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Il silenzio degli eroi
Pubblicato il 11/05/2012
Fotografia

Ho avuto il privilegio, ormai molti anni fa, di vivere in Liguria potendone apprezzare la sobria e struggente bellezza. La medesima sobrietà è propria anche del carattere e dello stile di vita dei liguri. Viene scambiata per tirchieria, ma non c’è nulla di più sbagliato. Quando vivi compresso tra la montagna e il mare, quando con una piccola giravolta puoi vedere in un solo secondo i picchi scoscesi e l’infinito, non hai semplicemente bisogno di altro: con la sua conformazione, la Liguria è la spina dorsale del paradiso della Natura. Il suo giardino dell’Eden sono le Cinque Terre: Monterosso, Vernazza, Corniglia, Manarola, Riomaggiore sembrano uscite da un dipinto di Corot, commoventi nel loro silente romanticismo, adagiate come sirene sui declivi che dalle vette scendono a mare.

Il 25 ottobre scorso fiumi d’acqua hanno trasformato quei pendii in una sorta di vorticoso girone dantesco, mettendo a dura prova la sopravvivenza stessa dei paesi e piegando le ginocchia di un popolo che per generazioni ha dovuto lottare per ricavare piccoli spazi vitali aggrappandosi alla montagna creando sistemi di coltivazione pionieristici e ardimentosi. I media nazionali hanno dedicato al dramma pochi giorni, poi i “notizioni” inerenti lo spread e la borsa, che riguardano quel 5% di italiani che detengono il 70% delle risorse finanziarie di questo povero paese, hanno preso il sopravvento. A distanza di soli sei mesi, là dove il disastro aveva lasciato la desolazione dei fiumi di fango e delle abitazioni sventrate, è tornata la vita. Le strade sono state ripulite velocemente e in silenzio, senza vittimismo, con l’orgoglio di chi non attende la manna dal cielo sapendo che non arriverà mai, da eserciti di schiene ricurve a scavare detriti,  quelle stesse schiene forgiate e temprate, di padre in figlio, dalla dura realtà di una terra tanto bella quanto difficile. Pochi vini rispecchiano il carattere di una terra e di un popolo come il vino-emblema delle Cinque Terre, lo Schiacchetrà. I pensieri sopradescritti scorrono nella mente davanti a uno straordinario bicchiere di Capellini 2007, mesciuto da una mezza bottiglia tratta da una produzione totale di poco più di 500 litri, un mix classico di Bosco, Erbarola, Vermentino e Bruciapagliaio. Un nettare dorato che genera un vorticare di sensazioni gusto-olfattive fatte di frutta matura e di iodio, di balsamicità e di miele, di fresca acidità e di suadente dolcezza. Grande equilibrio, seducente austerità. Un vino affascinante, mai eccessivo, da scoprire lentamente,  come la terra da cui proviene. Il tramonto su Riomaggiore ne è l’abbinamento ideale.

Luciano Capellini
Via Montello 240B
Volastra di Riomaggiore (SP)
capellini@vinbun.it

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