“Nacque sul fiorire dell’alba, per rallegrare la partenza di un crociato, poiché i familiari non potevano brindare perché privi di vino”. Nel Corriere Vinicolo del 1958, nell’articolo “Vini da leggenda” si faceva cenno a questo simpatico racconto per descrivere l’Albanello, un antico vitigno a bacca bianca, la cui origine ancora oggi non si conosce esattamente. Un primo reperto, ritrovato agli inizi del 1900 nelle necropoli di Cozzo Pantano, nei pressi di Siracusa, dall’archeologo trentino Paolo Orsi, un vaso potorio del periodo del 1500 a.C., testimonia comunque la presenza di un vino bianco già prodotto all’epoca in queste località in terra di Sicilia. Numerose citazioni, comunque, fanno riferimento all’uso di questa varietà, coltivata esclusivamente nei territori siciliani che facevano parte della Magna Grecia. Dopo la diffusione della fillossera che distrusse la maggior parte dei vigneti in tutta Europa, lo troviamo principalmente nel siracusano, nell’agro di Comiso, dove comincia ad essere impiantato con successo, estendendosi poi lentamente nelle province di Siracusa, Ragusa e successivamente anche in piccoli appezzamenti sparsi tra i comuni di Catania e Caltanissetta. Qui, i terreni calcarei, terziari e quaternari, prevalentemente permeabili, con profondità limitate e una presenza di scheletro abbastanza elevata, danno vita ad un vino rigoroso, dalle caratteristiche aromatiche singolari, dai profumi primari pronunciati e dal finale ammandorlato. Nella metà del secolo scorso, il vino era apprezzato sia nella versione secca, con le uve raccolte prima della completa maturazione, che in quella dolce, facendolo appassire sulla pianta o, per almeno otto giorni, sui graticci. Il giornalista siciliano Giuseppe Coria, gran conoscitore della storia gastronomica e vinicola dell’intero territorio siciliano, autore dei libri “Grandi Vini di Sicilia” e “ Profumi di Sicilia”, lo descrisse dopo aver degustato nel 1978 una bottiglia di Albanello del 1946, come uno dei vini bianchi più longevi, con capacità di invecchiamento fino a cento anni. Mario Soldati, regista e grande conoscitore di vini autoctoni, lo definiva come un “asso” tra le principali varietà siciliane più apprezzate. Negli anni a seguire a causa dell’incostante produzione, dell’Albanello erano rimaste pochissime tracce, al massimo qualche prodotto locale. Dallo scorso decennio, visto il riavvicinarsi ai vitigni autoctoni, lo ritroviamo anche nella zona di Vittoria, nel ragusano e in qualche agro del comune di Chiaramonte Gulfi.
Il grappolo è di forma tronco-conica di medie dimensioni, quasi compatto, con una foglia medio grande, la cui pagina inferiore, quella non esposta al sole, ha un aspetto abbastanza lanoso. L’acino è medio, di colore giallo verde, dalla buccia pruinosa, spessa e consistente. Di solito è assemblato assieme ad altri vitigni autoctoni siciliani, alcune volte al Carricante, altre all’aromatico Moscato che bilancia il suo carattere austero e acido, vinificati entrambi in versione secca. Rare comunque, le bottiglie prodotte in purezza.
Abbiamo degustato l’SP68 Bianco 2011 di Arianna Occhipinti, giovane produttrice della zona di Vittoria, ma già nota al mercato nazionale ed internazionale per la sua capacità di produrre vini di ottima qualità e dalla personalità unica. Nel bicchiere si presenta di un colore giallo dorato, limpido, di ottima concentrazione. Al naso esibisce un bouquet di erbe aromatiche (timo e rosmarino), soffi erbacei, spezie, poi rosa, arancia, miele di acacia e mandorla. Il sorso, vivo e delicato, regala una essenziale freschezza, ben bilanciata dalla struttura morbida e dalla giusta nota alcolica (solo 12 gradi). Chiude sapido, piacevolmente ammandorlato, ed in perfetto equilibrio gustativo. Si abbina ad un piatto di orecchiette con vongole veraci e fasolari, o a una tartare di ricciola con erbe aromatiche.
Azienda Agricola Arianna Occhipinti
Via dei Mille, 55
97019 Vittoria (Rg)
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