La favola del vino continua...
I testi delle retroetichette sono sempre gli stessi, scontati, retorici e prevedibili. A volte, pieni di tecnicismi incomprensibili, se non addirittura preoccupanti. Ma noi, quando compriamo un vino, vogliamo immergerci in una favola...
Pubblicato il 05/04/2017


Cambiate azienda, territorio, nazione, continente o emisfero ma i testi delle retroetichette rimangono sempre gli stessi, scontati, retorici e prevedibili. E non fa alcuna differenza se il vino all’interno della bottiglia è andante, buono, artigianale, industriale, eccellente: la descrizione segue sempre gli stessi canoni salvo, qualche volta, precipitare in tecnicismi incomprensibili per il consumatore, se non addirittura preoccupanti. Ricordo ancora alcune parole a corredo di uno Chardonnay italiano di qualità eccelsa in cui si descriveva il processo produttivo citando la “defecazione dei mosti”. E magari l’occhio ti cadeva su queste parole nel bel mezzo di una cenetta romantica, davanti ad un piatto eccellente e stellato….
Si fa un gran parlare dell’equazione moda/vino ma dal mondo della moda non si vuole imparare proprio nulla. Avete mai sentito Armani parlare di machine da cucire? O lo stilista di Gucci delle tecniche con cui sono realizzati gli orli e le asole?
Quando compriamo una bottiglia di vino compriamo un sogno e, versando il suo contenuto nel bicchiere, vogliamo immergerci in una favola. E non vogliamo che qualche tecnico illuminato ci spieghi la tecnica di costruzione delle ruote e dei mozzi della carrozza di Cenerentola. Vogliamo solo sapere dove ci porterà quella carrozza. Altro che “dura terra” e “sudore della fronte”.