"Quando si assaggia una scaglia di Bitto di 10 anni si rimane sorpresi e meravigliati dalla bontà, figlia della assoluta genuinità di questo formaggio. L'iniziale piacevole sorpresa si accompagna allora a mille domande su come sia possibile una simile bomba alimentare. È indispensabile dunque conoscerne la storia per capire che ci si trova di fronte ad una produzione che definirei di "fabbricazione" medievale. Per questo unica, inimitabile, straordinaria." (Hervé Mons, Meilleur Ouvrièr de France 2000, Mastro affinatore di formaggio). Il Bitto Storico è uno dei formaggi più straordinari, buoni ed emozionanti dell'intero panorama caseario italiano ed internazionale. Bitto deriva dalla parola celtica bitu che significa perenne: proprio ai Celti infatti si deve l'inizio dell'allevamento del bestiame nelle zone delle Alpi Orobiche, dove, dato che non tutta la popolazione avrebbe potuto seguire le mandrie al pascolo sia per l'alta quota che per gli impervi sentieri da percorrere, i mandriani dovettero trovare un modo semplice ed efficace per conservare il latte nel tempo e poterlo trasportare agevolmente. Trasformare il latte in formaggio apparve la scelta più saggia, vista anche la notoria esperienza delle popolazioni celtiche nell'utilizzo del caglio già in tempi remoti. Il Bitto è un formaggio d’alpe grasso a pasta semicotta, di media durezza e media stagionatura. Maturo si presenta in forme cilindriche regolari con diametro di 40-50 centimetri, altezza di 9-12 centimetri e un peso variabile dai 9 ai 20 chilogrammi. La pasta, compatta, di colore variabile dal bianco al giallo paglierino a seconda della stagionatura, presenta occhiatura rara ad occhio di pernice.
Le diverse fasi produttive si svolgono secondo gli usi tradizionali, legati alle caratteristiche ambientali, nel periodo compreso fra il primo di giugno ed il 30 settembre. Il formaggio si ottiene unendo al latte vaccino una percentuale variabile (10-20%) di latte caprino di razza orobica, una autoctona ormai in via di estinzione; poi, compiute le operazioni necessarie alla cagliatura, la pasta viene inserita in fascere di legno che permettono al formaggio di respirare e di asciugare in maniera ottimale durante la fase di salatura a secco. Per una produzione perfetta è assolutamente fondamentale che le vacche non siano stressate, in modo da ottenere un latte concentrato che sia poi immediatamente trasformato senza sbatterlo e senza farlo raffreddare: al fine di facilitare e velocizzare queste operazioni dunque, le bestie pascolano nelle vicinanze dei calècc, una sorta di baite rudimentali in pietra coperte da un telo mobile. In questo modo il latte appena munto viene trasformato ed una volta esaurita l'erba il pastore recupera il telo mobile e si sposta in un altro calècc, non prima di aver concimato al meglio il pascolo sfruttato, in modo da ritrovarlo in perfette condizioni l'anno successivo. Tutte queste e mille altre attenzioni, abbinate ad un lungo periodo di maturazione (almeno 70 giorni), rendono il Bitto Storico un formaggio unico che già dopo un anno di affinamento può essere consumato grattugiato, ad esempio sui tradizionali pizzocheri (con una sola c!) della Valtellina, ma che da il meglio di sé dopo molti anni: il Bitto Storico è un formaggio che invecchia perfettamente anche per più di 10 anni! Attualmente è in atto una forte diatriba fra il Consorzio di Salvaguardia del Bitto Storico riunito nell’Associazione Produttori Valli del Bitto e l’Unione Europea riguardo il cambiamento del disciplinare di produzione della Dop Bitto.
Bitto e Bitto Storico sono infatti due formaggi ben distinti: mentre lo Storico segue un disciplinare di produzione molto rigido, i cui principi e metodi sono stati fin qui illustrati, il Bitto Dop ha molte meno restrizioni, quali ad esempio la facoltà di utilizzare mangimi e fermenti selezionati per le vacche e di non utilizzare il latte caprino per la produzione del formaggio. Questo rende il Bitto Dop un prodotto standardizzato, non essendone influenzate le caratteristiche organolettiche dalle erbe di montagna mangiate dagli animali. Per questi motivi molti produttori hanno deciso di abbandonare il Consorzio di tutela per non finire nel "mischione" insieme con chi ha iniziato a produrre Bitto anche là dove non si era mai fatto prima: ricordiamo infatti che il Bitto Storico, presidio Slow Food, è solo e soltanto quello prodotto nelle cosiddette Valli del Bitto, comprese fra Gerola e Albaredo. Recentemente ho avuto modo di degustare un magnifico e raro Bitto Storico del 2001, con un affinamento quindi di ben 14 anni, e posso garantirvi che è un'esperienza mistica: al naso si sentono davvero i pascoli di montagna in un tripudio di erbe aromatiche, di muschio, di sottobosco, di funghi porcini e tartufo, di nocciola e di fieno, con note profonde che ricordano l'humus e le rocce bagnate dalle piogge primaverili; mentre al palato esplode in tutta la sua ricchezza, in tutta la sua opulenta grassezza, quasi materica, tattile e tangibile, con un'aromaticità prepotente e di lunghissima persistenza. Davvero bitu, davvero perenne, questo formaggio! La differenza di gusto e di appagamento e, dunque, di valore e di costo (si viaggia intorno ai 200 euro al chilo) è quindi palesemente giustificata tanto quanto la battaglia che i produttori tradizionali stanno combattendo per non finire nel vortice dell'omologazione voluta dalle commissioni europee sempre più invasive in materia di denominazioni di origine e disciplinari di produzione. Chi volesse contribuire alla causa può sostenere la petizione online lanciata dall’Associazione Produttori Valli del Bitto all'indirizzo http://firmiamo.it/probittostorico nella speranza che non si vada a distruggere un altro patrimonio italiano.