Il Lazio è una regione dagli innumerevoli centri storici, di piccoli ma deliziosi paesi che celano angoli romantici, scorci toccanti e panorami incantevoli. Ho scoperto da pochissimo l’“albergo diffuso” e la scoperta coincide con l’aver visitato, per la prima volta, un caratteristico e interessante paese che alla bellezza unisce un nome austero, storico, bellicoso e al tempo stesso musicale e intrigante: Castro dei Volsci, con il suo borgo medievale. Andiamo con ordine e citiamo le benemerenze per come io le percepisco. Castro dei Volsci, nel cuore del Frusinate: paese natale del grande Nino Manfredi (in realtà anche di Dante Manfredi, altrettanto grande oncologo che, tra l’altro, operò mia mamma nel lontano 1986 per un tumore che, all’epoca, registrava il 90% degli insuccessi; ma la fama arriva per cose più effimere), muri e portali fatti con pietra scalpellata, l’antica roccaforte dei Volsci che trasuda storia. E già per questo il paese merita il viaggio. Ebbene se venisse voglia di visitare l’affascinante paesino, o un altro dei tanti affascinanti paesini di cui è straripante l’Italia, dove passare la notte? In un albergo dignitoso e pulito? Requisito minimo e indispensabile!
Oppure ci potrebbe essere la soluzione agriturismo, che di “agri” ormai ha molto poco o sempre meno. E invece c’è una terza via: l’albergo diffuso. Una serie di stanze sparse sul territorio (in questo caso vicinissime le une alle altre) con tutti i confort alberghieri. Per la prima colazione c’è tutto il “necessaire” per quanto attiene tè, infusi, camomilla ecc… e sussistenza di prima necessità (ciambelloni, crostate, marmellate e confetture di produzione propria). Se non si riesce a fare a meno dell’espresso, o del cappuccino, con il cornetto fresco di giornata, è a disposizione il bar in piazza (anche questo vicinissimo) con splendido affaccio sulla campagna ciociara. Sembra una foto d’antan che ricorda “quella di nonna bambina, che gioca con il cerchio in piazza” di vendittiana memoria. Insomma già questo varrebbe il viaggio. Sette stanze in tre vie vicine: via Porta dell’Ulivo 29 (4 stanze nella “Casa del Fabbro”), via Porterina 3 (2 stanze nella “Casa della Sarta”), via S. Maria 4 (una stanza nella “Casa delle Bamboline”); tutte con bagno privato e aria condizionata. Non basta. Il tutto ruota intorno alla Locanda del Ditirambo, che è sì il nome dell’albergo (che si è detto diffuso) ma anche il ristorante, che, ad onor del vero, è nato prima dell’albergo e ha impresso una spinta vitale alla “diffusione delle camere”. Il “canto corale” (tale è il Ditirambo, in onore del dio Dioniso) della ricettività è diretto da una ardita, simpatica e capace sommelier: Daniela Accolla, la quale ha trovato in Antonello Talocco uno straordinario quanto timido cuoco. Il binomio è vincente. Ambiente curato e grazioso, incantevole il dehors esterno. Prodotti rigorosamente del territorio: olio di Vallecorsa, miele e mozzarella di Castro dei Volsci, salumi di Monte San Giovanni Campano, formaggi caprini e ovini di Cassino e Picinisco, carni locali (anche di bufalo) e paste e dolci fatti in casa. “What else”, direbbe George Clooney. Che altro? Prezzi abbordabilissimi e ultra onesti. Ma è meglio fare esempi. Due i menu degustazione a disposizione la sera della felice (per noi avventori) visita. “Il Baccalà”: mousse di baccalà su crostone di polenta e porro croccante; tonnarelli al pomodorino con colatura di alici di Cetara; baccalà alla pofana (Pofi è un paese limitrofo); dolce a scelta.
“La Carne”: involtino di verza con mozzarella di bufala in salsa di pomodoro fresco; raviolo di amatriciana con fonduta di pecorino (avete letto bene, non raviolo all’amatriciana ma di amatriciana, il raviolo è in bianco, la salsa alla amatriciana è all’interno); lonza di maiale all’uva rossa; dolce a scelta. Euro 30 il primo menu, 35 il secondo, vino escluso! I dolci sono tutti proposti con un vino al bicchiere consigliato. Carta dei vini non vastissima, ovviamente, e non avrebbe senso il contrario, e dai ricarichi più che corretti. Tanto Lazio presente e qualche chicca molto interessante per soddisfare gli eno-talebani che bevono solo vini di lignaggio e con pedegree. Chiudo riportando una frase che è stampata sulla prima pagina del menu: “…anche il vostro cane se educato è benvenuto”! Aggiungo: spesso i cani educati lo sono, purtroppo gli umani sempre meno. Qui a Castro dei Volsci abbiamo trovato molto altro oltre all’educazione. Non dimenticate è, e rimane sempre, il paese di Nino (e Dante) Manfredi, e non è poco!
La Locanda del Ditirambo
Via dell’Orologio, 11/A
03020 Castro dei Volsci (FR)
Tel. 0775 662091
www.albergodiffusocastro.it
info@albergodiffusocastro.it