Etna Days
Al cospetto del gigante e del suo fascino magnetico
Pubblicato il 23/03/2023
Eccomi qui, al cospetto del gigante e del suo fascino magnetico, ‘la Muntagna’ come la chiamano con affetto i locali, la mitica Fucina degli Dèi nel cuore del Mediterraneo.
Incantata percepisco, nel silenzio delle prime luci del mattino, il suo respiro, che pervade l’atmosfera, vibrante e fisico come un petto che si gonfia e si abbassa, vivo e pulsante, è un essere in costante divenire, una enigmatica presenza all’orizzonte, che lo sguardo non può ignorare.
In questi giorni lo abbiamo conosciuto bene e vissuto intensamente, grazie all’iniziativa Etna Days, occasione di conoscenza e importante approfondimento, strumento lungimirante di promozione e reale creazione di valore, ideato dal Consorzio Tutela Vini Etna Doc, guidato da Francesco Cambria, che ha coinvolto un ragguardevole parterre: influente stampa internazionale, in particolare da Nord Europa e Stati Uniti, e una selezionata platea nazionale composta da esperti degustatori, studiosi del vino e giornalisti.
“Isola nell’isola”, di quella Sicilia che in molti non esitano a definire un autentico “continente enoico”, l’Etna è diverso dagli altri territori del vino di questa Regione, e non solo, è un unicum e coacervo di unicità.
È il vulcano attivo più alto d’Europa e tra i più emblematici della Terra, Patrimonio Unesco dal 2013, offre un esempio straordinario dei continui processi geologici e riveste un’importanza scientifica e culturale di dimensione globale.
Lo scenario è dominato da asperità e forti contrasti, un cielo terso accarezzato da dispettose nubi, che passano veloci e si fermano ogni tanto a rimirare l’alto della montagna, e un sole irriverente, carico di luce e calore. Si alternano colori intensi, le “sciare” (antiche colate laviche ora pietra) di un nero netto e profondo che ovunque increspano il paesaggio puntellate dal giallo carico delle ginestre in fiore, il verde screziato della radura e delle erbe, le chiome ariose degli ulivi e la lava infuocata che penetra il blu cobalto del mare.
Incantata percepisco, nel silenzio delle prime luci del mattino, il suo respiro, che pervade l’atmosfera, vibrante e fisico come un petto che si gonfia e si abbassa, vivo e pulsante, è un essere in costante divenire, una enigmatica presenza all’orizzonte, che lo sguardo non può ignorare.
In questi giorni lo abbiamo conosciuto bene e vissuto intensamente, grazie all’iniziativa Etna Days, occasione di conoscenza e importante approfondimento, strumento lungimirante di promozione e reale creazione di valore, ideato dal Consorzio Tutela Vini Etna Doc, guidato da Francesco Cambria, che ha coinvolto un ragguardevole parterre: influente stampa internazionale, in particolare da Nord Europa e Stati Uniti, e una selezionata platea nazionale composta da esperti degustatori, studiosi del vino e giornalisti.
“Isola nell’isola”, di quella Sicilia che in molti non esitano a definire un autentico “continente enoico”, l’Etna è diverso dagli altri territori del vino di questa Regione, e non solo, è un unicum e coacervo di unicità.
È il vulcano attivo più alto d’Europa e tra i più emblematici della Terra, Patrimonio Unesco dal 2013, offre un esempio straordinario dei continui processi geologici e riveste un’importanza scientifica e culturale di dimensione globale.
Lo scenario è dominato da asperità e forti contrasti, un cielo terso accarezzato da dispettose nubi, che passano veloci e si fermano ogni tanto a rimirare l’alto della montagna, e un sole irriverente, carico di luce e calore. Si alternano colori intensi, le “sciare” (antiche colate laviche ora pietra) di un nero netto e profondo che ovunque increspano il paesaggio puntellate dal giallo carico delle ginestre in fiore, il verde screziato della radura e delle erbe, le chiome ariose degli ulivi e la lava infuocata che penetra il blu cobalto del mare.
Tutto parla di vita. Nell’apparenza così ostile questa terra in realtà è straripante di fertilità, il palcoscenico continuo di nascita e rinascita: con ogni eruzione, con i materiali che si depositano e modificano l’ambiente, si palesa, con lo scorrere del tempo, un concetto di futuro insito nel terreno che si rinnova continuamente.
