Bere il proprio bicchiere quotidiano senza svenarsi ma neppure contaminare le vene stesse? Certo che si può! Chiedete al vostro sommelier di fiducia. Sarà felice di accorrere per farvene scoprire qualcuno.
È assai gratificante assaggiare e descrivere un grande vino. Illuminarsi del riflesso del blasone, illustrare le ragioni del successo di un’icona (che spesso sono sempre le stesse). Si tratta però di vini che la maggioranza degli eno-innamorati può bere poche volte nella vita. Come nelle riviste di automobili: tutti subiscono il fascino della supercar in prova ma poi, quello che trovano più utile, è sapere se la prossima utilitaria avrà materiali degni di superare i cinquantamila chilometri senza nefasti ricorsi al meccanico o il carrozziere.
Ricordo le abitudini di mio nonno. Il vino più umile per la tavola quotidiana e quello più buono per la domenica. Quello grande, invece, per gli eventi speciali. Se certe abitudini cambiano e certi valori sbiadiscono non è solo per il cambiamento degli stili di vita. Anche per la prevalenza di certi modelli culturali. Anche per il dominio di certi sistemi economici.
Riflettevo su tutto questo mentre mescevo, da un coreografico “boccione” da due litri, il vino da tavola a base dolcetto che Giancarlo Capra realizza nel Monferrato (6 €/litro in enoteca a Roma). Non un vino ineccepibile tecnicamente, non è questa la sua vocazione. Generoso e autentico, però, si. E digeribile. Olfatto espressivo, non banale. Frutta, cantina e una sfumatura scura. Registro acido. Ansioso di abbinarsi al cibo: ecco la sua natura. Rigatoni al sugo di spuntature e abbondante pecorino grattugiato, per esempio.
Ho tenuto per giorni il bottiglione a portata di calice e ho goduto ripetutamente della sua compagnia a tavola, valutandone anche la tenuta nel tempo. Come con un amico di vecchia data: magari si sta in silenzio, ma quando hai bisogno sai che c’è.
Giancarlo Capra
via Michele Leonotti, 47
14010 Mombaruzzo (AT)
Tel. 3494010593
www.vinicapra.it
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