Franz Pratzner (nella foto) è un uomo ruvido. Se ne sta in un eremo pieno di fiori e solitudine sopra a Naturno in Val Venosta e saluta le rare persone con un sorriso appena accennato. Appartiene a quel tipo di abitanti delle montagne per i quali una stretta di mano, così come ogni parola in più, ha un valore concreto e solido.
È gente inscatolata nella propria timidezza orgogliosa e forte, mai languida, che non si svela al facile contatto con cui molto turismo “mordi e fuggi” pretende di decifrare il luogo. Franz sa che molto probabilmente non rivedrà mai più la maggior parte dei degustatori prét à porter che vanno ad assaggiare, e poi comprare, il suo vino. Quindi, con una certa coerenza, non svende facili sorrisi. Non cerca di accattivarsi i clienti autopromuovendosi. Lui è lì, il vino pure: tanto deve, o dovrebbe, bastare. Non sono dei venditori nati, gli altoatesini, come lo sono i veneti per dire. Franz non fa eccezione. Se proprio glielo chiedi, lui ti butta lì una frase come “il Riesling è la nostra specialità”, in modo asciutto e senza presunzione. Franz non ti darà un motivo per comprarlo che non sia il tuo personale senso del valore. La bottiglia da cui ho assaggiato il suo Riesling era stata aperta una settimana prima, e lo stesso vino era stato imbottigliato da pochi giorni. Chiunque avrebbe proposto il suo vino nella veste migliore. Lui no. Sei tu che devi fare uno sforzo di comprensione, sei tu che devi andare verso la montagna e i suoi inserti di ardesia, ascoltarne le voci e leggere ciò che è scritto da profondi silenzi, inverni lunghissimi e venti gelidi che spezzano le ossa, appena smorzati dalla stupenda insolazione della valle. Capire che quel vino potrebbe essere sorprendente se atteso qualche anno in bottiglia.
Abbiamo assaggiato anche un degno Pinot Nero, o “Blauburgunder”, comprato le bottiglie, pagato, atteso che Franz portasse fuori dalla cantina le casse già composte (non l’ho osservato mettere le bottiglie dentro i cartoni, ma è facile comprendere che la diffidenza, da queste parti, è quasi un affronto all’onestà irreprensibile degli abitanti) che abbiamo disposto nel portabagagli. Abbiamo messo in moto la macchina e solo dopo aver salutato, dallo specchietto retrovisore abbiamo occhieggiato quest’uomo ancora giovane, ma scuro come un vecchio saggio, muovere verso il suo eremo, trascinando appena il passo dei suoi sandali.
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