Proprio questi terreni giovani, drenanti e ricchi di sostanze minerali associati ad un microclima che beneficia di una continua ventilazione e importanti escursioni termiche, creano un habitat perfetto per una viticoltura di eccellenza.
L’incontro amoroso di flussi contrastanti, dovuti alla fusione del calore del mediterraneo e il freddo della montagna, è alla base della lenta e perfetta maturazione coniugata all’espressione aromatica varietale.
La zona della denominazione è all’interno della provincia di Catania, comprende 20 comuni pedemontani dell’Etna, e assume la forma di un semicerchio attorno al vulcano, aperto sul versante occidentale.
Forte del suo passato, in cui però la produzione era di tipo quantitativo, dove uve cariche di zuccheri e colore partivano dal Porto di Riposto verso nord, la viticoltura etnea è oggi pienamente consapevole delle sue infinite potenzialità, e capace di farsi interprete di valore, figlia di una rinascita iniziata negli ultimi vent’anni da nuove visioni, nuove tecniche, nuovi obiettivi e costante impegno.
Proprio questi terreni giovani, drenanti e ricchi di sostanze minerali associati ad un microclima che beneficia di una continua ventilazione e importanti escursioni termiche, creano un habitat perfetto per una viticoltura di eccellenza.
L’incontro amoroso di flussi contrastanti, dovuti alla fusione del calore del mediterraneo e il freddo della montagna, è alla base della lenta e perfetta maturazione coniugata all’espressione aromatica varietale.
La zona della denominazione è all’interno della provincia di Catania, comprende 20 comuni pedemontani dell’Etna, e assume la forma di un semicerchio attorno al vulcano, aperto sul versante occidentale.
Forte del suo passato, in cui però la produzione era di tipo quantitativo, dove uve cariche di zuccheri e colore partivano dal Porto di Riposto verso nord, la viticoltura etnea è oggi pienamente consapevole delle sue infinite potenzialità, e capace di farsi interprete di valore, figlia di una rinascita iniziata negli ultimi vent’anni da nuove visioni, nuove tecniche, nuovi obiettivi e costante impegno.
Pensando alla storia dell’enologia etnea a noi più vicina si possono ricordare dei “padri nobili”, tra tutti, Giuseppe Benanti, il primo imprenditore che ha realmente investito e puntato su questo vulcano, e Andrea Franchetti, l’uomo della comunicazione, dell’internazionalizzazione, che ha presentato l’Etna e i suoi vini al mondo.
La crescita della denominazione degli ultimi anni è evidente, celebrata presenza fissa nell’Olimpo delle recensioni enologiche ha visto anche la superficie vitata raddoppiare dal 2013, arrivando a 1.184 ettari nel 2021.
Annovera ben 390 produttori, che danno vita ad una viticoltura eroica, fatta di vigne arrampicate su terrazze circondate da una incredibile biodiversità naturale, alimentata dalla vitalità del vulcano.
Il Consorzio è un opificio di concretezza e progettualità. Dopo una dovuta e accurata suddivisione per versanti e contrade, nel futuro punta al passaggio a DOCG e ad una attenta zonazione, che studi il territorio e identifichi le peculiarità di ogni parcella.
Sull’Etna, la situazione pedoclimatica gioca infatti su tre fattori dominanti, che si combinano in infinite variabili: altitudine, esposizione e suolo.
Nelle 133 Contrade, ora delineate in una nuova mappa, la viticoltura si sviluppa su un anfiteatro che va dai 400 fino a 1.000 metri senza soluzione di continuità, in cui ogni vigneto ha una sua storia e specificità, con fasi e maturazioni differenti, dando origine a numerose combinazioni nell’accumulo di zucchero, nell’acidità e negli aromi.
La crescita della denominazione degli ultimi anni è evidente, celebrata presenza fissa nell’Olimpo delle recensioni enologiche ha visto anche la superficie vitata raddoppiare dal 2013, arrivando a 1.184 ettari nel 2021.
Annovera ben 390 produttori, che danno vita ad una viticoltura eroica, fatta di vigne arrampicate su terrazze circondate da una incredibile biodiversità naturale, alimentata dalla vitalità del vulcano.
