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Expo 2015, considerazioni sul vino
Pubblicato il 03/07/2015
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“Nessun’altra bevanda al mondo contiene tanta storia e cultura come il vino, vogliamo comunicarlo attraverso il padiglione. Vogliamo far appassionare i visitatori perché la passione è il veicolo per arrivare al vino, senza si beve acqua o una bibita”. Parole di Riccardo Cotarella, Presidente del Comitato Scientifico del Ministero delle Politiche Agricole per il Padiglione Vino (prima e seconda immagine). Passione e comunicazione: trasmetterle è molto difficile soprattutto in un ambiente internazionale e caotico, diciamolo un poco da fiera, quali sono le Esposizioni Universali. Ma io le ho cercate queste parole e non le ho trovate, meglio il padiglione del vino - a taste of Italy - a Expo 2015 mi ha suscitato ben poche emozioni. Il primo impatto è un surreale acino d’uva (almeno così l’ho interpretato) dal colore violaceo (giusto) con tanto di foglia (verde) collocata sulla sommità (giusto). Al piano terra un percorso in parte animato sulla storia del vino: tutto rigorosamente al buio e scontato. Primo piano: la Biblioteca del vino, un’enoteca con centinaia di bottiglie da tutta Italia perfettamente allineate in tante vetrine, ovviamente divise per regioni. Tutto bianco, abbagliante, perfetto, minimalista in grado di condurre il visitatore a “un grande gioco di scoperte” come ha detto in occasione della conferenza stampa di presentazione, l’architetto Italo Rota. Ma senz’anima… e l’anima del vino l’ho trovata al padiglione francese con le sue 1.600 bottiglie, l’esposizione dei prodotti tipici, il soffitto a volta completamente ricoperto di vegetazione, l’ho trovata al padiglione spagnolo (seconda immagine in seconda fila) colorato, allegro, con bellissime foto di vigneti e volti di produttori orgogliosi delle loro cantine, l’ho trovata nella regione Piemonte (prima immagine in seconda fila) con l’eleganza e la raffinatezza delle bottiglie del Barolo e di Asti, l’ho trovata nel padiglione inglese… con la storia delle sue distillerie. Ma perché tanta freddezza, tanto rigore intellettuale, tanto monocromatismo che non rendono giustizia alla grande cultura del vino italiano. Ma poi quando sono uscita ho capito cosa manca in questo padiglione: l’orgoglio del Paese Italia che ha nel vino uno dei suoi più grandi valori di storia, economia, imprenditorialità, ambiente, tanto da iscrivere i paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato nella lista dei patrimoni UNESCO. E scusate se è poco!

 

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