Tre giorni da Master in Borgogna
Reportage sul viaggio dei Bibenda Executive Wine Master.
Pubblicato il 08/09/2023
Cieli alti, ombre lunghe, casette di marzapane, vigneti gioiello: questo è il ricordo che mi porto a casa da un breve viaggio nel posto più evocativo del mondo quando si parla di vino, la Borgogna.
Potrei definirlo un viaggio “di recupero”, dopo tre anni dalla fine del nostro master BEM Bibenda (a suo tempo precipitosamente interrotto causa pandemia) e quindi il gruppo dei partecipanti si era di molto ridotto: per stare comodi negli spostamenti avevo prenotato all’Ibis Style Centre di Beaune (ve lo consiglio, pulito, colazione decisamente soddisfacente, ottima posizione, parcheggio sotterraneo a pagamento e vicinanza a piedi al centro) e da lì è iniziata la meraviglia.
La temperatura ci ha graziati consentendoci di vivere tutto a una media di 27 gradi circa, sollevandoci dalla calura estrema italica: il primo giorno siamo stati all’Hôtel – Dieu un luogo incredibile che merita senza dubbio una visita. Fatto costruire nel 1443 da Nicolas Rolin e Guigone de Salins per curare i malati, oggi conserva inalterata la struttura che è stata funzionante per secoli, con reperti storici molto suggestivi e un polittico raffigurante il Giudizio Universale di Rogier van der Weyden, capolavoro dell’arte fiamminga. L’hospice ha nei secoli accumulato, grazie alle donazioni dei malati più ricchi, un patrimonio fatto anche di vigneti posizionati nei migliori cru delle più importanti appellation, e ogni anno a novembre vi si tiene un’asta dei vini i cui proventi vanno in parte in attività di beneficenza.
Potrei definirlo un viaggio “di recupero”, dopo tre anni dalla fine del nostro master BEM Bibenda (a suo tempo precipitosamente interrotto causa pandemia) e quindi il gruppo dei partecipanti si era di molto ridotto: per stare comodi negli spostamenti avevo prenotato all’Ibis Style Centre di Beaune (ve lo consiglio, pulito, colazione decisamente soddisfacente, ottima posizione, parcheggio sotterraneo a pagamento e vicinanza a piedi al centro) e da lì è iniziata la meraviglia.
La temperatura ci ha graziati consentendoci di vivere tutto a una media di 27 gradi circa, sollevandoci dalla calura estrema italica: il primo giorno siamo stati all’Hôtel – Dieu un luogo incredibile che merita senza dubbio una visita. Fatto costruire nel 1443 da Nicolas Rolin e Guigone de Salins per curare i malati, oggi conserva inalterata la struttura che è stata funzionante per secoli, con reperti storici molto suggestivi e un polittico raffigurante il Giudizio Universale di Rogier van der Weyden, capolavoro dell’arte fiamminga. L’hospice ha nei secoli accumulato, grazie alle donazioni dei malati più ricchi, un patrimonio fatto anche di vigneti posizionati nei migliori cru delle più importanti appellation, e ogni anno a novembre vi si tiene un’asta dei vini i cui proventi vanno in parte in attività di beneficenza.
Dopo una degustazione alla Maison Louis Jadot, ho voluto esplorare la Cité des Climats et vins de Bourgogne, nuovissimo centro didattico-esperienziale con tre sedi a Beaune, Chablis e Macon, che promette di far scoprire l’universo vitivinicolo di Borgogna: l’ho trovata un’esperienza interessante, sicuramente da prendere come spunto per la qualità delle esperienze multisensoriali (un po’ meno interessante la degustazione inclusa nel biglietto), e con una proposta di attività molto variegata. Promosso, nonostante la sede si trovi un po’ sperduta nel nulla e sembri voler imitare un piccolo Guggenheim.
Il secondo giorno siamo andati in gita a Chablis, sotto un acquazzone torrenziale e una temperatura di 14 gradi… Fortunatamente una volta arrivati in quello che ho definito il paese delle fiabe non pioveva quasi più e si stava benissimo. La visita al Domaine William Fevre, uno dei più grandi proprietari di vigne a Chablis (78 ettari dei quali 15,9 Premier Cru e 15,2 Grand Cru) è stata molto interessante, soprattutto per la parte degustazione: i vini erano tutti legati da un filo conduttore di estrema eleganza, e io adoro la mineralità e l’acidità dei vini “del nord”. I believe in Chablis! La passeggiata post-prandiale nei vigneti è stata illuminante: la faticosa inerpicata sui ripidi e sassosi pendii di un terroir kimmeridgiano unico, fatto di marna e calcare marnoso (che è poi quello che conferisce ai vini di Chablis un carattere minerale e un’immensa freschezza), viene ripagata dal paesaggio che si vede dall’alto della collina, con la cittadina sullo sfondo. Il paradiso in terra.