Il Consorzio è un opificio di concretezza e progettualità. Dopo una dovuta e accurata suddivisione per versanti e contrade, nel futuro punta al passaggio a DOCG e ad una attenta zonazione, che studi il territorio e identifichi le peculiarità di ogni parcella.
Sull’Etna, la situazione pedoclimatica gioca infatti su tre fattori dominanti, che si combinano in infinite variabili: altitudine, esposizione e suolo.
Nelle 133 Contrade, ora delineate in una nuova mappa, la viticoltura si sviluppa su un anfiteatro che va dai 400 fino a 1.000 metri senza soluzione di continuità, in cui ogni vigneto ha una sua storia e specificità, con fasi e maturazioni differenti, dando origine a numerose combinazioni nell’accumulo di zucchero, nell’acidità e negli aromi.
Sono state 268 le etichette in assaggio negli Etna Days, ognuna una sfaccettatura ed una lettura della sublime vocazione dei vitigni locali: per i vini rossi, rosati e spumanti, il Nerello Mascalese, dal profilo essenziale e austero, a volte accompagnato dal colorato e fruttato Nerello Cappuccio, per i bianchi il Carricante e, in misura minore, il Catarratto.
I vini di questa terra portano nel calice la sua natura intransigente, incarnano la sua forza incontrano tutti gli elementi, aria, terra, acqua e fuoco: ne traggono vigore e profondità.
In particolare, il Carricante, che si distingue per l’elegante nerbo acido e una fine mineralità, sta dimostrando una poliedrica capacità di esprimersi, oltre ad evoluzioni e potenzialità di invecchiamento che hanno stupito letteralmente tutti gli astanti.
Sull’Etna dimorano le più vecchie viti coltivate in Italia, molte nella tipica forma dell’alberello, come quelle di Palmento Costanzo, Donnafugata e Graci. Salendo verso le vigne dall’azienda Pietradolce, ad esempio, si percorre un viaggio nel tempo, giungendo alla vigna Barbagalli, popolata da viti centenarie, galleria di opere d’arte create dalla natura e dal tempo, veri distillati di resilienza.
La bellezza della viticoltura etnea risiede nella sua diversità, e non solo pedoclimatica, qui ogni azienda è unica. Uomini e donne che con testardaggine ed audacia regalano vini autentici ed incisivi; diversi ma saldi nella comune visione, nella ricerca di un elevato livello di qualità e uniti da un legame più forte, l’appartenenza.
Come tanti piccoli crateri sono tutti profondamente collegati con la terra, con il vulcano e tra di loro, nell’intento di rispettare e celebrare le proprie origini, con l’obiettivo di dare vita a nettari eleganti capaci di restituire l’anima di questa enclave.
I vini di questa terra portano nel calice la sua natura intransigente, incarnano la sua forza incontrano tutti gli elementi, aria, terra, acqua e fuoco: ne traggono vigore e profondità.
In particolare, il Carricante, che si distingue per l’elegante nerbo acido e una fine mineralità, sta dimostrando una poliedrica capacità di esprimersi, oltre ad evoluzioni e potenzialità di invecchiamento che hanno stupito letteralmente tutti gli astanti.
Sull’Etna dimorano le più vecchie viti coltivate in Italia, molte nella tipica forma dell’alberello, come quelle di Palmento Costanzo, Donnafugata e Graci. Salendo verso le vigne dall’azienda Pietradolce, ad esempio, si percorre un viaggio nel tempo, giungendo alla vigna Barbagalli, popolata da viti centenarie, galleria di opere d’arte create dalla natura e dal tempo, veri distillati di resilienza.
La bellezza della viticoltura etnea risiede nella sua diversità, e non solo pedoclimatica, qui ogni azienda è unica. Uomini e donne che con testardaggine ed audacia regalano vini autentici ed incisivi; diversi ma saldi nella comune visione, nella ricerca di un elevato livello di qualità e uniti da un legame più forte, l’appartenenza.
Come tanti piccoli crateri sono tutti profondamente collegati con la terra, con il vulcano e tra di loro, nell’intento di rispettare e celebrare le proprie origini, con l’obiettivo di dare vita a nettari eleganti capaci di restituire l’anima di questa enclave.
