Cirò, oro di Calabria
Un vino, un territorio: una breve panoramica delle aziende del crotonese che producono il vino simbolo della regione. Ma qualcuno ha detto: I Calabresi possiedono l’oro e non lo sanno fondere...
Pubblicato il 28/02/2017
Quando si parla di Calabria e di vino, in genere, emerge un atteggiamento un po’ snob e di poca conoscenza della regione da parte di chi ne discute, di come questa terra sia stata un tempo un fiore all’occhiello della cultura e anche della bevanda sacra a Bacco è noto a tutti. La frase più celebre? “I Calabresi possiedono l’oro e non lo sanno fondere”. Sarà davvero così? Tra le aree più interessanti della regione spicca la zona del Cirò (KR). Punta Alice è considerata una delle prime mete della colonizzazione greca dell’VIII secolo a.C. Suolo ancora oggi vocato al vino. Patria indiscussa del Gaglioppo. Panorami mozzafiato, mare cristallino, ampie spiagge, ma abitazioni spesso costruite senza criterio rovinano il paesaggio. La tradizione gastronomica regna ancora nelle abitazioni private. Difficile trovare un ristorante all’altezza di palati sopraffini, ma le donne del posto sono speciali. A qualsiasi età cucinano in modo superbo. Tutti conoscono il vino. Intere famiglie lo producono, sovente litigano. I prezzi delle bottiglie sono accessibilissimi. Il tanto diffuso peperoncino si sposa con il Gaglioppo in maniera superba. Numerose le cantine, ospitali le persone. Le nuove generazioni a capo delle aziende vinicole appaiono più solidali tra loro, sebbene concorrenti. Precursore dei tempi, quando ancora il prezioso liquido non era così esportato al di là delle Alpi, è Nicodemo Librandi (www.librandi.it) che, a tal proposito, dice: “ Ciò che mi dispiace è il fatto che ancora all’estero non tutti sappiano dove si trovi la Calabria. Sì, siamo noti ma con il nome dell’azienda non con quello della regione. Peccato!” Per alcuni anni assieme ad Attilio Scienza si è dedicato allo studio dei vitigni autoctoni calabresi. Occhi chiari, figura longilinea, sebbene non più giovanissimo sprigiona verve e personalità. Tra le bottiglie dell’azienda emergono il Magno Megonio (Magliocco 100%) dal bouquet di fiori rossi e susina, l’appagante Duca San Felice (Gaglioppo 100%) e il fresco Efeso (Mantonico 100%). Eleganti, ben bilanciati, esprimono la peculiarità dei vitigni considerati autoctoni con quello stile che solo l’enologo Donato Lanati sa offrire.
Cantina poco più che decennale, ma che sta raccogliendo premi e riconoscimenti in modo celere è la Tenuta Iuzzolini (www.tenutaiuzzolini.it). Ad avere in mano l’azienda è Pasquale che ha certamente ricevuto l’imprinting del padre “Dom Fortunaton” personaggio spiritoso, estroverso che ha sempre creduto nell’intuizione dei figli. I vini sono tutti appetibili ma, se si desidera assaggiare qualcosa di diverso hanno la meglio le bottiglie dal nome femminile: Donna Rosa e Donna Giovanna, in onore della sorella e della madre del proprietario. Il primo fa parte della Fattoria San Francesco, da poco acquisita dalla famiglia Iuzzolini. Si tratta di un rosato proveniente da uve Gaglioppo, dal colore rosa salmone e dai riflessi più intensi. Lungo al palato, da abbinare ai cibi piccanti della terra. Provatelo! Donna Giovanna è un Greco Bianco di vendemmia tardiva che sosta 6 mesi in barrique di rovere francese sebbene la filosofia dell’azienda sia l’utilizzo del poroso e locale castagno di Serra San Bruno con il quale si “perde” quantità del liquido, ma la politica di produzione è rimanere quanto più possibile vicina al territorio. Dal colore giallo paglierino, ha un bouquet che oscilla dalla pesca all’albicocca secca. In bocca rilascia sapidità e un finale agrumato.
Cantina storica dell’area è certamente Ippolito 1845 (www.ippolito1845.it). Gianluca e Vincenzo, assieme al cugino Paolo rappresentano la quinta generazione del vino. Proprio nel 2005 per festeggiare i 160 anni della cantina nasce la bottiglia dal nome 160 anni. Vino complesso al naso e al palato, con speziatura di chiodi di garofano, ginepro su uno sfondo di frutti rossi. Generato da uve Gaglioppo con un 30% di grappoli appassiti su graticci. Da abbinare a cibi ricchi, preferibilmente da assaggiare da solo. Sembra che negli ultimi anni il Pecorello in Calabria stia offrendo risultati interessanti, ne è prova anche Ippolito 1845 con l’omonima bottiglia. Colore brillante, minerale, sapido e lungo. Per gli amanti del genere è perfetto. Compagno adatto per le pietanze di pesce.