Tornando a Beaune abbiamo fatto una deviazione per visitare i vigneti di Montrachet, passando per Mersault e Pommard: la storia della viticoltura si snodava davanti ai nostri occhi.
Il momento clou è stato ovviamente la visita ai vigneti de La Romanée Conti, tappa imperdibile per tutti gli appassionati di vino: un’altra mattinata graziata da un sole non troppo forte e da una leggera brezza, che ci ha consentito di passeggiare per la route che attraversa i vigneti e di sostanziare il rituale picnic sul muretto delle vigne. Un tripudio di baguettes, fromages, patè, e ovviamente fiumi di vino: un momento di condivisione indimenticabile.
Non posso tralasciare le Chateau du Clos de Veugeot dove la storia vinicola si sostanzia in ambientazioni ricche di fascino: risale all’epoca delle grandi abbazie di Cluny intorno all’anno 1000, e qui, fino alla rivoluzione, francese i monaci benedettini hanno affinato tecniche di coltivazione e vinificazione, producendo grandi vini per i nobili e gli alti prelati dell’epoca. Oggi vi si tengono eventi di vario genere e dal 1934 vi ha sede la famosa Confraternita degli Chevaliers du Tastevin.
Sono rientrata in Italia con davvero poca voglia di lasciare questi luoghi, ma con una chiara idea di cosa significhi tenere fede a un dossier UNESCO, mantenendo intatte tradizioni, curando i muretti a secco, le vigne, l’ordine, la pulizia, il decoro cittadino, la lentezza dello stile di vita: un insegnamento per tutti.
W la Borgogna.
Il secondo giorno siamo andati in gita a Chablis, sotto un acquazzone torrenziale e una temperatura di 14 gradi… Fortunatamente una volta arrivati in quello che ho definito il paese delle fiabe non pioveva quasi più e si stava benissimo. La visita al Domaine William Fevre, uno dei più grandi proprietari di vigne a Chablis (78 ettari dei quali 15,9 Premier Cru e 15,2 Grand Cru) è stata molto interessante, soprattutto per la parte degustazione: i vini erano tutti legati da un filo conduttore di estrema eleganza, e io adoro la mineralità e l’acidità dei vini “del nord”. I believe in Chablis! La passeggiata post-prandiale nei vigneti è stata illuminante: la faticosa inerpicata sui ripidi e sassosi pendii di un terroir kimmeridgiano unico, fatto di marna e calcare marnoso (che è poi quello che conferisce ai vini di Chablis un carattere minerale e un’immensa freschezza), viene ripagata dal paesaggio che si vede dall’alto della collina, con la cittadina sullo sfondo. Il paradiso in terra.
Tornando a Beaune abbiamo fatto una deviazione per visitare i vigneti di Montrachet, passando per Mersault e Pommard: la storia della viticoltura si snodava davanti ai nostri occhi.
Il momento clou è stato ovviamente la visita ai vigneti de La Romanée Conti, tappa imperdibile per tutti gli appassionati di vino: un’altra mattinata graziata da un sole non troppo forte e da una leggera brezza, che ci ha consentito di passeggiare per la route che attraversa i vigneti e di sostanziare il rituale picnic sul muretto delle vigne. Un tripudio di baguettes, fromages, patè, e ovviamente fiumi di vino: un momento di condivisione indimenticabile.
Non posso tralasciare le Chateau du Clos de Veugeot dove la storia vinicola si sostanzia in ambientazioni ricche di fascino: risale all’epoca delle grandi abbazie di Cluny intorno all’anno 1000, e qui, fino alla rivoluzione, francese i monaci benedettini hanno affinato tecniche di coltivazione e vinificazione, producendo grandi vini per i nobili e gli alti prelati dell’epoca. Oggi vi si tengono eventi di vario genere e dal 1934 vi ha sede la famosa Confraternita degli Chevaliers du Tastevin.
Sono rientrata in Italia con davvero poca voglia di lasciare questi luoghi, ma con una chiara idea di cosa significhi tenere fede a un dossier UNESCO, mantenendo intatte tradizioni, curando i muretti a secco, le vigne, l’ordine, la pulizia, il decoro cittadino, la lentezza dello stile di vita: un insegnamento per tutti.
W la Borgogna.