La Cantina di Santadi non ha una tradizione che si tramanda di padre in figlio, no la Cantina Santadi nasce nel 1960 per volontà di un gruppo di produttori di uva che vogliono dare una svolta al loro territorio e vogliono far conoscere le loro uve al mondo, quel mondo collocato oltre il mare che loro chiamano “Continente”. È un lavoro lungo, che per un ventennio si limita al vino sfuso, ma poi arriva la svolta, data da un gruppo dirigenziale che crede in quello che fa perché animato da entusiasmo e passione. La carta vincente la giocano poi chiamando l’enologo di fama internazionale Giacomo Tachis che segnerà la svolta dando loro un’identità che gli è servita per imporsi nei mercati internazionali con i loro prodotti di ottima qualità.
La Fondazione Italiana Sommelier del Veneto ha degustato i vini di questa azienda in una tiepida serata di primavera che ha visto il tutto esaurito presso il Ristorante La Montecchia di Selvazzano Dentro (Padova).
A raccontare la crescita della cantina c’erano Raffaele Cani che guida l’azienda dal 1974 assieme all’enologo Christian Puecher.
Sono 200 i soci per 600 ettari vitati da cui si ottengono 35000 quintali/anno di uva prevalentemente Carignano e Monica di Sardegna, viti che crescono sulla sabbia, su piede franco, uve che maturano poco lontano dal mare che conferisce loro la tipica salinità. La magia di questo territorio è la sua luminosità, non tanto per le ore di luce ma per la qualità di luce che brilla sui vigneti cui Giacomo Tachis dava molta importanza.
La Cantina Santadi quando raggiunge un obiettivo non si ferma, ne cerca altri, e proprio per questo sta sperimentando l’affinamento di alcuni vini nelle anfore, e siamo impazienti di gustarne i risultati.
In degustazione Vermentino di Sardegna Cala Silente 2015 raccontato da Filippo Busato che ci ha fatto sognare l’estate. Il secondo vino Cannonau di Sardegna Noras 2012 è stato interpretato dal Presidente Raul D’Alessandro, mentre le varie sfaccettature del Carignano del Sulcis nella veste di Rocca Rubia Riserva 2013, in quella Superiore Terre Brune 2012, 2011 e 2010 sono state descritte in un coro a più voci dei presenti.
La conclusione non poteva che essere dolce, con il Latinia Bianco 2009 ottenuto da uve stramature di Nasco, antica vite latina, che con le sue nuance di miele, dattero, vaniglia, scorza d’agrumi, caramello ha piacevolmente chiuso la degustazione.