L’etichetta ritraeva la scena di un quadro medievale insieme al nome, “Lancellotta della Girolda”, e in retro etichetta il riferimento a quel periodo storico per molti affascinante. Che significa “vino medievale”? Mi pareva ambizione un po’ naïf, un fastidioso cocktail di superbia e narcisismo a condurre un produttore a definire il proprio vino in tal modo. Volevo saperne di più.
Prima di tutto assaggiare. Cancellare ogni influenza e lasciar giudicare solo i propri sensi. Il vino, annata 2006, era concentrato, quasi sciropposo e scurissimo. Esprimeva toni di marasca, cioccolata e noce moscata che facevano pensare all’affinamento in botte, ma anche un affascinante carattere erbaceo che faticavo a definire. In bocca la freschezza alleggeriva un poco il corpo potente. Il tannino era composto e la morbidezza così discreta, mai sguaiata, che cominciai ad apprezzare sul serio. Fu però la lunghezza delle sensazioni, guidata dal frutto e senz’altro da un residuo zuccherino ben bilanciato, a farmi capire che ero di fronte ad un vino degno di nota. Non bastava. Ne conservai in bottiglia un bicchiere o poco più e tornai all’assaggio il giorno dopo concludendo che, forse, l’attributo che tiene insieme tutto è la bevibilità. Quella dote che rende un vino goloso e seducente e le bottiglie vuote facilmente.
Ma che c’entra il Medioevo?
Il produttore Fabio Rota lo definisce così, con orgoglio ma anche un po’ provocatoriamente, perché ritiene - anche grazie alle ricerche storiche che ha effettuato presso l’archivio vescovile della Cattedrale di Reggio Emilia, in cui ha scovato anche una bozza di disciplinare - che il suo vino sia simile, per carattere e vocazione, alle produzioni medievali così decise nei sapori e schiette nei tratti. Di sicuro il podere della Girolda dà vino da secoli.
Sette o otto mila bottiglie ogni anno. Affinamento in barrique per 12 mesi più altri 12 di attesa in bottiglia prima di affrontare i nasi degli enofili. Mica male per una varietà misconosciuta, chiamata “Ancellotta” o “Lancellotta”, usata per potenziare il Lambrusco ma raramente vinificata in purezza. La somiglianza con il Malbec richiama alla mente la storia di altri “outsider”, quelli di Cahors. Chissà se anche la Girolda dovrà attraversare l’oceano per far parlare di sé. Noi ci auguriamo di no.