Abbiamo incontrato molte persone e visitato numerose aziende, ed è impressionante come fosse sempre palese un nesso tra uomo e vino: impossibile degustare Contrada Guardiola di Cusumano e non ritrovare la personalità e l’energia di Diego, oppure lo spessore e la classe di Alberto Aiello Graci nel suo “Arcuria Sopra il Pozzo”, assaggiare i vini di Federico Graziani e percepire profondità e la stessa autenticità del suo sorriso, o scoprire lo charme e la calda eleganza di Carla Maugeri nel calice di “Contrada Volpare Frontebosco” o quella ricercata di Giulia Monteleone in “Anthemis”.
Belle le conferme e entusiasmanti le nuove scoperte: il rosato di Angelo Iuppa, il rosso “Milice” di Cantine di Nessuno, il Metodo Classico “1877” di Antichi Vinai o il bianco “Albavillae” di Pietrardita.
Tanti, troppi gli episodi, gli incontri e gli avvenimenti, alcuni insoliti ed ancestrali, come la scoperta dei palmenti rupestri, antiche pietre isolate di grandi dimensioni immersi tra i vigneti in un paesaggio mozzafiato, che scavate fungevano da vasche per la pigiatura delle uve e la fermentazione dei mosti; un momento che serberò con gratitudine è stato l’incanto di provare il “San Lorenzo” 2006, la prima annata, poesia assoluta, accanto ad un commosso Giuseppe Russo.
Emozionante è stato vedere passione e ardore negli occhi delle nuove generazioni che con coraggio hanno intrapreso una nuova attività, ripristinando i vigneti che erano dei nonni o addirittura abbandonati, e difficile da raccontare è la maestosità dell’incontro con il vulcano, fino ai crateri sommitali, spazzati da un vento tale da impedire la nostra avanzata, che dichiarava sprezzante la potenza di ogni elemento in questa terra che non ama i compromessi.
Unicità e riconoscibilità sono le parole d’ordine che compongono un quadro d’insieme di grande prestigio colmo di rispetto e determinazione, un percorso ben instradato per un territorio che grazie al vino sta conoscendo benessere, crescita e prosperità, e che affronterà da qui a poco altre sfide, come il turismo internazionale e la richiesta di una ricettività adeguata, una comunicazione ben calibrata e attenzione alla sostenibilità, mantenendo sempre alte le ambizioni e la qualità, quella qualità che ha ormai consacrato l’Etna a livello mondiale.
Belle le conferme e entusiasmanti le nuove scoperte: il rosato di Angelo Iuppa, il rosso “Milice” di Cantine di Nessuno, il Metodo Classico “1877” di Antichi Vinai o il bianco “Albavillae” di Pietrardita.
Tanti, troppi gli episodi, gli incontri e gli avvenimenti, alcuni insoliti ed ancestrali, come la scoperta dei palmenti rupestri, antiche pietre isolate di grandi dimensioni immersi tra i vigneti in un paesaggio mozzafiato, che scavate fungevano da vasche per la pigiatura delle uve e la fermentazione dei mosti; un momento che serberò con gratitudine è stato l’incanto di provare il “San Lorenzo” 2006, la prima annata, poesia assoluta, accanto ad un commosso Giuseppe Russo.
Emozionante è stato vedere passione e ardore negli occhi delle nuove generazioni che con coraggio hanno intrapreso una nuova attività, ripristinando i vigneti che erano dei nonni o addirittura abbandonati, e difficile da raccontare è la maestosità dell’incontro con il vulcano, fino ai crateri sommitali, spazzati da un vento tale da impedire la nostra avanzata, che dichiarava sprezzante la potenza di ogni elemento in questa terra che non ama i compromessi.
Unicità e riconoscibilità sono le parole d’ordine che compongono un quadro d’insieme di grande prestigio colmo di rispetto e determinazione, un percorso ben instradato per un territorio che grazie al vino sta conoscendo benessere, crescita e prosperità, e che affronterà da qui a poco altre sfide, come il turismo internazionale e la richiesta di una ricettività adeguata, una comunicazione ben calibrata e attenzione alla sostenibilità, mantenendo sempre alte le ambizioni e la qualità, quella qualità che ha ormai consacrato l’Etna a livello mondiale.