La sapa, conosciuta anche come saba, è uno di quei prodotti antichi che caratterizzano la realtà gastronomica italiana, fatta di tradizioni e tipicità, che spesso sembrano scomparire nelle nebbie del passato, ma che poi puntualmente riemergono e vengono perfettamente coniugate nel presente.
Questo prodotto, caratteristico di Marche, Emilia, Romagna e Sardegna può essere definito uno sciroppo d’uva ed è ricavato a partire da mosto non ancora fermentato. Entro ventiquattro ore dalla spremitura, viene messo a bollire in caldai di acciaio o rame a fuoco basso e costante; talvolta è aggiunto di spezie e altri ingredienti che ne moduleranno il sapore, ad esempio corteccia di cannella, chiodi di garofano e buccia di limone.
Il liquido, ottenuto principalmente da mosto di uve bianche, differenti a seconda del territorio specifico, attraverso il riscaldamento si trasforma. Dopo aver bollito per diverse ore ed essersi ridotto di circa i due terzi rispetto al volume iniziale, la sapa si presenta con spettro cromatico tra ambrato e rossiccio, con una consistenza densa, sciropposa e un’aromaticità molto gustosa e particolare che ricorda caramello e miele di melata, con buona sapidità e dolcezza – proprio il tenore zuccherino ne consente la conservazione a lungo.
Per comprendere a pieno la natura di questo prodotto, e per contestualizzarlo nella realtà odierna, è necessario fare qualche passo indietro nel tempo. La sapa, infatti, compare già in alcuni scritti di epoca romana, in autori rilevanti come Catone e Ovidio, che risulta la utilizzassero in sostituzione del miele, essendo alternativa più economica e semplice da produrre. Vincenzo Tanara, agronomo e gastronomo bolognese del XVII secolo, la ricorda in uno scritto del 1644, e anche in questo caso veniva utilizzata come dolcificante.
L’uso che se ne faceva nella realtà contadina emiliana di inizio Novecento è splendidamente testimoniato da un estratto del film “La neve nel Bicchiere” (regia di Florestano Vancini, 1986), dove, nei colori sbiaditi dal tempo, si osserva una scena in cui la sapa viene versata nei bicchieri per insaporire la neve candida appena caduta: un romantico incontro tra granita e gelato dei poveri. Ma era anche un modo per valorizzare vere pietanze, come fagioli, castagne, ceci, per bagnare tortelli e ravioli, in pieno accordo con la tradizione culinaria. In pasticceria era ingrediente principale per i tipici Sabadoni, ravioloni dolci di origine emiliano-romagnola riempiti con marmellate che, una volta cotti, venivano inzuppati nella sapa.
Oggi è iscritta tra i Prodotti Agroalimentari Tradizionali di Emilia-Romagna, Marche e Sardegna. In quest’ultima regione può anche essere realizzata a partire dai frutti del fico d’india e viene particolarmente utilizzata per la produzione di dolci tipici. Questo prezioso nettare ai giorni nostri è adattato anche a gusti più particolari: può infatti essere abbinato a formaggi freschi e stagionati, ma anche a carni e verdure per creare un connubio moderno e raffinato.