Il mondo del vino è sempre più moda, business, apparenza, protagonismo, rincorse modaiole, giocattolo snob per vip miliardari. Anfiteatro di lustrini spesso stridente con il carattere di alcuni suoi più autorevoli rappresentanti, che a dispetto del benessere e della fama rimangono, con fierezza e orgoglio, contadini cortesi e riservati. Bevo da vent’anni, con assoluta gioia del palato e dei sensi, il Barbaresco di Angelo Rocca, orgoglioso e abilissimo conduttore dell’azienda Albino Rocca. Un piemontese vero, in grado di dispensare a chiunque un sorriso, capace di stare in silenzio sotto i riflettori della celebrità preferendo sempre parlare con i fatti. E i fatti risiedono in spettacolari nettari che trovano corrispondenza nelle centinaia di riconoscimenti ottenuti, con costanza impressionante da quattro lustri, dai più autorevoli palati del globo.
I suoi vini sono frutto dell’amore per la terra, della voglia di esaltare una terra, la Langa, conscio del dono che la Natura ha desiderato concedere agli uomini che hanno avuto il privilegio di nascervi.
Amore per la terra e per la libertà, amore per il volo. Volo amatoriale, quello che dà l’adrenalina giusta per sentirsi eternamente pioniere dell’aria. Quel volo che tre giorni fa, fattosi complice dell’elemento più naturale, e perciò più amato di chi il Piemonte lo ha nelle vene, la nebbia, gli ha tolto la vita, gettandolo al suolo come un fuscello, quasi a volergli dire che il suo posto era solo lì, sulla terra che così caparbiamente egli aveva saputo nobilitare.
Angelo aveva la stessa età della sua vigna più amata e più celebrata, Bric Ronchi. L’età della consolidata maturità e del viatico verso la saggezza, quando raggiungi la consapevolezza di poter guardare il mondo dall’alto. Un bicchiere di Bric Ronchi è sempre stato emozione pura. Da oggi sarà malinconica emozione, ricordando l’immancabile sorriso di Angelo che ogni appassionato di vino ha il dovere di portare nel cuore.