La zona ha diversi produttori seguaci dei vini naturali, tra loro le aziende Sergio Arcuri (www.vinicirosergioarcuri.it/), Cote de Franze (www.cotedifranze.it) con Vincenzo e Francesco Scilanga e Francesco de Franco con 'A Vita (www.avitavini.it/). Del primo spicca Il Marinetto che prende il nome dalla zona, rosato Gaglioppo 100%. Subisce una fermentazione in cemento e un affinamento in acciaio. Il colore è vivo. Olfatto e gusto corrispondono. Autentico come il territorio.
Del secondo eccelle il Cirò Dop Rosso Classico Superiore sempre da uve Gaglioppo. Vino tannico, importante, verace proprio come chi lo produce, un nettare che non ha bisogno di presentazioni: è ciò che sono suolo e clima, affascinante e scorbutico come i calabresi. Da un terreno argilloso e sabbioso che risente del vento è il Cirò Dop Bianco da uve Greco Bianco. Acidità e sapidità lo contraddistinguono.
Franco de Franco e la sua famiglia, costituita da Laura e il piccolo Andrea sono da incontrare, ovviamente in compagnia di un calice Gaglioppo di loro produzione. Quando si interloquisce con Franco sembra che il vino si produca da solo. Cerca di toccare la sacra bevanda il meno possibile. Crede che attraverso un sano lavoro si possa migliorare il mondo. Tenta di vivere bene con se stesso e con gli altri. I vini sono intensi, tannici. Si tratta di uve Gaglioppo che si esprimono in rosso e in rosato. Anche in questo caso, si devono assaggiare: rustici, dinamici e persistenti. Le peculiarità del vitigno si racchiudono nelle sue bottiglie.
Il piacere dell’accoglienza lo conosce Christian Vumbaca assieme alla famiglia Scala nell’omonima azienda (www.cantinascala.it). Luigi, membro del nucleo, si distingue per simpatia. Christian crede molto nell’unione dei produttori, nella bellezza del territorio ed è ottimista sul futuro della cantina. Tra i paesi che prediligono il loro delizioso liquido affiorano Giappone, Austria e Germania. Il Cirò Rosso Classico (Gaglioppo 100%) è per gli intenditori, i curiosi, chi sa che una bottiglia è in grado di raccontare non solo una storia ma più generazioni di vino. Morbido, speziato, complesso al naso è il Durì sempre dello stesso vitigno. Colore rubino intenso, persistente, sposo di primi piatti, formaggi e carni saporite. Per gli amanti dei bianchi profumati e beverini Briseo costituito da Chardonnay 65%, Greco 20% e Mantonico 15% è da annusare e godere. Giallo intenso, rilascia un finale di frutto della passione. Adatto per i periodi estivi.
Dall’unione di un’amicizia storica che germoglia tra i banchi di scuola sul territorio cirotano vengono fuori i calici di Caparra & Siciliani (www.caparraesiciliani.com) il cui obiettivo è il consolidamento delle forze vitivinicole calabresi e lo stare accanto ai giovani talenti sportivi che spesso sponsorizzano a livello agonistico. Orgogliosi delle loro scelte sono legati specialmente alle bottiglie Volvito dal rosso rubino, Gaglioppo in purezza ed E-Venti in tutte le sue declinazioni: bianco, rosato e rosso.
A pochi chilometri dalla colonia greca c’è anche chi ha deciso di creare dei liquori deliziosi dai frutti della terra. Si tratta di Roberto Maiorano (www.calabroliqueur.com), giovane ricercatore che da Cariati si trasferisce a Milano, atterrando a Pechino per svolazzare a New York, senza dimenticare di oltrepassare l’Olanda solo per sperimentare i migliori prodotti per le sue creazioni. Gli studi lo spingono a creare liquori di eccellenza a base di liquirizia, bergamotto, clementine, funghi porcini, amari alle erbe come la cicoria, fiori del finocchietto selvatico e ovviamente peperoncino. Le prelibatezza sono prevalentemente destinate alla creazione di cocktail. Tra i più popolari l’abbinamento della delizia ai funghi porcini con un ottimo whisky americano.
Ora siete liberi di appurare come l’oro si fonda in Enotria.