Esiste un lavoro che se fatto con scrupolo e professionalità è tra i più faticosi al mondo. È il mestiere di ristoratore. Ho avuto modo nella mia vita di vivere questa esperienza, e tra le tante fatte, impegnative intellettualmente e fisicamente, rimane la più pervasiva e coinvolgente. Troppo spesso si parla di ristorazione solo per esaltare i big della cucina, ormai vere e proprie superstar nei confronti delle quali v’è da chiedersi quando stiano dietro ai fornelli dal momento che trascorrono ore e ore vagando tra i media; troppo spesso si parla di ristorazione solo per sbattere il mostro in prima pagina, generando nell’opinione pubblica che quella mancata emissione di ricevuta fiscale sia da attribuire non al singolo ma a un’intera categoria. Nessuno o quasi parla dei “normali” ristoratori, coloro che dedicano con passione la loro vita all’ospitalità e al tentativo di regalare qualche pausa di piacere al prossimo. La giornata del ristoratore vero dura 24 ore, tra fronteggiamento di costi sempre più esorbitanti e insostenibili, tentativi di interpretazione delle oltre 1.200 leggi speciali che regolamentano il settore, e provando a soddisfare una clientela sempre più esigente e sempre meno disposta a spendere. Se sono fortunatamente aumentati i veri gourmet e i critici costruttivi, parallelamente l’effimero televisivo ha creato una pletora di “arricchiti del gusto”, presuntuosi ignoranti che si ritengono esperti e, seduti al tavolo, pontificano su piatti e vini nel tentativo doloso o nella sciagurata incoscienza di mortificare il lavoro di chi giorno notte si sbatte in cucina o percorre chilometri tra un tavolo e l’altro. Semigiornalisti feroci, neodiplomati sommelier saccenti, talebani ipersalutisti. C’è davvero di tutto. Saputelli ignoranti travestiti da esperti, ognuno con l’immancabile Blog. Spesso ci si mettono anche i politici. Quando l’ex premier parlava di “Ristoranti sempre pieni” scordava, ultimo tra i tanti, che i ristoranti sono la categoria commerciale maggiormente colpita dall’usura. E se in alcuni casi, come in qualunque settore, l’esigenza di ricorrere al credito illegale si deve a una gestione sciagurata, nella maggior parte dei ristoratori essa è dovuta a una reale insostenibilità dei costi e alle strette creditizie operate dalle banche nei confronti della categoria.
Molti avventori hanno la radicata convinzione che i prezzi praticati siano esagerati, perché prendono in considerazione il mero costo delle materie prime. Il prezzo di una portata è il riassunto di una serie infinita di esborsi, dalle migliaia di euro mensili di corrente elettrica agli stipendi, ai contributi, all’Irap, alle mille tasse che colpiscono l’attività. Ci sono casi di evasione endemica, ma ci sono casi in cui in una piccola ricevuta mancata, di questi tempi, si configura la necessità di sopravvivere. E, magari, occorre considerare anche il lavoro di chi quel piatto lo esegue. Se egli è un artista della cucina, è giusto che nel prezzo di quel piatto vi sia il contributo alla sapienza e all’arte. Senza questa logica, una tela di Picasso dovrebbe costare quanto una crosta.
A proposito di politici: sto ancora attendendo (si fa per dire, l’attività non l’ho più), da sette anni il saldo di un conto di 3000 euro relativi a una cena elettorale, non dico di chi perché in campagna elettorale verrei tacciato di partigianeria. I ristoratori disonesti vanno certamente perseguiti, ma questa è una regola che attiene al contesto generale di certezza del diritto. I ristoratori poco attenti alla qualità dovrebbero cambiare rotta, perché qualità non significa necessariamente ristorazione dai prezzi inaccessibili. Ma ritengo che noi italiani dovremmo guardare con maggiore affetto a un’attività e una categoria che più di altre ci rappresentano e che possono essere un volano di occupazione giovanile di incredibile valore.
Per un paese come l’Italia la ristorazione ha valore storico e culturale. È il nostro biglietto da visita. Patrimonio artistico, bellezze naturali e ristorazione. È così difficile, signori pseudopolitici che vi state reciprocamente annullando abbassando ogni giorno la concretezza e il livello intellettuale della contesa, allargando inesorabilmente la fascia degli indecisi al voto, indecisi perché disorientati di fronte a cotanta pervasiva e trasversale pochezza, programmare interventi tesi a valorizzare i settori che il mondo ci invidia e nei quali possiamo rappresentare una inarrivabile leadership planetaria?