Il sassarese è una delle gemme di incredibile suggestione che la natura ha voluto consegnare al mediterraneo, ai Sardi e all’Italia, un’area che non ha eguali al mondo per bellezza e poche rivali per fascino, e proprio per questo ha subito, negli ultimi quarant’anni, tentativi di colonizzazione da parte dei paladini dell’effimero per farne la patria del gossip e del lusso più becero, ostentato e volgare.
Un territorio difeso strenuamente da chi ama la Sardegna vera, ne conosce e apprezza la cultura millenaria. Un territorio nel quale la vite è presente da almeno tre millenni, e dove da tre millenni si produce vino nel suo cuore antico, la Romangia, incastonata nel Logudoro, il “luogo d’oro”, culla di una delle lingue - non un dialetto, ma una vera e propria lingua - più antiche e musicali della storia dell’uomo. Il nome Dettori è indissolubilmente legato a questi luoghi. I vini di Alessandro vanno innanzitutto capiti e apprezzati attraverso la conoscenza della terra da cui provengono: sono il risultato del rispetto quasi sacrale nei confronti del territorio, tradotto in una filiera che sarebbe riduttivo relegare all’asse vigna-cantina. Essa trae linfa vitale dagli studi sul passato, dalla ricerca sulle origini della viticoltura locale, dalle analisi storiche e scientifiche utilizzate quali basi di partenza per trasferire nel bicchiere un intero, atavico patrimonio di conoscenza ed esperienze.
Fra i tanti “cru dell’azienda, ho ritenuto opportuno focalizzare l’attenzione su un prodotto, il Renosu, che potrebbe essere considerato una sorta di “seconda etichetta”, un Cannonau imbottigliato con le uve che non sono ritenute idonee per essere vinificate sotto il nome “Dettori” rosso. Un Cannonau “arcaico”, com’è definito dal produttore. Vinificazione e maturazione in cemento, nessun utilizzo di solfiti, né di altri agenti esterni. Niente di niente. Una resa in vigna impressionante, abbondantemente inferiore al mezzo chilo per pianta. Un 2006 che pare essere stato fatto ieri, tali sono la sua integrità, la sua compattezza, la fragranza inebriante dei suoi profumi, un vero e proprio mosaico di frutta rossa, di toni floreali e di macchia mediterranea. È una bottiglia complessa dalla semplice bevibilità: la si finisce in un minuto, ma il suo gusto rimane in gola per un giorno e suo il ricordo per una vita.
Ho avuto modo di esporre su queste pagine un’opinione, da molti apprezzata e da altrettanti fraintesa, in merito al fenomeno dei vini “naturali”. La provocazione era riferita all’assurdo della locuzione e alla strumentalizzazione ai limiti della politicizzazione che di essa si fa, non certo a un’avversione per la maggiore “naturalità” possibile del vino. Non ci sono vini naturali e vini artificiali, esistono vino buoni e vino meno buoni. Esistono, parimenti, vini che esprimono il carattere di un territorio e vini omologati e spersonalizzati.
Chi, come Alessandro Dettori, riesce a realizzare vini non solo buoni, ma dai risvolti organolettici spettacolari, coniugando, con tenacia e anni di lavoro lontano da riflettori e clamori, cotanta qualità a un rispetto assoluto per la terra e al minor intervento possibile in cantina, entra nella ristretta cerchia dell’Olimpo dei Grandi. E se questo, un giorno, per Decreto, dovremo chiamarlo “vino naturale”, allora evviva il vino naturale. Dopo aver subito e sopportato l’avallamento di “obbiettivo” e “famigliare”, non farà poi così male…
Dettori
Loc. Badde Nigolosu
07036 Sennori (SS)
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