturalmente, Aleatico, gloria dell’isola. Se ne ricavano a malapena cinquemila mezze bottiglie, vera quintessenza di frutta piena e matura, di mare, di sole, e di macchia mediterranea. Rose, corbezzolo, mirto, more, alloro e cappero seducono l’olfatto e ricolmano a lungo il palato succoso di sensazioni saline e dolci al tempo stesso.
Vernaccia di Serrapetrona 2015 / Alberto Quacquarini
“Vernaccia da cru”, scriveva Veronelli nella sua “Ricerca dei vini sconosciuti”, del 1970. “Rosso rubino carico su fondo porporino gioioso e vivace, di bouquet largo e continuo, di straordinaria vinosità, di sapore anche vinoso, sano e fragrante. Nei tipi amabile e secco, giunge all’eccellenza con la sola fermentazione in bottiglia”. Cinque i produttori citati, tra i quali Quacquarini. A quasi mezzo secolo da quello scritto, i produttori si contano ancora sulle dita di una mano. Mauro e fratelli, figli di Alberto, si dimostrano fedeli custodi del lascito paterno, senza però rinunciare all’innovazione. Dimostrando, per di più, perseveranza e pazienza veramente ammirevoli, perché qui il sisma del 2016 ha colpito duro, e la terra ogni tanto continua a tremare. Crepita nei calici con schiuma finissima e cremosa, sa di viola di bosco, mirtilli neri, more, pepe, karkadé, cenni animali. Più amabile che dolce, il palato scorrevole, sostenuto da tannini docili, attinge slancio da viva freschezza e verve carbonica, lasciando la bocca pulita e rinfrancata.
“Vernaccia da cru”, scriveva Veronelli nella sua “Ricerca dei vini sconosciuti”, del 1970. “Rosso rubino carico su fondo porporino gioioso e vivace, di bouquet largo e continuo, di straordinaria vinosità, di sapore anche vinoso, sano e fragrante. Nei tipi amabile e secco, giunge all’eccellenza con la sola fermentazione in bottiglia”. Cinque i produttori citati, tra i quali Quacquarini. A quasi mezzo secolo da quello scritto, i produttori si contano ancora sulle dita di una mano. Mauro e fratelli, figli di Alberto, si dimostrano fedeli custodi del lascito paterno, senza però rinunciare all’innovazione. Dimostrando, per di più, perseveranza e pazienza veramente ammirevoli, perché qui il sisma del 2016 ha colpito duro, e la terra ogni tanto continua a tremare. Crepita nei calici con schiuma finissima e cremosa, sa di viola di bosco, mirtilli neri, more, pepe, karkadé, cenni animali. Più amabile che dolce, il palato scorrevole, sostenuto da tannini docili, attinge slancio da viva freschezza e verve carbonica, lasciando la bocca pulita e rinfrancata.
Vin Santo del Chianti Occhio di Pernice 2007 / Tenuta di Vitereta
Solo Sangiovese, cullato sei lunghi anni in seno alle madri in caratelli da 56 litri. Scuro, denso come balsamico, rimanda a un profluvio di dolci sensazioni di panpepato, crema di marroni, croccante alle noci, prugna secca California, miele di castagno, ma anche tabacco, cuoio, humus, chiodo di garofano, tè di Ceylon. Stupisce per grassa sontuosità e al tempo stesso tensione dello sviluppo gustativo, interminabile e chiaroscurato di infinite sfumature aromatiche. Fiore all’occhiello di una linea produttiva tutt’altro che sterminata, ma sagace, così voluta dal titolare Marcello Bidini, colto e meticoloso, approdato naturalmente al bio e al biodinamico seguendo la via maestra degli usi contadini. Le uve appassiscono fino a primavera nell’edificio ove i mezzadri mettevano ad asciugare il raccolto del tabacco, i caratelli sigillati con ceralacca vengono aperti con luna calante, seguendo l’antica consuetudine. La stessa, amorevole volontà di recupero filologico si respira nel relais annesso alla tenuta, e si ritrova nelle produzioni tradizionali che all’interno della Tenuta sono tornate a vivere, come l’extravergine, le colture cerealicole e i salumi di cinta.
Solo Sangiovese, cullato sei lunghi anni in seno alle madri in caratelli da 56 litri. Scuro, denso come balsamico, rimanda a un profluvio di dolci sensazioni di panpepato, crema di marroni, croccante alle noci, prugna secca California, miele di castagno, ma anche tabacco, cuoio, humus, chiodo di garofano, tè di Ceylon. Stupisce per grassa sontuosità e al tempo stesso tensione dello sviluppo gustativo, interminabile e chiaroscurato di infinite sfumature aromatiche. Fiore all’occhiello di una linea produttiva tutt’altro che sterminata, ma sagace, così voluta dal titolare Marcello Bidini, colto e meticoloso, approdato naturalmente al bio e al biodinamico seguendo la via maestra degli usi contadini. Le uve appassiscono fino a primavera nell’edificio ove i mezzadri mettevano ad asciugare il raccolto del tabacco, i caratelli sigillati con ceralacca vengono aperti con luna calante, seguendo l’antica consuetudine. La stessa, amorevole volontà di recupero filologico si respira nel relais annesso alla tenuta, e si ritrova nelle produzioni tradizionali che all’interno della Tenuta sono tornate a vivere, come l’extravergine, le colture cerealicole e i salumi di cinta.